di Monica Vendrame
In una Piazza San Pietro traboccante di emozione, il mondo ha dato l’ultimo saluto a Papa Francesco. Non solo un Pontefice, ma un uomo che – con semplicità disarmante – è riuscito a parlare al cuore di credenti e non, abbattendo distanze, pregiudizi, barriere.
Oltre 250mila fedeli si sono raccolti per le esequie, circondati da un silenzio denso e vibrante, interrotto solo dai lanci di rose al passaggio del feretro. Non è stato un semplice rito di commiato: è stato un abbraccio collettivo. Oltre 160 delegazioni internazionali hanno voluto essere presenti: capi di Stato, reali, autorità religiose e civili, tutti uniti da un rispetto che travalicava ogni protocollo.
Con abiti sobri, senza ostentazioni, le personalità presenti hanno scelto il linguaggio della discrezione, come avrebbe voluto Francesco: l’uomo che predicava una Chiesa "povera per i poveri", che ai politici regalava la “Preghiera del buonumore” di San Tommaso Moro, e che ai giovani ripeteva di non lasciarsi rubare la speranza.
Non era solo la folla dei fedeli a riempire Piazza San Pietro. Tra le prime file, si riconoscevano volti noti della scena internazionale: da Donald Trump e Volodymyr Zelensky, protagonisti di un breve incontro simbolico, a Emmanuel Macron, Giorgia Meloni, Lula da Silva. Accanto a loro, i reali di Spagna, rappresentanti di monarchie europee e i vertici delle grandi organizzazioni mondiali, come l'ONU e l'Unione Europea. Una presenza silenziosa e rispettosa, quasi a voler dire che, al di là di ogni confine politico, Francesco apparteneva a tutti.
A celebrare le esequie è stato il cardinale Giovanni Battista Re, che nell’omelia ha ricordato il suo incessante appello per la pace, in un tempo lacerato da conflitti e divisioni.
“Di fronte alle guerre, Francesco ha incessantemente implorato la pace”, ha detto Re, dando voce a quella che forse è stata la battaglia più grande di questo Pontefice venuto dalla fine del mondo.
In un gesto inedito, per la prima volta dopo oltre un secolo, la salma di un Papa è uscita dalle mura vaticane per raggiungere la Basilica di Santa Maria Maggiore. Un ultimo viaggio sulla papamobile riadattata, tra ali di folla commossa. Il feretro è stato tumulato in forma privata, in una tomba semplice, fra la Cappella Paolina e la Cappella Sforza, nel rispetto delle sue volontà.
In questi stessi giorni, Roma è animata dal Giubileo degli adolescenti. Tra la folla che si accalcava per un saluto, tanti volti giovani.
Alice, quindici anni, racconta: “Riusciva a farsi sentire vicino anche da lontano, con parole semplici che arrivavano dritte al cuore”.
Mattia ricorda il suo "no" deciso alla guerra, il suo "sì" alla pace.
E Luca sottolinea il sogno di Francesco: “Una Chiesa povera, per stare davvero accanto alla gente”.
Non è un caso se, anche oggi, tra le strade di Roma si respira un'aria dolceamara: quella di chi sa di aver perso una guida, ma anche di aver ricevuto un’eredità immensa fatta di gesti concreti, sorrisi, carezze.
Il questore di Roma ha parlato di un evento “svolto in modo impeccabile”, segno di un'organizzazione che ha saputo rispettare l'importanza e la delicatezza di questo giorno.
Con la tumulazione del Pontefice, sono iniziati i Novendiali: nove giorni di preghiera e di memoria, come previsto dalla tradizione apostolica.
Domani, i cardinali si riuniranno per attraversare la Porta Santa e rendere omaggio alla tomba di Francesco, nella Basilica che custodisce anche la sacra immagine della "Salus Populi Romani", tanto amata dal Papa.
Nel frattempo, nel mondo si intrecciano speranze di pace.
A margine delle esequie, si è tenuto un colloquio tra Donald Trump e Volodymyr Zelensky: uno scambio definito “produttivo” e “storico”, come a raccogliere l’eredità di pace che Francesco ha invocato fino all’ultimo.
E mentre cala il tramonto su Roma, resta viva nella memoria la Preghiera del buonumore, piccolo grande testamento spirituale di Francesco:
"Donami, Signore, il senso del buon umore.
Concedimi la grazia di comprendere uno scherzo per scoprire nella vita un po’ di gioia e farne parte anche agli altri."
Non era solo un Papa.
Era uno di noi.
E continuerà a esserlo.
Le scarpe consumate di Papa Francesco
E ora, nel silenzio che avvolge la città eterna, un’immagine resta impressa più di tutte: quelle scarpe consumate, con le quali Papa Francesco aveva chiesto di essere seppellito. Scarpe umili, segnate dai passi instancabili di chi ha portato, in ogni angolo della terra, un messaggio di speranza, giustizia, pace, dialogo, fraternità universale.
Le sue scarpe, povere e consunte, siano per noi il simbolo più eloquente del suo pontificato. Un monito vivo, incastonato nei nostri cuori, che ci ricorda chi non ha nulla, chi viene scartato da una società che esalta l’apparenza e dimentica i più fragili.
Quelle scarpe raccontano il profumo semplice e potente del Vangelo delle origini. E noi, oggi, diciamo: grazie, Francesco. ❤️