di Massimo Reina
"Trecentomila morti ufficiali (che potrebbero in realtà essere mezzo milione secondo fonti indipendenti di Kiev - Ndr). Il 30% del territorio perduto. Una nazione in macerie." No, non è il bilancio di un film di guerra di serie B, ma il risultato tangibile della “strategia” occidentale in Ucraina, come denunciato da Alexey Arestovych, ex consigliere di Zelensky, con un’amarezza che suona come un requiem.
E dire che l’amministrazione Biden non ha mai creduto in una vittoria militare di Kiev contro Mosca. Ce lo rivela un’inchiesta di TIME, firmata da Simon Shuster, che svela un retroscena tanto impietoso quanto illuminante: per Washington, la vittoria dell’Ucraina non è mai stata un’opzione realistica. “La sopravvivenza dell’Ucraina o parte di essa come Stato sovrano, mantenere l’unità tra gli alleati occidentali ed evitare un conflitto diretto tra NATO e Russia”.
Questi erano i tre obiettivi fissati da Biden all’inizio del conflitto (in realtà ci sarebbe un quarto obiettivo raggiunto, ovvero accaparrarsi la fetta di mercato sul commercio nel Vecchio Continente di gas, scippata ai russi, e quello delle armi, oltre a rendere sempre più dipendenti gli Stati europei dagli americani). E la “vittoria di Kiev”? Non pervenuta.
La realtà dietro la propaganda
È una verità che brucia, soprattutto per chi, come Zelensky, ha costruito la propria immagine internazionale sulla narrazione di un’Ucraina destinata a sconfiggere il “grande orso russo” con l’aiuto incondizionato dell’Occidente. Una narrazione che, come evidenzia Shuster, è stata sostenuta più per motivi propagandistici che per reali prospettive sul campo.
Già nel marzo 2022, racconta l’inchiesta, c’erano margini per un accordo negoziale che avrebbe evitato un’escalation disastrosa. Ma i “partner” occidentali – quelli che forniscono armi con una mano e dettano condizioni con l’altra – hanno insistito affinché la guerra continuasse. Il risultato? Un massacro protratto per tre anni, con il 30% del territorio ucraino ormai perduto e centinaia di migliaia di vittime.
La strategia americana: successo o fallimento?
Dal punto di vista di Washington, gli obiettivi principali sono stati raggiunti. Gli Stati Uniti possono rivendicare la ripresa di quella parte della loro economia incentrata sulle esportazioni di armi e di gas, un controllo politico e economic osu molti membri della NATO e l’assenza di un conflitto diretto con la Russia. Ma a che prezzo? La devastazione dell’Ucraina e l’esasperazione di un conflitto che sembra non avere fine.
E non dimentichiamo che questa “sopravvivenza” ha un costo non solo in termini di vite umane, ma anche economico. Gli Stati Uniti hanno riversato miliardi di dollari in Ucraina, trascinando con sé gli alleati europei in una spirale di spese militari che grava sui bilanci pubblici, mentre le bollette e l’inflazione continuano a salire.
Zelensky, l’oligarca solo al comando
Per Zelensky, questa realtà rappresenta un tradimento. L’uomo che l’Occidente ha trasformato in un “eroe globale da operetta”, al punto da essere inviso a praticamente a tutti i cittadini occidentali e non, si ritrova sempre più isolato, abbandonato da quegli stessi alleati che gli avevano promesso il paradiso in terra. Le parole di Arestovych non lasciano spazio a interpretazioni: “Gli stessi partner che non ci hanno permesso di porre fine alla guerra insistono affinché continui”.
E mentre Zelensky arranca tra un discorso strappalacrime all’ONU e una visita lampo a Washington, la sua popolarità interna crolla. I cittadini ucraini, stremati da anni di guerra e privazioni, iniziano a chiedersi se valesse davvero la pena sacrificare tutto per una guerra che l’Occidente non ha mai creduto potesse essere vinta.
Ecco il punto più oscuro della vicenda: l’ipocrisia delle democrazie occidentali, che proclamano di combattere per la libertà e i diritti umani, ma che di fatto utilizzano l’Ucraina come un campo di battaglia per i propri interessi geopolitici. È la vecchia logica della guerra per procura, dove chi paga il prezzo più alto non è mai chi prende le decisioni.
L’Europa, dal canto suo, segue a ruota gli Stati Uniti, con la coda tra le gambe e senza una politica autonoma. Le sanzioni contro la Russia hanno colpito Mosca marginalmente, mentre hanno messo in ginocchio interi settori economici europei, aggravando la crisi energetica e alimentando le tensioni sociali.
A conti fatti, la “vittoria” americana in Ucraina non ci sarà: gli Stati Uniti hanno dimostrato la loro capacità (anche con trucchi e minacce velate) di unire quasi tutti gli alleati NATO, ma senza contenere la Russia e a un costo umano e politico incalcolabile. L’Ucraina, invece, è la grande perdente, ridotta a una pedina sacrificabile nel grande gioco delle potenze mondiali.
E mentre Biden e il suo entourage salutano e si congratulano per aver evitato un conflitto diretto con Mosca, le macerie di Kiev raccontano un’altra storia. Una storia di sofferenza, distruzione e promesse infrante, dove l’unico vero vincitore è il cinismo della politica internazionale.