di Massimo Reina
Non ci volevo credere, davvero. "Pulizia etnica da parte dell'esercito israeliano a Gaza!? La meriteresti voi, stile redazione di Charlie Hebdo." E ancora: "Vi dovreste vergognare per l'ignobile servizio anti Israele della scorsa settimana." Così inizia e finisce, come uno sparo nel buio, l'ultimo messaggio minatorio arrivato alla redazione di Report, a Sigfrido Ranucci, alla squadra di giornalisti che, giorno dopo giorno, indaga e scava laddove molti preferirebbero far calare un comodo velo di silenzio.
Attacco alla libertà di stampa e pensiero in un occidente sempre più militarizzato
Ci risiamo: il giornalismo sotto scacco, la libertà d'informazione nuovamente presa di mira. Quando leggo frasi del genere, una parte di me si aspetta già l’ondata di titoloni di condanna, le aperture solidali nei TG, una raffica di editoriali e interviste di sostegno. Ma chissà se accadrà. Perché quando sono di mezzo quei pochi che si ostinano a fare domande scomode e mettere il naso in affari internazionali delicati, tutto diventa meno urgente, meno "popolare". Quasi scomodo, eppure estremamente pericoloso.
Questi attacchi non colpiscono solo Report o Ranucci, bensì l’idea stessa di giornalismo. Di quella vocazione al racconto della verità, che si fa per amore della democrazia e del diritto alla conoscenza, e che ha sempre bisogno di protezione. Non è tanto la verità raccontata – peraltro contestabile e perfettibile, sempre – a infastidire. È il concetto che qualcuno si permetta di raccontarla.
Andrea Lucidi e Vincenzo Lorusso sono giornalisti che hanno il coraggio di portare avanti un lavoro prezioso: raccontare un’altra versione dei fatti sulla guerra in Ucraina, una prospettiva che disturba il racconto atlantista dominante. Questo li ha trasformati in bersagli di una campagna orchestrata non solo dai poteri politici, ma in questo caso anche dall’apparato mediatico europeo.
Da settimane, il Partito Democratico e in particolare il vicepresidente del Parlamento Europeo, Pina Picierno, hanno dichiarato loro guerra. Non si parla più solo di contestare il contenuto dei loro articoli o delle loro indagini, ma di una vera e propria censura, con tentativi di bloccare attività che nemmeno riguardano la geopolitica direttamente.
Il genocidio di Gaza
Tornando al servizio di Report che è valso questa minaccia, parlava di fatti concreti, reali, di una situazione drammatica: un conflitto dalle radici profonde, che coinvolge tragedie umane e responsabilità difficili da digerire con decine di migliaia di innocenti vittime civili palestinesi, massacrate senza motivo e senza giustificazione. Era una delle tante inchieste di una trasmissione che ha fatto dell’impegno la sua firma. Ma in un paese dove basta un’opinione differente o una domanda in più per essere additati come faziosi, finiamo per considerare normale anche un attacco alla libertà di raccontare il mondo per com'è.