di Monica Vendrame
Durante la pandemia di Covid-19 le “attività essenziali” sono sempre rimaste in funzione.
L’approvvigionamento dei beni è risultato, però, spesso difficoltoso e non tutti i clienti hanno mantenuto il loro livello di spesa.
Così molti negozianti, pur tenendo aperti i propri esercizi commerciali, hanno visto stravolgere il proprio lavoro e hanno dovuto adattarsi rapidamente ai cambiamenti per cercare di sopravvivere e, allo stesso tempo, aiutare il prossimo.
Come Leonardo Paoli, titolare di un’attività di vendita e assistenza computer, aperta quattro mesi prima dell’inizio dell’emergenza coronavirus.
Ecco la sua testimonianza:
«Mi chiamo Leonardo Paoli ed abito a Torino. Nel novembre 2019 ho aperto il negozio “Player On Pc”. Posso dire di aver vissuto quasi sempre, lavorativamente parlando, in una situazione di Covid. Credo che, se dovessimo tornare alla normalità sarebbe quasi un nuovo inizio per me e per i miei colleghi. Il problema grosso di questo lungo periodo è stato lo stravolgimento della normalità. Nel nostro settore, nonostante sia classificato come “servizio essenziale”, che dovrebbe, quindi, funzionare regolarmente, i problemi sono stati enormi. Dall’inizio della pandemia, abbiamo continuato a lavorare ogni giorno. Durante il 2020 credo di aver fatto tre giorni di ferie, oltre le domeniche. La cosa che mi ha segnato di più è stata proprio all’inizio del morbo, quando siamo stati costretti a rimanere aperti. Dico “costretti” - sottolinea - perché non arrivavano aiuti. Essendo classificati come attività essenziale, lo Stato non prevedeva alcun “ristoro” tramite i decreti. Non aver nessun tipo di aiuto significava dover continuare a lavorare, per quanto possibile: venire in negozio tutti i giorni, andare dai fornitori e dai clienti, muoversi in un mondo che era diverso. Una cosa che mi ha colpito tanto durante questo periodo è stato quello di avere a che fare con le persone che volevano acquistare un computer: chi per lavoro o per necessità, si trovava di punto in bianco a dover lavorare in smart working, o seguire dei corsi di formazione per una perdita improvvisa del lavoro. E cercava di acquistare da noi, pur non avendo la possibilità economica di farlo. Ad un certo punto, abbiamo pensato di realizzare, gratuitamente, delle macchine con rottami da smaltire che avevamo in magazzino, cercando di assemblare qualcosa che potesse funzionare, da dare alle persone che ne avevano bisogno. Non lo abbiamo mai fatto per una questione di riconoscenza. Personalmente ho capito che - conclude il signor Paoli - tutti quanti noi, nel nostro piccolo, in un momento come questo, dobbiamo cercare di pensare a cosa possiamo fare per gli altri. Perché la realtà è che, ora come ora, con i soldi, con tutto, fai poco. Quando in gioco ci sono la salute e la vita delle persone, i soldi non contano nulla».