di Massimo Reina
Ma che bel quadretto. Mentre noi, poveri illusi, pensiamo di vivere in una democrazia, ecco che arriva l’ennesimo caso di toghe che decidono di “metterci una pezza”. Una pezza sulla volontà popolare, però. La sentenza del tribunale di Roma che blocca i centri di trattenimento per migranti in Albania? Un perfetto esempio di come la magistratura possa infilarsi nella politica e sparigliare le carte. Non c'era un vero motivo giuridico per questo intervento, ma la sentenza è arrivata giusto in tempo per mettere i bastoni tra le ruote al governo Meloni.
Quando i Giudici vogliono decidere chi deve Governare
E come se non bastasse, ecco la mail di Marco Patranello, esponente di Magistratura Democratica, in cui si vantano del colpo. Sì, perché mentre i cittadini si preoccupano della legalità, loro già brindano alle loro manovre. L’e-mail, inviata subito dopo la sentenza, è una vera e propria dichiarazione di intenti: la Meloni va colpita non perché abbia fatto qualcosa di illegale, ma perché è "pericolosa" proprio per la sua integrità. Troppo pulita, troppo difficile da colpire con un'indagine. Insomma, una minaccia per lo status quo, perché osa proporre una visione politica diversa.
E cosa si fa di fronte a un premier che non si può ricattare con inchieste e scandali? Facile, si fa opposizione giudiziaria mascherata da “difesa della giurisdizione”. Un copione già visto, con protagonisti che non riescono a nascondere l'intenzione di sostituirsi agli elettori, scegliendo loro chi deve governare. Una sorta di colpo di Stato in toga, spacciato per la difesa della legalità.
L’appello all’unità delle toghe, la richiesta di compattezza contro l'esecutivo, sa tanto di una strategia per garantirsi una poltrona politica e non certo per tutelare i diritti dei cittadini. Ma in fondo, chi meglio della magistratura sa come riscrivere le regole del gioco, facendole sembrare una difesa della democrazia? E mentre noi ci chiediamo quale sia il ruolo dei giudici, loro si ergono a nuovi re, pronti a decidere chi merita il trono.
Sia chiaro, non si tratta di difendere o attaccare Giorgia Meloni, né di schierarsi politicamente. Il punto è la democrazia: se un governo è stato eletto dal popolo in modo regolare, nessuno, tanto meno la magistratura, può sentirsi in diritto di abbatterlo senza una ragione legale valida, se non quella di favorire i propri amici o alleati politici. In quel caso, ci troviamo di fronte a qualcosa di molto diverso da un semplice atto giuridico: si chiama colpo di Stato, un golpe mascherato da sentenze e procedimenti.
Perché non fraintendiamoci, qui non si sta parlando di un governo che ha infranto la legge o di politici con pendenze penali sulle spalle. Parliamo di un governo che è stato democraticamente eletto, con tutte le sue colpe e i suoi limiti, ma comunque legittimato a governare. Eppure, vediamo un’azione giudiziaria che non mira a fare giustizia, ma a fare politica, a cambiare i giocatori al potere in un modo che non spetta alle toghe.