di Benedetto Maria Ladisa
Ieri Giovanni Zecchini ha chiuso gli occhi e forse ora si trova in un posto migliore.
Qui in terra ha vissuto un incubo lunghissimo e non ha mai avuto giustizia. A luglio del 2012, quando aveva solo 13 anni, aveva attraversato con i suoi amici il muretto della piscina comunale di Mira (Venezia), che era in ristrutturazione. Lui ed i suoi amici non potevano immaginare che quel lucernario avrebbe ceduto improvvisamente sotto il peso così leggero di un tredicenne. Ed invece, quel lucernario cedette proprio col peso di Giovanni, che cadde nel vuoto. Un volo di una decina di metri. Era rimasto vivo per miracolo ma sofferente e per le gravi ferite riportate, rimase paralizzato in tutto il corpo. Ha vissuto da infermo totale per quasi 12 anni. La famiglia aveva iniziato una battaglia legale e dopo un processo durato dieci anni, recentemente, a gennaio, erano stati assolti tutti gli imputati tra tecnici, responsabili del cantiere e del Comune. Nessun condannato. L'unica vera condanna era lì, su quel corpicino tredicenne, costretto a rimanere paralizzato a vita. L'unico risarcimento alla famiglia era giunto tramite l'assicurazione comunale. Oggi l'attuale Sindaco di Mira, Marco Dori, ha voluto salutare Giovanni per l'ultima volta: “Un dispiacere tremendo. Un colpo che si aggiunge a quello che i familiari hanno dovuto sopportare".
Giovanni se ne va a 25 anni, dei quali quasi 12 da infermo totale. Una vita da incubo.
Giovanni era un ragazzo dolcissimo. Come tutti i tredicenni, non poteva immaginare alla sua età che quel gioco si trasformasse in tragedia. Era forse l'unico vero innocente di quell'incidente. Ciao, Giovanni. Ci dispiace.
* Ho deciso di pubblicare questa notizia anche sui social perché questa vicenda contiene al suo interno almeno tre motivi di riflessione.
1) prima di tutto ovviamente il mio pensiero va a questo ragazzo sfortunato e la sua famiglia che ha fatto di tutto per non fargli mancare amore e affetto fino all'ultimo. Sarebbe troppo facile parlare di incoscienza giovanile, che tutti abbiamo avuto da tredicenni. Chissà io stesso quante volte ho rischiato la vita. Sarà capitato a tutti di guardarsi indietro e capire dopo diversi anni quante volte abbiamo fatto cose pericolose, fatte per gioco o saltare un muretto di troppo. Non riesco a giudicare (credo nessuno possa farlo) quei gesti tipici, anche pericolosi, che tutti abbiamo fatto nel periodo dell'adolescenza. Nessuna colpa quindi al ragazzo, anzi tanto dispiacere per aver vissuto paralizzato metà della sua vita, in un vero incubo per lui e la sua famiglia.
2) La sicurezza nei cantieri, ieri come oggi. Nessuna precauzione se non qualche cartello o piccoli accorgimenti che non bastano per evitare incidenti già per chi ci lavora ed anche per i cittadini. Quasi nulla è cambiato negli ultimi anni. Quel lucernario avrebbe dovuto essere inaccessibile o quanto meno messo in sicurezza. Non può crollare sotto il peso di un bambino. Non può. Ieri come oggi. E questo tipo di sicurezza nei cantieri manca oggi esattamente come ieri.
3) La lungaggine MOSTRUOSA del nostro sistema Giudiziario. Più di 10 anni per arrivare poi ad un compromesso extra giudiziario e i potenziali colpevoli tutti assolti. Decine di udienze rinviate, mesi per arrivare in aula, anni per fare appello e anni per ottenere giustizia senza poi alcun risultato se non quello di aver speso un patrimonio in spese legali. Esattamente ieri come oggi. Ma immaginate se Giovanni fosse morto in quella caduta o qualche mese dopo. L'accusa sarebbe stata cambiata in omicidio colposo. Come se rimanere in vita fosse una colpa. Che sia morto dopo dieci anni di processo, aumenta credo anche il senso di una NON giustizia che oramai è talmente lunga da prenderci per sfinimento.
Ecco, credo che siano questi i motivi per cui Giovanni può essere un simbolo della sofferenza di un popolo intero. Ieri come oggi.
Condoglianze alla famiglia.