di Virginia Murru
Al di là del Vallo di Adriano, in un ‘campo’ non propriamente neutro, si gioca una delle più importanti partite sull’indipendenza della Scozia, dal risultato delle elezioni odierne dipenderà il destino di questa Nazione del Regno Unito.
Una nazione che, fin dai tempi di Maria Stuarda, non ha mai sentito realmente il senso di appartenenza al Governo di Londra. Forte è stato lo spirito d’indipendenza, tenuto a lungo in stato di latenza. Negli ultimi anni, soprattutto grazie alla leader dello Scottish National Party, nonché capo dell’esecutivo, Nicola Sturgeon, che si è battuta come una tigre durante il referendum sull’indipendenza della Scozia nel 2014, il fermento si è più che mai riacceso. Nel 2014 i nazionalisti persero per un soffio (com’è noto vinsero i No con il 55%). E l’Indipendenza rimase un sogno più grande della realtà.
Ma nell’indole degli scozzesi c’è l’inclinazione a non gettare la spugna, malgrado tutto. Questo è un popolo che ha un’indole tutt’altro che remissiva, e se ci fosse uno slang per definire il loro peculiare modo di porsi davanti agli ostacoli e alla storia, sarebbe solo ‘never give up’. Perché tale è l’inclinazione che hanno dimostrato nel corso dei secoli.
Tra inglesi e scozzesi non c’è mai stato del resto un feeling d’intesa nei grandi temi di assetto politico, ideologico e territoriale, anche prima della ‘ribelle’ Maria Stuarda, regina di Scozia, sacrificata proprio al potere di Londra, ad Elisabetta I, che la fece uccidere nel 1587, lei, considerata figlia ‘bastarda’ di Enrico IV e Anna Bolena.
Impossibile in questa circostanza - il cosiddetto ‘election day’ - ossia le elezioni più importanti da 50 anni a questa parte, non fare ricorso agli eventi storici, proprio per le conseguenze che potrebbero derivarne. E’ in ballo la possibilità di secessione della Scozia dalla Gran Bretagna. Per questa ragione le consultazioni elettorali di oggi sono state definite ‘le più importanti della Storia’.
L’indipendenza, ovvero fuoco sotto la cenere, covato da secoli, per via di quel sottile contrasto che si era trasformato in contrapposizione armata troppe volte sul campo di battaglia tra i due regni, quello inglese e scozzese, appunto.
La storia esprime non di rado cicli che si ripetono, e siamo ancora qui a raccontare l’avversione aperta di questi due popoli: l’Inghilterra che ha sempre preteso la supremazia sulla Scozia e il diritto di dominarla, la Scozia che si è sempre ribellata a questo destino, e ha lottato strenuamente per difendere la propria indipendenza dal potere di Londra.
Certamente la Brexit ha riacceso con più vigore questa fiamma. La consultazione referendaria del 2016, che ha dato voce al popolo su una questione che non si poteva risolvere su uno scacchiere così poco equo -vinta solo con due punti percentuali in più da parte della fazione ‘Leave’, ossia coloro che volevano il divorzio da Bruxelles – ma lasciandosi dietro rabbia e rimpianti, per coloro (la metà dei britannici) che non volevano lasciare l’Ue.
Rimpianto tra i londinesi, che con il voto avevano espresso il loro deciso no alla Brexit, e rabbia negli scozzesi, che si erano chiaramente pronunciati a favore della permanenza nell’Unione Europea. La leader del partito nazionalista, e premier scozzese Nicola Sturgeon, ha fatto il diavolo a mille per ricucire lo strappo, non ha mai voluto che la Scozia si allontanasse dall’Europa, sia per ragioni culturali che economiche.
Ed è ferma nei suoi propositi. La sua campagna elettorale ha percorso in lungo e in largo le ragioni dell’indipendenza dal Regno Unito; non accetta l’isolamento dal resto dell’Europa, e dal mercato comune dei 27 Paesi che ne fanno parte. In più occasioni, negli ultimi anni, ha tentato strategie ed escamotage politici volti a stringere accordi separati da Londra, una mano tesa che Bruxelles, tramite il precedente presidente della Commissione, Jean-Claude Junker, non poteva accettare, per ovvie ragioni di distensione con Londra, e soprattutto perché la Scozia è comunque parte integrante del Regno Unito.
Il referendum del 2016, tuttavia, non li ha fermati, in Scozia del resto avevano vinto con ben 2 milioni di voti di scarto i Remain, ed è ancora vivo lo slogan “Tieni la luce accesa, Ue, torneremo”.
Ancora una donna a misurare il rapporto di forza tra i due popoli, Nicola Sturgeon rappresenta, con la sua forte e decisa personalità, l’indole schietta scozzese e l’avversione nei confronti del potere centrale, quel senso di ribellione mai sedato o addolcito dal tempo.
Sarà anche per questo che perfino l’imperatore romano Adriano, si fermò con il suo vallo, imponente fortificazione, proprio ai confini con la Scozia?
Questi cenni storici non sono retorica, in quanto aiutano a comprendere l’indole indipendentista del popolo scozzese. Adriano fece costruire la fortificazione al confine con la Scozia, perché intendeva separare i Romani (ovvero i popoli conquistati dai Romani) dai Barbari, cosiddetti perché non si conformavano alle leggi di Roma, alla sua civiltà e quindi non accettavano l’integrazione con i suoi territori.
Secondo la storia, due furono i popoli ribelli che rifiutarono l’integrazione e il dominio: i Germani e i Pitti. Per i primi Giulio Cesare fece costruire il limes sul Danubio, ai secondi pensò l’imperatore Adriano con il suo vallo, che li isolava dal resto della Britannia. La fortificazione doveva dividere totalmente l’isola da Est a Ovest, separando pertanto il Sud e il Nord con il fine di bloccare le agguerrite tribù dei Pitti, stabilite nei territori del Nord.
Ma per quanto invulnerabili, i Romani dell’epoca (siamo intorno al 120 d.C.), avevano a che fare con un popolo ostinato e bellicoso, quali erano i Pitti, di civiltà pre-celtica, un’unione di diverse tribù che occupavano l’attuale territorio della Scozia. Essi si opposero strenuamente all’occupazione Romana, anzi: alcune volte riuscirono a insidiare e violare il Vallo di Adriano, nonostante fosse sorvegliatissimo come una frontiera dalle truppe romane, i cui limes servivano proprio per evitare sconfinamenti.
Tempi storici lontanissimi dal terzo millennio, eppure il popolo scozzese ha portato con sé, dietro i secoli, la smania d’indipendenza e ribellione dei Pitti, di quelle tribù fiere che si opposero all’avanzata di Roma nei loro territori. Poi l’avversione è passata su Londra, e forse non hanno mai dimenticato che proprio il potere e la monarchia della capitale, nel XVI secolo uccise senza pietà la loro regina, Mary Stuart.
Ancora oggi, troppe divergenze separano il Governo di Londra da quello di Edimburgo, che ha un suo piccolo Parlamento, composto di 129 membri, e la tendenza degli scozzesi verso l’indipendenza, secondo un sondaggio di fine aprile, sembra anche più convinta.
La conferma del premier Nicola Sturgeon, sempre secondo i sondaggi, sarebbe scontata, anche se resta incertezza circa la possibilità che ottenga la maggioranza assoluta (50% + 1), esito che, qualora fosse raggiunto, porterebbe la sempre più agguerrita leader a chiedere il secondo referendum per l’Indipendenza.
Al momento tutto è sospeso sul risultato delle consultazioni elettorali che si stanno svolgendo anche in Inghilterra e Galles, per l’elezione dei rappresentanti locali. Mobilitati in tutto 28 milioni di elettori.
In ballo 143 Comuni e i Consigli cittadini. L’osservatorio politico è puntato anche sull’elezione del sindaco di Londra, non ci sarebbero dubbi (secondo i sondaggi) sulla riconferma di quello uscente, ossia il laburista Sadiq Khan, pakistano di origine. L’esito elettorale lo distanzierebbe di ben 20 punti dallo sfidante conservatore Shaun Bailey, ma in realtà è solo quello più insidioso, perché ce ne sono altri venti di sfidanti.
Londra è il più vasto collegio elettorale del RU, ci sono oltre 6 milioni di persone chiamate a votare per l’elezione del Meyer. Come in tutto il Paese, anche queste elezioni sono state rimandate di un anno a causa dell’emergenza sanitaria, che ha reso peraltro la città un po’ spettrale, creato voragini nell’occupazione, e assediato l’economia in modo drammatico.
Si tratta di una carica di prestigio, com’è ovvio che sia, Londra è una grande capitale a livello mondiale, è stata capitale del più grande impero della Storia. Per amministrarla si deve gestire un budget di 17 mld di sterline.
C’è una novità che potrebbe avere conseguenze rilevanti nelle elezioni del Parlamento scozzese: la ‘chiamata alle armi’ dei sedicenni, abilitati al voto per la prima volta, e già definiti ‘SNP Generation’.
Nonostante i sondaggi nulla si dà per scontato, le elezioni degli ultimi anni in Gran Bretagna hanno insegnato che il risultato può anche essere imprevedibile.