Scrivere un articolo sull'accettazione della diversità è tanto difficile quanto provare a descrivere il perché si facciano le guerre o perché ci siano paesi in cui mancano tutte le risorse essenziali per vivere ed altri in cui le risorse sono in abbondanza.
La poesia ha dato voce a tanti "DIVERSI". Penso che ogni persona si sia trovata più volte nella condizione di "DIVERSO". Emarginata, sola, accusata di essere se stessa.
Penso a quanto si sentano "DIVERSI" ogni anno milioni di disabili. Patrizia Bestini bene spiega come la creazione di neologismi non è altro che la conseguenza della paura del "diverso" insita nell'Uomo.
Ciò che è diverso spaventa perché è sconosciuto, perché non rientra in un certo schema mentale che nella nostra società, per esempio, è rinforzato dai mass media e dalle immagini patinate delle riviste. Tanta è la paura del diverso che nei neologismi questa diversità viene addirittura enfatizzata e sottolineata! E così il dis-abile, persona priva di una qualche abilità, diventa un divers-abile, una persona dalle abilità diverse... Si parla sempre dei disabili come di una categoria omogenea, composta di tante persone non ben identificate. Ma i disabili non sono affatto omogenei, come non lo sono gli abili.
Merita una riflessione particolare la capacità delle persone che pur non senza paura decidono di affermare la loro identità sessuale riuscendo a esprimere se stessi, rompendo le catene della compiacenza verso una società che detta come diventare.
A tal proposito conservo dentro me un ricordo molto emozionante di quando, durante gli studi universitari, un mio amico mi confessò di essere gay. Era felice, doveva capire come farsi accettare, i suoi occhi però brillavano come non mai.
E' in quella luce che ho visto l'orgoglio della dignità umana. La sua voglia di esistere dettata dall'espressione della propria individualità e non dalla volontà di piacere e di adattarsi agli altri.