di Monica Vendrame
C’è una notizia che viene dall’università di Trento che è talmente grottesca da apparire ridicola.
L’ateneo ha emanato un nuovo regolamento in base al quale introduce il femminile obbligatorio. Per cui, anche se il rettore (o un professore) è un uomo, sia nel linguaggio che nei documenti ufficiali, occorrerà dire: “La rettrice Luca Bianchi”, “la professoressa Mario Rossi”, “la studentessa Ugo Verdi” e così via perché in questo modo si è più inclusivi.
In sostanza, l’università trentina ha stabilito di utilizzare il cosiddetto femminile sovraesteso, cioè di declinare le cariche al femminile a prescindere da chi le ricopre. Un po’ come se accogliessimo una platea di uomini e donne dicendo: “benvenute a tutte”.
Pare che la tutela indefessa dell’italiano sia una nostra priorità solo a momenti alterni. Lasciate che vi ricordi una cosa importante se avete scelto di dimenticarvela: il femminile sovraesteso NON E’ ITALIANO, è una sgrammaticatura infinitamente peggiore di un congiuntivo fuori posto, una scelta ideologica insulsa, idiota e priva della minima base scientifica.
Sentiamo straniante quando qualcuno dice “se avrei”, immaginatevi una cosa inventata di sana pianta, mai esistita che ha l’unico esito di imbrogliare enormemente i documenti e confondere le persone. Il maschile è il non marcato, quindi, NON ESCLUDE NIENTE per definizione. Il femminile, invece, guarda caso è marcato, serve per escludere, per indicare qualcosa di diverso rispetto allo standard, ma esclude grammaticalmente, non socialmente, non psicologicamente. E’ una differenza importantissima.
La responsabilità è di chi per anni ha ripetuto, senza uno straccio di fonte scientifica credibile in mano, che la grammatica è sessista. NON LO E’ e che una università vada a propagandare il contrario è di SOMMA GRAVITA'.