di Sergio Melchiorre
Raffaella Mattana, massofisioterapista all’Ospedale Causa Pia Luvini di Cittiglio (Varese), è nata a Luino nel giorno di Natale del 1971.
La narratrice nutre uno specifico interesse per le arti in generale, per il territorio e la cultura legata alle radici, al dialetto e la storia, in particolare quella legata alla sua terra.
L’artista afferma che «scrivere è come dipingere, si fa nel momento in cui si ha l’estro, senza pensarci troppo. Il pittore fissa con colori e forma il suo pensiero su una tela, io fossilizzo i ricordi su un piccolo schermo del telefonino e invio. Condivido virtualmente un ricordo con gli amici di infanzia e con chi ha voglia di sentire storie, leggende e racconti molti dei quali sulla Valcuvia».
Raffaella ha partecipato a numerosi concorsi letterari, dove ha ottenuto notevole successo, soprattutto con “La pulonia“ e “Fate e gnomi”, in Racconti d’estate di Historica edizioni.
Nel suo primo libro “Il pane nella credenza”, descrive in modo mirabile i ricordi della fanciullezza che affollano e si accavallano nella sua mente.
Racconta una società priva di televisione, dove gli anziani del paese narravano ai bambini storie di fate, streghe e personaggi inventati di sana pianta. I bambini restavano così affascinati che entravano a loro volta a far parte della narrazione cercando di «colorare l’aria con i [loro] aquiloni, con le [loro] corse giù dai pendii, con le [loro] risate».
Ogni ricordo dell’infanzia della scrittrice è racchiuso nella sfera affettiva familiare che li custodisce e li protegge amorevolmente dalle contaminazioni esterne perché, come essa stessa scrive, «correvamo liberi come le rondini a primavera».
Le sue muse ispiratrici segrete sono soprattutto le sue nonne, Apollonia e Angela, che le hanno fatto scoprire il mondo delle fate e dei ricordi, in un mondo irrealisticamente incantato.
Lodevole è la descrizione del racconto «I bambini del pollaio», dove i ragazzi di Arcumeggia giocavano «felici come le rondini nel cielo sereno, mettendo allegria ai vecchi che [li] guardavano».
Raffaella Mattana afferma che «l’arte, allo stato puro, colora la vita di tutti giorni. È come un raggio di luce che filtra attraverso la fessura di una finestra socchiusa, durante una giornata di sole, ed illumina il pulviscolo nel buio e lo fa vibrare come le ali di una farfalla intrappolata nella tela del ragno. L’arte è l’elevazione sublime dell’anima verso l’infinito».
Ed è in questa prospettiva letteraria che bisognerebbe leggere i racconti della scrittrice che narra le vicissitudini giovanili dei ragazzini che hanno animato la sua adolescenza, all’ombra del San Martino, ad Arcumeggia, in provincia di Varese.
In molti racconti, il dialetto lombardo impreziosisce i ricordi di un passato scomparso nei meandri dei rimpianti, i dialoghi sono lineari e coinvolgenti ed arrivano direttamente al cuore del lettore, senza passare attraverso la lente deformante di un virtuosismo letterario che possa in qualche modo alterare la realtà delle vicende narrate.
Memorabile è la storia nel racconto “La stria Frolinda”, dove «il pane e la focaccia cuocendo nel forno profumavano tutta la casa e quando furono cotti, l'allegria e la felicità di tutti nel cibarsene fecero perdere alla donna l'idea di avanzare quella focaccia per la strega». La maggior parte delle sue storie sono state scritte di getto, all’ombra del suo passato, che la scrittrice conserva gelosamente nei suoi ricordi e che sono state raggruppate, con una naturalezza sorprendente, all’interno del suo libro.
Racconti brevi da leggere con attenzione per apprezzare il passato di una scrittrice che ricorda la sua giovinezza, vissuta in una contrada sperduta del varesotto, alla ricerca di un mondo fantastico di fate, di streghe e di gnomi perché, come scrive Gabriel García Màrquez, «la vita non è quella che si è vissuta, ma quella che si ricorda e come la si ricorda per raccontarla».
Un libro che sorprenderà positivamente il lettore, alla ricerca di una scrittura innovativa e coinvolgente, che lo prenderà per mano e lo accompagnerà nel mondo delle favole.
Dopo lo straordinario successo ottenuto con la pubblicazione del libro “Il pane nella credenza”, edito dalla Casa Editrice Librintasca, che ha vinto recentemente il 1° Premio ex aequo “Livio De Carlo, alla V Edizione 2021 del Premio internazionale di Letteratura “Memorial Salvatore Bonatesta”, Raffaella Mattana ha dato alle stampe un’altra opera letteraria dal titolo “Le lucciole di Arcumeggia”, nella quale espone magistralmente i ricordi più emblematici della sua infanzia, passata ad Arcumeggia, in provincia di Varese, il così chiamato borgo dipinto, e li reinventa attraverso i suoi racconti.
Dal punto di vista letterario ormai la scrittrice è più consapevole della funzione che svolgono in lei i ricordi e abilmente li padroneggia, superando in questo modo gli scogli, a volte invalicabili, della rievocazione dei ricordi reconditi, perché come scrive Jane Austen: «le nostre cicatrici ci ricordano che il passato è reale».
Tutti i personaggi presenti nelle sue storie sono realmente esistiti, anche se la narratrice li trasforma idealmente in base alle sue reminiscenze del tempo mitico ed indimenticabile della giovinezza. Come scrive Fabio Volo: «nell'arco della vita della puoi incontrare un sacco di persone e di qualcuna diventare veramente amico. Ma chi ha passato con te il periodo dell'adolescenza conserva un posto speciale. Forse più ancora dei compagni dell'infanzia».
I protagonisti presenti all’interno dei suoi racconti, a volte mirabolanti e squisitamente dilettevoli, sono descritti in maniera raffinata ed approfondita. Il loro aspetto psicofisico è esposto in modo dettagliato e l’ambiente in cui si svolgono le gags si è definitivamente liberato dai legami affettivi che lo immobilizzava nei meandri, a volte insostenibili, di un’infanzia costellata di ricordi memorabili e prettamente personali.
L’autrice supera sé stessa, dal punto di vista letterario, e raggiunge l’acme narrativo nei suoi nuovi racconti inediti, dove la descrizione dei protagonisti è avvolta in una sfera metafisica e atemporale.
La finzione letteraria, che dà ampio respiro narrativo al libro, oltrepassa la realtà, dove sono avvenuti realmente i fatti, e l’illumina magicamente di luci fantasmagoriche, come un caleidoscopio che proietta le svariatissime forme simmetriche dei ricordi su un telo bianco, dove ogni racconto personale dell’autrice è la sintesi di una narrazione sublime e, nello stesso tempo, sofferta. La scrittrice, anche se lei afferma di essere una «ricordatrice che non vuole che le sue radici vadano perse», si spoglia delle vesti del proprio ego e regala ai suoi affezionati lettori una narrazione eccelsa ed elegantemente metaforica, dove le rievocazioni personali, che allietano il suo libro, si fondono in un’esplosione multicolore, quando ogni situazione enunciata fiorisce in una piccola perla di saggezza. Raffaella Mattana è riuscita a sorprendere elargendoci una serie di storie che, in realtà, erano celate all’interno della sua psiche. «Ho scritto “Le lucciole di Arcumeggia”, afferma l’autrice cuvegliese, perché la magia di quei campi, neri di buio, con tutte quelle lucciole lassù, mi ha sempre dato una sensazione di infinita pace. Di un mondo ancora incantato e puro. Un mondo fantastico, dove le lucciole erano al pari delle stelle, che scendevano in terra, come simboli angelici, angeli portatori di "luce"».
La scrittrice riesce a tramettere una miriade d’emozioni attraverso la scrittura briosa e vivace dei suoi racconti, dove i suoi ricordi sono le pietre miliari del suo passato.
Un libro da leggere assolutamente, sotto il cielo stellato o nel silenzio di una stanza, poiché la ricordatrice lombarda, è riuscita ancora una volta a dipingere il ritratto stilizzato dei protagonisti che popolano le sue storie, con straordinaria maestria, e ad accordare la sua scrittura, efficace e persuasiva, al respiro dei suoi personaggi.