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Un atto d’accusa verso i suoi superiori gerarchici e non solo…

 

 

La Redazione

Tragedia a Pistoia nella mattinata di domenica 28 agosto: un maresciallo della guardia di finanza, Beniamino Presutti,  50 anni, si è tolto la vita  sparandosi con la pistola d’ordinanza. Il militare stava prestando servizio nella sede del comando provinciale di Pistoia delle Fiamme Gialle, dove era in turno alla sala operativa del 117.

Secondo quanto riferisce il quotidiano la Nazione, l’allarme è scattato poco prima delle 7, quando il finanziere aveva da poco concluso il suo turno. Immediati i soccorsi del personale della Misericordia di Pistoia e di Agliana, insieme al 118. Purtroppo, per l’agente non c’è stato nulla da fare.

L’uomo ha affidato ad una lettera i motivi del suo gesto spiegando come fosse legato solo a questioni di lavoro, che lo riguardavano, all’ interno del corpo della guardia di finanza, e ha precisato di non avere problemi di salute, né familiari, né economici.

Accuse pesanti alla Guardia di finanza quelle del finanziere, originario di Perugia ma in servizio a Pistoia, che si è tolto la vita. L’uomo, prima di spararsi, ha scritto una mail – che ha fatto arrivare a diverse testate giornalistiche.


 
 Il testo della lettera integrale

«Lo scrivente Presutti Beniamino, nato a Perugia il 20/04/1972, residente in Vitorchiano (Vt) via Bachelet e domiciliato in Pistoia, in via Foresi –Maresciallo Aiutante della Guardia di Finanza in servizio presso la Sala Operativa del Comando Provinciale di Pistoia - scrive la presente mail alcuni minuti prima del proprio decesso al fine di far conoscere le cause che lo hanno portato a prendere questa decisione.

Preciso che questo mio gesto è legato esclusivamente alle vicende lavorative in quanto non ho problematiche fisiche, familiari ed economiche.

Se sono arrivato a questo punto è perché nella guardia di finanza c’è una tensione altissima. La gerarchia vuole che agli occhi dell’opinione pubblica l’immagine del Corpo appaia perfetta, senza interessarsi minimamente del personale.

Nel mio caso, sono stato impiegato per più di 25 anni in una sala operativa, prendendo una specializzazione (Esi – Esperto per la sicurezza delle informazioni) e diverse qualifiche necessarie per poter operare in settori di servizio specifici ed ora, dopo aver ottenuto il trasferimento a Viterbo, (dopo quasi 29 anni di servizio e innumerevoli domande presentate) sono stato destinato ad un settore di servizio completamente diverso, che non ho mai fatto, nonostante ci siano uffici, (sala operativa e sezione operazioni) alla stessa sede, in cui è previsto l’impiego di personale con la mia specializzazione (e’ vero che alcuni di essi sono al completo come numero di militari ma non tutti hanno la specializzazione per potervi operare e pertanto sono “abusivi”).

Preciso che per i settori di servizio che dovrò affrontare ho ricevuto delle nozioni risalenti al periodo del corso di formazione frequentato da ottobre 1993 a luglio 1995.

Questo nuovo impiego, a cui sarà destinato, ha suscitato in me una forte tensione emotiva dovuta anche allo stress che ho accumulato nel corso degli anni di servizio poiché, sono stato impiegato anche in turni di 12/18 ore continuative o senza rispettare l’intervallo tra un turno e l’altro che deve essere di 11 ore (invece molte volte nella stessa giornata ho fatto 8/14 e poi 20/08 oppure 20/08 e poi 14/20).

Infine, chiedo ai miei cugini S. e M., di consegnare questa mail ai miei genitori.

Ai miei funerali non voglio che ci sia la rappresentanza della guardia di finanza ma solo gli amici, in abiti civili, che ho conosciuto nel corso degli anni travagliati che ho trascorso nel Corpo»

Beniamino Presutti 

Un rappresentate del Nuovo Sindacato dei Carabinieri ha così commentato:

“Anche se di un altro reparto, noi  del Sindacato non possiamo tacere. Abbiamo sempre avuto il dubbio, interloquendo con giornalisti e psicologi, sul fatto che la società rifiuti il concetto di parlare di suicidio che, a mio avviso e lo dico da profano, il senso del suicidio è proprio lì: non essere ascoltato.  Vivere il fallimento della propria vita è un segnale forte, è la volontà (suicidio) di far emergere la propria insoddisfazione e gridarlo al mondo. Lui si è sentito defraudato della sua professionalità, si è sentito sminuito, si è sentito attaccato in un posto dove lui non sa neanche che cosa sarebbe dovuto andare a fare. Cioè, uno specialista che ha fatto per tanti anni quel tipo di carriera, si sente un professionista, all’improvviso viene trasferito in un posto dove non sa fare nulla. E al suo posto specializzato, dice lui nella lettera, hanno invece messo gente non specializzata. Tutto ciò gli ha creato una grande sofferenza  psicofisica. Noi sappiamo che negli ambienti militari si esaltano la professionalità, l’onore, l’orgoglio, di essere, di primeggiare, la gara, la forza e, quindi, non ci può stupire se questo tipo di “oppressione” è stata vissuta dal collega  con una tale sofferenza, un tale dolore da ricorrere ad un atto così violento  e grave per soffocare la propria rabbia, delusione e sofferenza. Ci dispiace che non l’abbiano percepito prima, questo è uno di quei casi in cui, mi stupisce molto, che chi era preposto al dovere di comando non se ne sia accorto.  Questo è un grande dubbio”.

 

 

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