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Dottor Emilio Alessio Loiacono

Accanto a lei nessuno. Nel lettino solo un biberon, vuoto.

Un pannolino è sul letto matrimoniale: forse l’ha strappato e lanciato oltre le sbarre della culla. Un altro è sul davanzale, sporco e pieno di vermi.

Diana è morta di stenti e disidratata nella casa dove Alessia Pifferi l’ha lasciata alle 18.55 di giovedì 14 luglio. A quell’ora chiude il trolley e parte per Bergamo per andare dal nuovo compagno. Diana rimane chiusa in casa, come un soprammobile qualsiasi.

Gli investigatori in casa troveranno una boccetta di En, contenente il delorazepam, un principio attivo appartenente alla classe delle benzodiazepine, farmaci che riducono l’ansia e aiutano il sonno. La boccetta è vuota per tre quarti ed è posta su un mobile della cucina. Con molta probabilità mescolava il farmaco al cibo per dare alla piccola Diana dosi di ansiolitico per tenerla tranquilla, mansueta, evitando di sentirla piangere. E lo avrà fatto forse anche prima di partire e lasciarla sola. Forse è per questo che nessuno l’ha sentita piangere per una settimana: forse era completamente senza forze e sonnolenta, annientata da caldo, sedazione, paura, disidratazione e fame. O forse è solo perché siamo diventati così egoisti, che ci disinteressiamo persino di un bambino disperato.

Diana era gracile e aveva piaghe sul corpo. È morta sola. Di fame e di sete. In una casa chiusa a chiave, la sua prigione. Una tortura psicologica, prima che fisica. Pensate a quello che avete fatto nell’ultima settimana: in questo tempo immaginate una bimba di un anno e mezzo terrorizzata, in un caldo infernale, a morire lentamente di stenti, tra urina, feci e vermi, guardando le pareti di casa, girando in ogni stanza nel vano tentativo di trovare qualcuno che le desse un sorso d’acqua e chiedendosi agonizzante cosa stesse succedendo. Eh si, perché se lo sarà chiesto, più e più volte, piangendo senza forze. Ho un figlio poco più piccolo di lei e vi assicuro che capisce bene quello che gli succede attorno e se rimane solo per qualche secondo, va in giro per casa cercando disperatamente qualcuno.
Non era la prima volta che la donna chiudeva a casa da sola questa bimba e partiva. In principio per un giorno, poi due e infine una settimana. MA COME SI PUÒ?

Fino ad ora non ho usato il termine “mamma” perché no, mi dispiace, una mamma è un’altra cosa che non questa donna. Una donna che a quanto pare non voleva avere una figlia: poteva darla in adozione? Quante coppie sterili avrebbero accolto la povera bimba con l’amore che meritava?
Le indagini scopriranno se ci sono corresponsabilità da parte di parenti, vicini e servizi sociali, che forse potevano far qualcosa che non è stato fatto. Miei colleghi avranno il compito di scoprire se questa donna ha problemi psichiatrici, ma alcune sue dichiarazioni fanno pensare che lei fosse pienamente cosciente di quel che stava cagionando e che anzi sperasse nella morte di quello che lei considerava solo essere un peso da buttare via, nell’immondizia. Le indagini andranno avanti, ma nulla riporterà mai in vita questa vittima innocente della crudeltà degli adulti.

A questo punto spero solo una cosa: che a causa dei farmaci la piccola Diana si sia semplicemente addormentata per poi morire nel sonno, magari mentre sognava una mamma amorevole.

Quella che si meritava.

Quella che lei non ha mai avuto.

(da: "Medicina OnLine")

 

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