Se protesti per Gaza paghi, se tifi per Israele o l’Ucraina no
di Massimo Reina
Multare un apicoltore per aver esposto uno striscione con scritto "Stop bombing - Gaza - stop genocide" sul suo banchetto al mercato di Desio. No, non è una barzelletta né l'ultima trovata di uno Stato autoritario lontano, ma la realtà nel Bel Paese.
Striscioni scomodi e multe rapide: la libertà di pensiero ha un prezzo?
Sì, avete letto bene. In una nazione, l’Italia, che si vanta di essere una democrazia matura, esprimere un'opinione diventa motivo di sanzione. Follia o semplicemente un altro esempio di libertà d'espressione a corrente alternata?
Mario Borella, apicoltore noto nel mercato di Desio per i suoi prodotti genuini e la sua cordialità, decide di esporre sul suo banchetto uno striscione che recita: "Stop bombing - Gaza - stop genocide". Un messaggio di pace, un appello alla cessazione delle ostilità in una delle zone più martoriate del pianeta. E quale è la risposta delle autorità? Una sanzione di 430 euro.
Secondo i verbali, la multa è stata comminata per violazione delle norme sul decoro pubblico o forse per qualche oscura interpretazione del regolamento comunale sui mercati. Ma viene da chiedersi: da quando un appello alla pace è diventato indecoroso? O forse il problema è che certe verità danno fastidio?
Eppure, curiosamente, non si registrano casi analoghi quando si tratta di bandiere ucraine esposte sui balconi o di manifestazioni a sostegno di cause più "alla moda". Anzi, in quei casi si gode di patrocinio e plauso istituzionale.
Ricordiamo, ad esempio, le numerose piazze tinte di giallo e blu, gli eventi organizzati con il beneplacito delle autorità, i vessili ucraini esposti nei municipi, a volte addirittura inconsapevolmente con i simboli del movimento nazista Azov in bella vista. Nessuna sanzione, nessun richiamo al decoro pubblico. Sembra che la libertà di espressione sia a geometria variabile: valida solo quando allineata con la narrativa dominante.
Dopo l'indignazione pubblica e probabilmente qualche grattacapo mediatico, il comando provinciale dei Carabinieri di Monza ha deciso di annullare la sanzione "in autotutela". Una mossa saggia, ma che sa tanto di pezza a colori su un vestito ormai strappato. Se non ci fosse stata una reazione, Mario Borella sarebbe ancora costretto a pagare per aver espresso un pensiero.
Questa vicenda mette in luce una tendenza preoccupante: la limitazione del diritto di espressione sotto pretesti burocratici o normativi. Quando un semplice cittadino non può esprimere pacificamente la propria opinione su temi di rilevanza internazionale senza incorrere in sanzioni, c'è da domandarsi quale sia lo stato di salute della nostra democrazia. Forse è il caso di ricordare che la libertà di parola non è un optional, ma un pilastro fondamentale su cui si regge la nostra società.
O dobbiamo dedurre che esistono opinioni di serie A e serie B, e che il prezzo da pagare per esprimerle varia a seconda dell'agenda politica del momento? Forse, più che le api, a pungere dovrebbero essere le coscienze.