di Massimo Reina
La città di Rafah sembra sospesa in un limbo, intrappolata in un vortice di terrore, dove la morte stessa cammina tra gli esseri umani.
Ogni angolo è un pericolo, ogni passo una sfida per rimanere vivo. Eppure, in mezzo a questo scenario apocalittico, per i suoi oltre 170 mila abitanti più le migliaia di sfollati in fuga dal nord del Paese, brucia ancora una fiamma di speranza. Coloro che riescono a sfuggire alle bombe israeliane, cercano scampo verso il valico di confine con l’Egitto. L’unica, a oggi, possibilità di vedere l'alba di un nuovo giorno. Perché nella Striscia di Gaza è un massacro continuo.
L'esplosione delle bombe risuona nell'aria, accompagnata dal frastuono delle finestre che si infrangono e dalle grida della popolazione che fugge per le strade deserte e polverose. Qui di miliziani di Hamas non c'è traccia, ma poco importa agli israeliani: hanno deciso di fare tabula rasa di Gaza e di ciò che rimane della Palestina, compresi i suoi inermi abitanti, per trasformarla in una mega colonia dove trapiantare, con l'aiuto degli alleati USA, altri coloni ebrei e costruire delle nuovi centrali per l'estrazione del gas di cui l'area, guardando verso il mare adiacente, è ricca. In lontananza si sentono i boati dell'artiglieria e il suono dei velivoli militari della stella di David che sorvolano la zona, mentre i sopravvissuti si aggrappano ai loro averi e cercano di sfuggire alla distruzione e alla morte. Perché le bombe non perdonano e nemmeno i droni telecomandati ad arte su obiettivi civili: sono spaventose le immagini di civili palestinesi che vengono deliberatamente colpiti e fatti a pezzi mente magari cercano rifugio o si incamminano verso un riparo con i pochi aiuti umanitari magari appena recuperati. Una strage immotivata, ingiustificabile, crudele nella sua immensa vigliaccheria.
Alcune persone si trascinano per le strade, ferite e sanguinanti, in cerca di un soccorso che forse non arriverà mai e che potrebbe rivelarsi inutile: gli israeliani bombardano anche i mezzi di soccorso, le ambulanze, i furgoni adattati al trasporto di feriti della Mezza Luna rossa. Anche quando il fumo e la polvere, in certi momenti, oscurano il cielo, rendendo difficile distinguere il giorno dalla notte, mentre il rumore delle bombe si fa sempre più intenso e vicino. Quando una strana sensazione ti attraversa le viscere e ti sembra di percepirla, quella oscura quanto enigmatica presenza. Come se fosse nell'aria che ti circonda, nascosta da qualche parte a spiarti, pronta a colpirti da un momento all'altro. Non la vedi, ma sai che c'è, e che se non sei fortunato, potrebbe afferrarti e portarti via. La Morte.
L'unico, tragico "futuro" che sembra rimasto ai palestinesi, sconvolti dalla violenza, dal dolore e dalla paura, che si affannano per la loro sopravvivenza e per il futuro delle loro famiglie e delle loro comunità, ancora un'ora, un giorno o un minuto, nel silenzio generale del mondo. Soprattutto di un mondo arabo diviso da secolari interessi geopolitici e settari, e di quell'Occidente "democratico" e civilizzato, che negli ultimi anni si è imbarbarito al punto da non sapere fare altro che utilizzare la violenza, anche gratuita, per dirimere qualsiasi questione. Con una furia e una stupidità che nulla hanno da "invidiare" a quei "terroristi" o "regimi" che sostiene di combattere, e rispetto ai quali si sente migliore.