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di Annamaria Emilia Verre

Quale espressione se non quella tratta da “Il Piccolo Principe” di Antoine de Saint Exupéry riportata nel titolo dell’articolo, possa meglio caratterizzare l’oggetto in questione: IL MINORE.

E’ un argomento molto delicato, la figura di un soggetto estremamente vulnerabile ,che necessita tutela e protezione.

Da un punto di vista legislativo per “minore”  si intende “Colui il quale ha un’età inferiore ai 18 anni”.

Ricomprende quella fascia di età che dovrebbe essere caratterizzata dalla spensieratezza e beatitudine, da alcuni definita “paradiso perduto” o “età dell’oro”. Ma, purtroppo, non tutti i bambini hanno la fortuna di viverla come tale.

Ormai si sente parlare quasi tutti i giorni di “violenza sui bambini”. Un fenomeno drammatico. La violenza gratuita su di essi è molto diffusa, anche all’interno delle mura domestiche: troppi bambini e ragazzi vivono in un clima di tensione, paura e maltrattamenti che lasciano in loro segni  indelebili, e, laddove non vengono uccisi, vengono deprivati dal loro diritto di essere bambini spensierati, vengono violati nella loro crescita. Un bambino ha bisogno di protezione e tutela e non ha gli strumenti per gestire queste forme di invasioni fisiche e psichiche. 

Quanti episodi di abusi sessuali, percosse , violenze fisiche di ogni genere di cui sono vittime bambini e adolescenti, anche da parte di chi, invece, avrebbe dovuto prendersene cura. Là dove riusciranno a sopravvivere, porteranno dentro  il peso della verità e il terrore di tutta quella violenza. I lividi passeranno, ma le ferite dell’anima rimarranno per sempre.

La violenza, però, non è solo fisica. Esiste anche una violenza c.d. “indiretta”, quella psicologica e verbale, la quale apporta gli stessi effetti nefasti.

Assistere alla ferocia degli adulti ha degli esiti psicopatologici a breve e a lungo termine non indifferenti.

I danni causati dalla violenza fisica e dagli abusi sessuali commessi dagli adulti sui bambini sono, relativamente, conosciuti dagli operatori psico -socio -sanitari.  Molto meno noti sono i danni riportati dai bambini spettatori di violenze fisiche e sessuali commessi da un genitore verso l’altro (normalmente commessi dal padre verso la madre) portando in alcuni casi alla morte della vittima. Si parla di “violenza domestica”. Pensiamo ad immaginare il mondo con gli occhi di un bambino al quale viene portato via, uccisa, il suo bene più prezioso: la mamma, dalle mani di una persona che è uno dei suoi punti di riferimento: il suo papà. Terribile!

Ancora del tutto quasi sconosciuti sono i danni prodotti dai “semplici litigi”, cioè, quelli privi di grave violenza fisica che avvengono in molte famiglie. Genitori separati, che usano come modalità per relazionarsi una grave violenza verbale. Spesso considerando i loro figli come merce di scambio. Si parla di “violenza assistita”. Poi ci sono quei bambini lasciati soli, semplicemente perché, i genitori non sanno o non vogliono parlare con loro o, semplicemente, non vogliono ascoltarli per “mancanza di tempo” essendo loro stessi vittime della società frenetica, dei social e dei selfie.

I genitori sono i primi a sottovalutare i danni della “ violenza assistita” sui figli. Molte mamme picchiate quando sono interrogate sulla possibile percezione che tutto questo può avere sui figli rispondono che “i bambini dormono” o “sono in un’altra stanza” o “non sentono”. Bisogna sfatare il luogo comune “il bambino è piccolo, non capisce”.

Non solo vedere la violenza ha un impatto doloroso, confondente e spaventoso per i bambini, ma è anche percepire la tristezza, la disperazione, l’angoscia, il terrore della vittima.

Spesso i bambini si sentono responsabili degli scontri fra i genitori, fino ad annullare in loro stessi le risorse e le capacità di coping, inducendo forti sentimenti di fallimento.

I bambini possono sviluppare comportamenti “adultizzati” diventando così, i protettori della vittima. Tentando, anche, di difendere la loro mamma ed essere accidentalmente feriti. Possono avere continui pensieri su come prevenire la violenza e, mettere in atto comportamenti volti a calmare il maltrattante. Questi bambini soffrono di un senso di autostima molto basso, hanno capacità empatiche ridotte, capacità intellettive danneggiate. In adolescenza compaiono conseguenze diverse a seguito del maltrattamento domestico cronico. Esso è un produttore lento, ma inesorabile di sintomi depressivi che possono anche culminare in comportamenti suicidari. I ragazzi che si identificano con il padre imparano a credere che la violenza contro le donne sia un modo di comportarsi virile e accettabile. Le piccole vittime di” violenza assistita” apprendono che l’uso della violenza è normale nelle relazioni affettive e che l’espressione di pensieri, sentimenti, emozioni, opinioni è pericolosa in quanto genera violenza.

A tal proposito, è importante sapere che una ricerca sul “bullismo” a scuola ha dimostrato che il 61% dei bambini di “violenza assistita” diventano bulli e ,che il 71% dei bambini che a scuola sono vittime di bullismo subiscono violenza assistita in famiglia.

Non tutti i soggetti che hanno subito esperienze violente nell’infanzia riportano lo stesso tipo di conseguenze. A parità di esperienza traumatica, qualcuno ce la fa, altri soccombono sviluppando una serie di problemi e sintomatologie difficilmente curabili o superabili. Stiamo parlando di ciò che rende un bambino e, quindi, un futuro adulto, “resiliente” cioè, capace di “resistere” passando relativamente indenne a situazioni altamente problematiche o traumatiche.

Da un punto di vista legislativo diverse sono le normative, internazionali e nazionali, a tutela dei minori. Il legislatore italiano, ad esempio,  ha sancito la Legge n° 4 del 2018 a tutela degli orfani vittime di crimini domestici. Essa introduce nuovi strumenti di tutela dei figli, siano essi minorenni o maggiorenni non economicamente sufficienti, rimasti orfani in seguito ad un crimine commesso nei confronti del genitore dal coniuge, anche se separato o divorziato, da chi è o era parte di unione civile o, comunque, da colui il quale era parte di una relazione di tipo sentimentale che è sfociata in una convivenza. I dati relativi a questo tipo di crimine, in particolare vittime di “femminicidio”, sono preoccupanti nel nostro Paese. I figli orfani meritano una attenzione specifica vista la drammaticità della loro condizione conseguente a questa tipologia di delitti ,e la L. n° 4/2018 ha colmato questo vuoto di tutela.

Non è sempre facile cogliere i segnali di allarme, perché i bambini che subiscono queste forme di violenza difficilmente lo esprimono attraverso il canale verbale, il più delle volte “parlano” con lo sguardo, con il linguaggio del corpo, con i giochi o i disegni.

E’ importantissimo parlare con i bambini di queste tematiche. Dire sempre loro la verità utilizzando termini giusti in base alla loro età. Non bisogna far perdere loro la fiducia nell’adulto. Bisogna far capire loro che anche se c’è qualcuno che fa del male, c’è sempre chi li tutela e li protegge. Bisogna abituarli a parlare di tutto, a raccontare ciò che capita anche quando hanno paura. Bisogna effettuare un lavoro di prevenzione, poiché ciò che salva e tutela un bambino è la rete: dove non arrivano i genitori devono arrivare i parenti o gli insegnanti.

 

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Info Autore
Annamaria Emilia Verre
Author: Annamaria Emilia Verre
Biografia:
Annamaria Emilia Verre, libero professionista, vive a Rende (Cosenza). Ama la musica, il teatro e la lettura. BREVE CURRICULUM: Master in giustizia minorile, esecuzione penale, giustizia riparativa e solidarietà sociale con la Giunty Academy; attestato in Minori stranieri non accompagnati; tutela volontaria; accoglienza e inclusione presso la Cittadella regionale (Cz); attestato in Tutela contro la tratta di persone e i minori non accompagnati; tutela giuridica e sociale (Cs); seminario in Minori e nuove tecnologie (università di Bergamo). E-mail: annaverre@yahoo.it
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