di Maria Pellino
Tutti sanno che lo haiku è un componimento poetico giapponese riconosciuto come forma d'arte intorno al XVII secolo. Lo haiku ha avuto nel corso dei secoli diffusione in tutto il mondo. Anche in Italia tra la fine dell'800 e inizio 900 si diffonde l'interesse per la poesia giapponese e iniziano così a diffondersi le prime traduzioni. Oggi tale componimento si è radicato nel terreno culturale italiano come arte tra forma classica e di innovazione. Ne parliamo con il Prof. Jacopo Rubini, docente di Composizione Latina alla Università Pontificia Salesiana di Roma e docente di Latino, Greco e Materie Letterarie presso il liceo classico M. Buratti di Viterbo. Il Prof. Jacopo Rubini ha avviato Opaca Fronde, un progetto che coinvolge il latino nella sua dinamicità e applicazione allo haiku. Il risultato è commistione di culture, purezza di nuovi germogli di pensiero vivo.
- Professor Rubini ci spieghi brevemente le caratteristiche dello haiku e la sua potenza poetica.
lo haiku nella sua fisionomia classica, così come inteso in Giappone, sua patria d’origine, è un componimento poetico breve, in cui vengono ritratte in maniera tendenzialmente realistica e oggettiva immagini e/o esperienze (reali o fittizie) dell’autore, principalmente di tipo naturale, per quanto la definizione di natura in Giappone sia molto più vasta di quella cui siamo abituati in Occidente.
L’immagine ideale di uno haiku è quella che, nella sua particolarità e contingenza, possa allo stesso tempo farsi “simbolo” e catalizzatore di una immagine o di una esperienza potenzialmente universali: nel particolare di uno haiku è presente l’universalità del mondo e dell’esperienza umana, nei loro aspetti fondanti ed essenziali. Tuttavia, è ritenuto necessario che la soggettività psicologica e razionalizzante dell’autore non intervenga nello haiku classico (o che intervenga comunque in modo del tutto indiretto): sono le immagini, attraverso la loro essenza, a doverci parlare, non l’autore con le sue considerazioni, tipiche, queste, di una letteratura razionalizzante di tipo occidentale, di contro all’essenzialità e all’immediatezza di quella giapponese.
Lo haiku, in Giappone, è identificato in particolar modo da tre caratteristiche formali ideali:
1) Dovrebbe constare di un totale di 17 on o more, unità morfo-fonetiche di base della lingua giapponese che, in italiano, vengono comunemente identificate, per funzione e caratteristiche d’applicazione, con le sillabe, sebbene il concetto di mora, presente anche nella nostra lingua, sia formalmente differente. Anche se lo haiku nasce come componimento mono-lineare, ossia scritto su una singola linea o verso, il suo sviluppo moderno lo ha portato a configurarsi su tre versi, composti rispettivamente da 5, 7 e infine ancora 5 on o sillabe. Riguardo a tale schema metrico, tuttavia, vengono ammesse dalla tradizione saltuarie eccezioni, legittimate dalla eccezionalità poetica e lirica del componimento.
2) Dovrebbe presentare, nel corso della sua estensione, un kigo, ovverosia un termine o una espressione, che identifichi una specifica stagione dell’anno, secondo le convenzioni letterarie stabilite dai saijiki, veri e propri elenchi ragionati di kigo. Tale elemento è fondamentale nell’economia lirica della poesia giapponese e dello haiku in particolare e la stagione, oltre che dal suo nome specifico, può essere identificata indirettamente anche da elementi naturali, umani, sociali o simbolici, che l’immaginario comune si riferiscano a quella determinata stagione. Ne sono esempi canonici la luna e le foglie rosse (autunno), la neve (inverno), i fiori di ciliegio (primavera) e il cuculo (estate), considerati i 5 kigo maggiori. I kigo situano lo haiku nello scorrere ciclico del tempo e, attraverso la pura immagine, conferiscono ai versi una specifica atmosfera, un tenore e delle risonanze psicologiche ed emotive caratteristiche.
3) Dovrebbe presentare un kireji o cesura, e cioè una divisione tra due immagini o esperienze, rappresentate separatamente nel medesimo haiku, ma “misteriosamente” unite da un rapporto di reciproco arricchimento semantico e poetico. Si tratta forse della caratteristica più importante, dal punto di vista lirico, dello haiku e di quella più difficile da porre in atto. Sono tuttavia ammessi dalla tradizione anche haiku composti da una immagine singola. Si evitano invece attentamente quelli costituiti da tre o più immagini, che rischiano di frammentare eccessivamente il componimento.
Personalmente, ritengo che lo spirito, la vita interiore di uno haiku risieda proprio nel movimento, nella dinamicità, che viene a crearsi tra le due immagini o tra i singoli oggetti dello haiku, come è solito ricordare lo yamatologo e haijin Diego Zeno Martina, che da tempo, come un saggio maestro, mi accompagna pazientemente in questo percorso. E’ attraverso questo movimento, questa dinamica interazione, che tre versi possono trasformarsi in un mondo intero.
- Secondo Lei, cosa nello haiku dovrebbe rimanere assolutamente immutato e cosa, invece, potrebbe essere rinnovato.
Idealmente, le tre caratteristiche, di cui ho appena parlato, dovrebbero sempre essere presenti in uno haiku.
Tra queste, tuttavia, la questione metrica è sicuramente spinosa. Fuori dal Giappone, infatti, non esistono le circostanze letterarie e morfologiche, che hanno prodotto la cristallizzazione della forma 575, già presente in forme letterarie anteriori allo haiku, in particolar modo nel tanka o waka. Se tuttavia in Italia è ragionevole attenersi a tale formula metrica (per questioni interne alla nostra lingua), ciò può non essere vero per altre, come ad esempio per l’inglese, dove da decenni è in atto una vivace sperimentazione metrica, che ha portato alla configurazione di varie e diverse soluzioni metriche. Credo però che in italiano e in latino sia del tutto ragionevole e auspicabile attenersi alla struttura sillabica 575, per motivi sia di tradizione letteraria, che di morfologia linguistica.
Penso invece che, con il passare del tempo e il mutare delle condizioni umane e sociali, in cui la poesia haiku viene a svilupparsi, sia del tutto ammessa e anzi auspicabile l’introduzione, all’interno della poesia haiku contemporanea, di immagini e tematiche aliene alla tradizione classica, come ad esempio scenari e momenti di vita urbana e metropolitana, o ancori temi più spiccatamente psicologici.
Ritengo tuttavia fondamentale e irrinunciabile la presenza del movimento, del dinamismo tra le immagini e le esperienze dello haiku: le immagini devono sostenersi e arricchirsi a vicenda e cercare di non essere mai fini a se stesse. Sarebbe bello, per citare nuovamente Diego Zeno Martina, che in ogni verso vi fosse una scoperta.
- Qual e' la Sua idea del latino, quali sono i benefici del latino nelle scuole?
Si tratta di una domanda, a cui è difficile rispondere brevemente. Chiarito tuttavia che, per me, il latino, come tutte le lingue, non è solo un linguaggio, ma una vera e propria visione del mondo, una filosofia dell’uomo e dell’universo che va attivamente interiorizzata per poter essere compresa, mi limiterò a rispondere con una voluta provocazione: il latino non deve avere benefici, non deve essere utile. Questo perché gli strumenti sono considerati utili: questo stesso aggettivo, utilis, deriva dal verbo latino utor, che significa “far uso, sfruttare qualcosa” in senso strumentale. Il latino, invece, non va ridotto a strumento e, certamente, non può più esserlo oggi. Il latino si studia per capirlo e per poter capire, con esso, tutto quel serbatoio immenso di cultura millenaria che ha prodotto, accedendovi direttamente e nel modo filologicamente più genuino possibile. Si studia il latino per leggerlo e per arricchire la propria anima con la letteratura latina di tutte le epoche. Inutile, sciocco e dannoso studiare il latino perché (e cito dalla vulgata mediatica, anche di coloro che credono, così, di sostenerlo) è una palestra mentale, perché forma i giovani, perché ci fa scrivere meglio in italiano e simili altre amenità da rotocalco. Se volessi allenare la mia mente, mi comprerei la Settimana Enigmistica, o mi farei un bel sudoku in spiaggia. Tutto giusto e assolutamente vero, per carità, ma si tratta di effetti secondari e contingenti, che non possono assurgere a finalità ultime del latino, pena il rischio di banalizzare il tutto e di avallare, piuttosto che frenare, la scomparsa dello studio di questa lingua millenaria: poiché, d’altro canto, esistono strumenti molto più utili, oggi, del latino, che possano allo stesso tempo essere una palestra mentale per i nostri giovani. O si studia il latino per capirlo, dunque, e per leggerlo, o che allora non lo si studi affatto. Finché non ci convinceremo di tutto ciò, il latino (e con esso la cultura umanistica) nelle scuole è destinato a morire, come sta di fatto accadendo, con un liceo classico sempre più snaturato in sostanza e funzioni, al di là di facili e sciocchi trionfalismi basati sui numeri delle iscrizioni, che in fondo lasciano il tempo che trovano.
- Come si è avvicinato allo haiku.
Sono da sempre innamorato della cultura giapponese (sia pop che letteraria) e amo il paese del sol levante, che ho visitato più volte. Lo haiku è stato forse (e comprensibilmente, vista la sua diffusione pressoché universale) il primo genere poetico giapponese a cui mi sono avvicinato, anche soltanto per sentito dire.
- Quali sono gli elementi di congiunzione tra lo haiku e il latino.
Credo che in particolar modo la brevità e la concentrazione di significato dello haiku giapponese si incontrino mirabilmente con la vis e la brevitas della lingua latina, che è spesso in grado di esprimere immagini e significati estremamente ricchi in un brevissimo spazio di sillabe, proprio come il giapponese. Non credo sia casuale il fatto che mi trovi molto più a mio agio a scrivere haiku in latino, che non in italiano o in inglese.
Altro elemento formale di incontro tra le due lingue credo sia la loro estrema regolarità sillabica. Sebbene infatti le unità morfo-fonetiche funzionali delle due lingue (on e sillabe) siano differenti, entrambe le lingue sono tuttavia estremamente precise (direi matematiche) nelle loro modalità di computazione morfo-fonetica, a differenza, ad esempio, di ciò che avviene in inglese, o anche in italiano.
Infine, sia il latino che il giapponese sono portatori verbali di due visioni ideali del mondo profonde, austere e millenarie, dotate di una gravitas difficile da rintracciare in altre lingue, andando quasi a manifestare una misteriosa comunanza umana e culturale.
- Ci racconti del suo progetto Opaca Fronde, com'è nato e quali sono gli obiettivi didattici e non.
Opaca Fronde (OF) è nato per gioco, durante i primi mesi di lockdown del 2020, quando, avendo tra le mani più tempo del solito, decisi di iniziare a scrivere per gioco degli haiku in latino, col fine di tenermi in esercizio. Da lì ho iniziato a leggere e studiare tantissimo per migliorare la mia tecnica compositiva (in continuo mutamento e sviluppo), fino ad arrivare a contemplare, a Settembre 2020, l’idea di un progetto collettivo universitario, in cui la scrittura in latino di haiku potesse essere strumento attivo di approfondimento delle conoscenze linguistiche e letterarie latine in ambito universitario. Da quel momento, molti studenti, docenti e appassionati si sono avvicinati al progetto, coltivando le proprie conoscenze e competenze linguistiche e, allo stesso tempo, accostandosi a una forma di composizione poetica viva e universalmente riconosciuta. In questo modo, decine e decine di persone hanno scoperto un nuovo modo di esprimere la loro poetica interiorità, unendo il nuovo all’antico, l’occidente all’oriente.
Ad oggi, sebbene le finalità didattiche di OF siano tuttora importantissime, il progetto ha assunto una fisionomia apertamente letteraria e artistica, coinvolgendo anche musica, fotografia e narrazione, con l’aiuto di personalità come il prof. Tullio Visioli, la speaker Daria Esposito e il fotografo e amico Michele Baldi.
- Secondo la sua esperienza, il Suo progetto può avere incidenza sulle moderne generazioni. Quali sono le Sue aspettative.
Credo che sia doveroso avere la modestia e l’umiltà necessarie per non rispondere del tutto a questa domanda e per non crearsi facili illusioni. Quello che so è che io, i membri e gli amici di OF facciamo ciò che ci piace con passione e dedizione e, per quanto l’esperienza mi ha insegnato finora, passione e dedizione danno sempre i loro frutti.
Per il resto, penso di poter affermare che Opaca Fronde sia certamente una proposta didattica e letteraria effettivamente originale nel panorama attuale degli studi e della cultura latina, soprattutto in ambito scolastico e accademico. Se poi l’ambiente vorrà recepire determinati stimoli, ciò dipenderà da me e da OF nel suo complesso soltanto in parte. Per quanto ci riguarda, faremo quello che abbiamo sempre fatto: ciò che ci fa star bene.
- Chi collabora con Lei al progetto.
Sebbene l’idea e la configurazione iniziali siano stati una mia personale trovata (ispirato però dal precedente progetto di haiku latini Harundine del prof. Dirk Sacré) e tutt’oggi lo gestisca quasi completamente da solo, nel corso del tempo si sono inserite diverse personalità, che hanno contribuito e continuano a contribuire con le loro specifiche professionalità e con la loro passione. Nel dettaglio, sento di dover ringraziare l’amico Michele Baldi (decisamente fotografo ufficiale di OF e col quale ho avuto l’onore e il piacere di pubblicare un gunsaku di haiga dal titolo Eremi Verba sulla rivista di studi latini Renascens, di cui ringrazio il direttore e fondatore dott. Ramon Vieyra), la dott.ssa Daria Esposito (mia logopedista in un periodo molto difficile della mia vita, ma soprattutto speaker ufficiale di Haikast, il podcast di OF), il prof. Tullio Visioli (che ha da poco deciso di musicare gli haiga di Eremi Verba), l’amico dott. Federico Filié (membro di OF e testimone attivo dei primi passi del progetto e che mi ha sempre supportato con la sua vicinanza e con le sue riflessioni), nonché tutto lo zoccolo duro dei poetae latini di OF, che si dedicano con passione alla scrittura di haiku in latino. Tra questi devo ricordare i già pubblicati e giovanissimi Francesco Sixtus Mirabile, Giovanni Maria Logodaedalus Tosi e Rossano Roxas Fragale, tra i poeti di OF della prima ora.
Devo poi ringraziare il Pontificium Institutum Altioris Latinitatis della Università Pontificia Salesiana, che ci sostiene e, in certo modo, ci sponsorizza; il prof. Mauro Pisini, amico di OF e maestro di poetica latina; e l’associazione culturale “L’Inedito Letterario”, in particolar modo nella persona del vice-presidente Fabio Martini, che ci ha dato fiducia pubblicando alcuni dei nostri haiku latini nella recente antologia di haiku contemporanei Trabocca nel loto la giovane rosa.
- Può citare siti, profili social dove è possibile seguire il progetto Opaca Fronde, attingere a materiali o fonti.
Opaca Fronde è presente sui principali canali social, oltre che sul suo sito internet ufficiale, dove è possibile trovare anche una nutrita lista di link e materiali utili alla conoscenza e alla scrittura di poesia haiku.
1) https://opacafronde.wixsite.com/home
2) www.facebook.com/opacafronde.roma
3) www.instagram.com/opacafronde (la pagina instagram, molto attiva, è utilizzata per pubblicare haiku maggiormente selezionati e per interagire anche a livello internazionale)
4) Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo..
Ringrazio il Professor Rubini per il Suo attivismo nella diffusione di un'idea originale del latino, una lingua tutt'altro che trapassata o da dimenticare. Una grande lezione, quella del Professor Rubini, che è di umanità e di apertura di orizzonti “altri”, quell'oltre che dà ispirazione all'arte, al pensiero critico e, non ultimo, all'incarnazione di un ideale e del sé, di quel sè che è essenza intramontabile ed eterna.
et hùnc relìnquam
austrùm, platanì qui fròndem
agitàt fenèstris
e lascerò anche
questo vento che scompiglia
il platano alla finestra*
platano: kigo autunnale
*impossibile, in questo caso, rendere in traduzione italiana metrica la ricchezza dell’originale latino, parte del cui significato si è già persa nella versione, per tentare di non eccedere di troppo i limiti metrici dello haiku.
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pùrpura dèmum
prùni nùnc eadem èst, pridem
ànne fuìt quae?
frondès olìm miràri
desìderàbam nùllus
fronda del pruno –
sei ancora del porpora
di quel dì lontano?
allora ammirarti
non mi era disio*
*un esempio di waka (o tanka), antecedente letterario classico dello haiku. Adattamento italiano a cura di Diego Zeno Martina.
metrica 575 77.