Lezioni americane: per difendere la democrazia, meglio sabotarla, così “qualcuno” prepara il piano B
di Massimo Reina
Mentre in Italia i media mainstream e i nostalgici del PD si disperano per il ritorno di Trump alla Casa Bianca, oltreoceano i "poteri forti" stanno già preparando il terreno per delegittimare qualsiasi sua vittoria. Se ci fosse una lezione universale che l'ultima decade ha impartito, è che i princìpi della democrazia valgono solo finché vincono “loro”. Se i risultati dicono il contrario, allora le parole come "complotti," "interferenze" e "manipolazioni" risuonano come un disco rotto. Una democrazia a intermittenza, dove le elezioni sono valide solo se vincono "i buoni", mentre in caso contrario si grida al complotto.
Se non può vincere Harris, allora è colpa del Cremlino
Nelle elezioni americane, la tensione è palpabile. Giornali e televisioni asserviti al Partito Democratico insinuano dubbi sulla legittimità del voto. L’FBI, in un copione che ormai sembra uscito da una parodia, si inventa presunte minacce bomba provenienti dalla Russia, e insinua la possibilità di “influenze esterne”. Quando anni fa i DEM fecero votare anche i morti, lì invece nessuna interferenza, nemmeno dall’aldilà. La sceneggiatura si ripete, identica a quella messa in scena negli ultimi vent'anni anche in politica estera: se l’Occidente ad esempio invade, bombarda e uccide, è "autodifesa" o "prevenzione"; se lo fa qualcun altro, è "aggressione" e "tirannia". E così, mentre Trump si prepara a governare un Paese allo sfascio, ecco che i potenti di sempre affinano le armi.
Di certo non mancheranno i tentativi di sabotaggio. L’apparato, inclusi FBI e CIA, farà di tutto per trasformare ogni sua mossa in un potenziale rischio per la democrazia, così come la magistratura democratica è pronta a ogni attacco, lecito e illecito. Intanto, i colossi del mercato delle armi si agitano: un presidente che, come promesso, riduca le tensioni con Cina e Russia non è certo una buona notizia per il loro bilancio.
Rischio attentato e poteri forti in agitazione
E poi, come dimenticare la possibilità di un “incidente”? In fondo la storia americana non è nuova a episodi drammatici per rimuovere chi rappresenta una minaccia agli interessi dei poteri forti, e un nuovo attentato alla vita del Tycoon non è nemmeno quotato.
Nel frattempo, personalità come Elon Musk vengono associate a presunte influenze straniere solo per aver espresso opinioni non allineate al pensiero dominante. Si crea così un clima in cui il dissenso è visto con sospetto, e qualsiasi voce fuori dal coro rischia di essere silenziata o delegittimata.
Trump, insomma, da oggi avrà davanti a sé un compito arduo: ripulire i vertici dai sabotatori che troverà già in agguato. Ma sa che il suo mandato, se fosse realmente orientato a mantenere alcune promesse come quella di una de-escalation in Ucraina, di ristabilire rapporti diplomatici con Russia e Cina e di evitare conflitti inutili, sarà minacciato a ogni passo.
La verità è che gli Stati Uniti, intesi come lobby di certi establishment sembrano disposti a tutto pur di non perdere la supremazia. E noi, alleati europei, che accettiamo di farci trascinare in guerre inutili e costose, stiamo già pagando caro questo servilismo. La crisi economica morde le nostre economie, mentre la tensione sale e si rischia un conflitto senza ritorno. Alla fine, resteremo solo noi europei a chiederci se valeva la pena svendere la nostra autonomia e la nostra stabilità per inseguire le folli ambizioni di una superpotenza ormai fuori controllo.
Ad ogni modo, la vera sfida, per gli Stati Uniti di Donald Trump e per chi osserva dall'esterno, è dimostrare che la democrazia non è a senso unico e che il rispetto delle regole vale sempre, non solo quando conviene. Solo così si potrà evitare che le tensioni attuali degenerino ulteriormente, preservando la stabilità interna e internazionale.