di Lorenzo Rossomandi
Nel marzo scorso ero negli USA.
Nella prima settimana son stato a New York e, francamente, ho notato alcune cose (di cui prima o poi vi ammorberò parlandovene), ma non la cosa di cui voglio parlarvi adesso.
Per tre giorni, sono stato ospite di un mio grande amico musicista jazz che abita nel New Hampshire.
Posto incantevole dove si respira la parte probabilmente più rappresentativa della vita negli States.
I paesaggi, pieni di boschi di acero, erano mozzafiato. L’aria era tersa e il silenzio, rotto solo dal fruscio della brezza, era da poesia.
La stupenda cartolina comprendeva anche le abitazioni: sapete quelle case in legno che si vedono nei film americani? Quelle con la canna fumaria in pietra su di un lato, le altre pareti di listelli di legno, i porticati con la sedia a dondolo e la bandiera a stelle e strisc…
«Scusa Craig» chiedo al mio amico «perché non tutte le abitazioni hanno la bandiera fuori come si vede nei film?»
«Eh…» fa lui fermandosi e guardandosi anche lui attorno. «Una volta erano ovunque. Nel bene e nel male, c’era la nostra bandiera che ci univa sempre…» poi scuotendo leggermente la testa ha continuato: «adesso invece è un oggetto divisivo!»
Mi ha guardato con uno sguardo amaro. Poi, come stesse parlando a sé stesso ha borbottato un: «Our flag…» (traduzione: la nostra bandiera).
Avevo capito che l’argomento era davvero delicato e molto sentito dal mio amico. Ho cercato di consolarlo in qualche modo parlando di un paradosso che anche il nostro paese sta vivendo:
«Pensa che da noi un partito erede di un partito neofascista, la cui leader non ha mai dichiaratamente preso le distanze dal fascismo, ha rubato persino il nome del nostro inno…»
Lo sapeva, Craig ha passato gli ultimi anni nel nostro paese. Ha annuito e poi mi ha guardato in un modo che non sono riuscito a decifrare.
Ma era triste, e si vedeva!
Sono passati alcuni mesi e ora che il suo paese è vicino ad una elezione presidenziale più importante della loro storia, credo di aver interpretato quello sguardo.
Era lo sguardo di chi cerca di capire chi ha davanti. Lo sguardo che ti scruta dentro, ma non in modo inquisitore.
Lo sguardo di chi cerca disperatamente alleati, persone che la pensano come lui.
Qualcuno con cui condividere il timore.
Qualcuno con cui condividere la speranza che questo incubo possa finire, prima i poi.
Ognuno nel suo piccolo dovrebbe fare qualcosa…