di Virginia Murru
La rete, con le sue supersoniche autostrade telematiche sta diventando una giungla sempre più insidiosa per i bambini e le giovani generazioni, ma poiché la società del terzo millennio è impegnata in una corsa forsennata con il progresso tecnologico, non c’è mai abbastanza tempo per riflettere alle conseguenze.
Nemmeno per fare il punto sui dati concernenti la fruizione di internet da parte dei più piccoli, eppure, secondo i dati diffusi da Audiweb, si connettono alla rete per la prima volta (ogni giorno) quasi 180 mila bambini, e a livello globale un utente su tre è un bambino. Il mondo giovanile è quello più coinvolto in assoluto, dato che rappresenta il segmento di età più connesso, con oltre il 70% online.
Che cosa offre il mondo di internet a questa fascia di età praticamente dipendente dai device, in particolare dallo smartphone (principale canale di accesso alla rete)? Non di rado un indirizzo educativo e formativo che non è certo d’ausilio e supporto, sul piano psicologico, a quello impartito dalla famiglia e dagli addetti alla formazione scolastica.
Non occorre molto per capire che ‘’etere’ è una galassia con accessi troppo liberi, pieni di porte girevoli, dietro le quali non esistono più regole, e dove non di rado scompare anche il senso dell’equilibrio e della ponderazione. Un non luogo governato dagli ideali spesso distorti di chi ha acquistato quel ‘pezzo di terra’ virtuale, e lo coltiva secondo i propri intendimenti, ignorando che si tratta di spazi accessibili da ogni tastiera, e che dietro un computer ci sono sempre più bambini, impreparati e inermi verso certi scenari a loro incomprensibili, quando non scioccanti.
L’anarchia del mondo virtuale, popolato non solo da persone che vi installano contenuti utili e alla portata di tutti, innocui per le fasce d’età più vulnerabili, ma anche di milioni di individui che hanno solo una superficie di affidabilità, in realtà, di fatto, rappresentano un rischio di devianza per ciò che diffondono.
Se poi si pensa che la rete è come un pozzo senza fondo, e in ragione della sua accessibilità ad un’utenza sempre più vasta viene sfruttata in primo luogo per ragioni di profitto, si torna alla chiusura del solito cerchio: l’interesse verso il guadagno, a prescindere da qualsiasi logica che porti verso il buon senso e la ponderata gestione di una risorsa praticamente senza limiti, qual è internet, con i suoi annessi e connessi.
Non è poi solo la rete in sé a costituire una frontiera tra il lecito e il discutibile: in questi versanti la TV non è certo immune da responsabilità, per quel che riguarda l’offerta dei programmi messi in onda, di dubbio valore educativo, anzi spesso degni di censura, se si pensa che in prima serata, tra gli spettatori, c’è quella fascia d’età che meriterebbe più attenzione e rispetto.
Un genitore, del resto, non può sempre interdire la fruizione di un importante mezzo di comunicazione, qual è la TV, proprio perché è uno strumento d’intrattenimento di massa. Dovrebbe pertanto offrire maggiori garanzie di tutela per i minori, e non lo squallore al quale si assiste in prima serata. Basterebbe fare caso alla volgarità di linguaggio, senza freni o un minimo di controllo, e non solo nei film che si trasmettono, ripeto, in prima serata.
Sono stati portati avanti diversi studi al riguardo, e si è arrivati alla conclusione che i piccoli trascorrono un terzo della giornata ‘seduti in condizione passiva o semipassiva’ davanti ad una TV, che risulta essere invasiva e violenta, anche con la pubblicità, perché non lascia il tempo di vagliare e riflettere.
Riduce quindi l’attività cognitiva e limita la percezione della realtà. Questi studi hanno constatato anche la mancanza di strumenti da parte dei genitori nel valutare obiettivamente tali effetti, intervenendo quando il caso ricorre il caso, per alleggerire anche solo la potenza delle immagini o delle scene alle quali i piccoli assistono.
L’intento non è di fare il processo ad un po’ di ‘folklore’ nel linguaggio – non si parla d’inquisizione verso la libertà d’espressione – anche questo aspetto poco edificante fa parte dell’evoluzione dei tempi, ed entro certi limiti si può tollerare, ma non quando un bambino è costretto ad assistere a dialoghi che sono un autentico squallore. Dove lo spazio per un’espressività ‘normale’ è sempre più ridotto, e le relazioni sociali sono infarcite di turpiloqui e volgarità senza limiti.
Non è questa la base di formazione per le future generazioni, e non si parla solo di linguaggio, ovvio, il rimando è soprattutto ai contenuti, ai valori che questo genere di film trasmettono. Volgarità e violenza sono gli ingredienti fondamentali di queste ‘supposte’ opere d’arte, ché il cinema è Arte, ma non quando si presenta con simili credenziali, ignorando la platea dei fruitori, non di rado, appunto, anche bambini, o comunque giovanissimi.
Queste categorie di spettatori non sono scatole vuote da riempire a caso, o peggio di spazzatura, sono individui in crescita, e questo non è il pane con il quale dovrebbero nutrire una personalità in via di formazione e stabilità.
Accade purtroppo spesso che già alla Scuola Primaria i bambini usino espressioni colorite, a volte a sproposito, perché ormai le hanno assimilate, e magari non le ritengono nemmeno così sconvenienti. Accade, e questa società dovrebbe veramente riflettere sul fatto che non esiste quasi alcun controllo in questo ambito; non che i genitori siano sempre innocenti su questo aspetto educativo, ma non si può riversare la responsabilità solo alla famiglia.
La verità è che occorre un maggiore controllo. Ma se ne parla pochissimo, gli strumenti per arginare questo fenomeno dilagante di volgarità senza limiti esistono, con le dovute cautele, ma il fatto è che al timone c’è sempre il solito dio, ossia il profitto, il denaro. Un dio profano che tutto sovrasta.
Così anche trasmettere in prima serata film con scene di sesso piuttosto esplicite – pur essendo consapevoli che vi sono bambini tra gli spettatori, e i genitori non possono ricorrere alla benda negli occhi, se si tiene conto che queste evenienze sono piuttosto ricorrenti – è un dettaglio che non crea alcuno scrupolo.
Messa così la questione, considerata la triste assuefazione, sembra davvero viziata di ortodossia morale che rischia di sconfinare in puritanesimo, ma in realtà si vorrebbe solo più attenzione per questi piccoli in crescita, che hanno diritto di vivere in atmosfere più lievi, e senza sovrastrutture di valori deviati dagli adulti.
Se poi si pensa ai ‘viaggi’ in incognito nelle autostrade della rete tramite l’uso dei cellulari, ormai in dotazione dei piccoli già dai primi anni della scuola elementare, alle esche che internet offre continuamente, allo schifo che regna sovrano in vasti percorsi, tramite siti che dovrebbero fare sentire la propria presenza aliena anche ad un adulto, si comprende che esiste l’esigenza di stabilire dei limiti, per un semplice fine di tutela.
Non basta il controllo del telefono da parte di un adulto, c’è sempre la possibilità che questa sorveglianza venga elusa, scavalcata. I giovanissimi acquisiscono abilità, ingegno e attitudine con estrema facilità, hanno recettori e facoltà cognitive più alte rispetto alla precedente generazione, spesso sono in grado di trovare chiavi di accesso anche quando queste vengono interdette. Sono gli under 18 quelli più esposti.
E c’è anche un’indagine Kaspersky a preoccupare, dato che, secondo questi dati, il 40% dei bambini italiani compresi in un segmento di età tra i 5 e i 10 anni sarebbe in grado di fornire informazioni private e sensibili a ‘conoscenze’ virtuali.
Internet, già di per sé, non è stata progettata per essere fruibile da bambini e adolescenti, se si considerano le finalità e gli aspetti commerciali, e anche sociali, pertanto è intrinsecamente pericolosa per loro. Comprese le piattaforme social, che non possono essere gestite dai più piccoli, dato che i collegamenti virtuali e il traffico di relazioni che permettono richiede filtri psicologici propri di un’età più consapevole.
E’ chiaro che non si vuole demonizzare internet, dato che non è la sussistenza di questo orizzonte digitale con tutte le sue frontiere ad essere in discussione. Qualora si prendessero le dovute distanze e si tutelassero le fasce di età più esposte, potrebbe anzi rappresentare un’eccellente opportunità di crescita, considerati i servizi che offre, e la possibilità di apprendimento su una serie praticamente sconfinata di discipline, e di conoscenza in genere. E’ quindi l’uso di questi servizi che deve trovare una sicurezza migliore per i più piccoli.
Sarà giunto il tempo di fare qualche bilancio in merito? Magari un bilancio da partita doppia, dove insieme alle opportunità di profitto che offre la rete, ci siano anche le ‘perdite’ sul piano umano e sociale, che sono poi quelle più cospicue.
La rete va bene, ma per i bambini è un mondo che si deve tenere a distanza di sicurezza.