di Gabriella Paci
Quanto sta accadendo in Afghanistan dal 15 agosto scorso è notizia che rimbalza di ora in ora su varie testate giornalistiche e programmi televisivi. Dopo ben venti lunghi anni le truppe americane su ordine del presidente degli Stati uniti Biden si ritirano lasciando il paese nel caos più totale.
A far da padroni, i già tristemente noti talebani, autori di vari attentati in Occidente e dissacratori di opere d’arte uniche al mondo. Anche l’Italia, che aveva dato il suo contributo per missioni di monitoraggio e di assistenza, si ritira in fretta da una terra diventata ogni giorno più insidiosa per gli occidentali. Questa terra, crocevia tra oriente e occidente, crogiuolo di popoli diversi, spesso organizzati anche in tribù nemiche tra loro: terra di deserti e sassi, ha sempre rivestito un ruolo di attrazione per l’Inghilterra prima, poi la Russia che l’ha dominata e infine l’America, dopo l’attentato alle torri gemelle nel 2001. Ad interessarsi a questa terra, dove si produce la maggior quantità di oppio del mondo e dove ci sono enormi giacimenti di minerali terre rare e pietre preziose (per oltre mille miliardi di dollari), anche la Cina, diventata con la Russia, interlocutrice di questa nuova forma politica.
L’Afghanistan,dunque torna sotto il controllo dei signori della guerra, conosciuti anche come gli studenti delle madrasse, le scuole coraniche integraliste, nemici acerrimi della cristianità e dell’occidente. La loro salita al potere significa non solo far ripiombare il Paese nella sua vita più retriva e lontana da ogni forma di modernità e di accoglienza, ma significa anche il ritorno di una seria minaccia per l’occidente che deve essere "islamizzato" come obiettivo finale previsto dalla Jiad o guerra santa.
Chi si era legato in qualche modo con gli occidentali, cerca ora una via di fuga, come testimoniano anche le riprese televisive di questi ultimi giorni: si tratta di un esodo enorme che pone problemi di non facile risoluzione, di gestione e di collocazione dei profughi, senza contare il pericolo di infiltrazioni terroristiche.
Dopo venti anni, l’abbandono del territorio afghano da parte dell’America viene considerato prova del fallimento di un tentativo di improntare una qualsiasi forma di democrazia. Lasciando da parte gli indiscutibili interessi economici e politici di cui abbiamo detto, nascono però le domande: “Se la religione è il metro di riferimento della politica nei paesi islamici, può attecchire la democrazia che è di per sé laica? Come mai in nessun paese islamico, fatta eccezione per la Malesia, si può parlare di governi democratici? Perché gli islamici immigrati nei paesi occidentali continuano quasi sempre a conservare le loro regole di vita senza riuscire ad accettare lo stile di vita occidentale? Si può esportare dunque un sistema politico che non fa parte di una mentalità e di una reale scelta del paese? Se davvero l’Afghanistan avesse voluto una democrazia, non avrebbe dovuto lottare come abbiamo fatto noi italiani con il Risorgimento?
Molte dunque le domande a cui potrebbero essere date risposte diverse: di concreto c’è solo il dramma di un popolo che non sa trovare una misura di accettazione neanche nei confronti del suo stesso popolo.