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Esistono luoghi che tu puoi chiamare casa pur essendo sprovvisti di solidi muri e tetti che ti riparano dalla pioggia. Esistono famiglie costituite da persone senza alcun vincolo di parentela, famiglie che si riuniscono alle 9, ogni sabato, in un parco per correre o camminare insieme 5 chilometri, i quali possono essere facilissimi o durissimi da affrontare, e questo a seconda dell’ età, delle capacità o semplicemente dalla voglia e dal tempo che si ha a disposizione quel giorno. Questi luoghi e queste famiglie, composte quest’ultime anche dai tanti volontari che con la loro presenza rendono possibili questi eventi, hanno un nome, ed è un nome inglese scritto rigorosamente in minuscolo: parkun.


Ma procediamo con ordine, dalle origini:
Il 2 ottobre 2004 uno sparuto gruppetto di podisti amatori guidati da Paul Sinton-Hewitt si ritrova a Bushy Park, un parco a Sud Ovest di Londra per dare vita al Bushy Park Time Trial, una corsa gratuita cronometrata della lunghezza di 5 km. Entro breve il nome sarebbe mutato in parkrun e questo evento avrebbe preso prepotentemente piede fino a comprendere quasi 2000 parchi in ventidue paesi sparsi nei 5 continenti ed una comunità costituita da milioni di corridori e volontari, pur mantenendo come segni distintivi l’assoluta gratuità e la non competitività.


Il motivo di questo enorme successo risiede nel senso di comunità e solidarietà che questi eventi riescono a creare; il coinvolgimento emotivo è notevole, la corsa forse solo un dettaglio per i più. In queste corse puoi trovare da campioni del calibro di Paula Radcliffe al vecchietto con nipotini al seguito, alla mamma con la carrozzina. Nessuna gara, solo la voglia di esserci e di godere di una sana attività fisica all’aria aperta e di un’ottima compagnia. Condivisione, questa è la vera ed unica parola d’ordine.


Funziona così: alle 8 di ogni sabato mattina e con qualsiasi tempo atmosferico tre o quattro volontari addetti alla preparazione dell’evento perlustrano il percorso alla ricerca delle eventuali criticità e mentre lo fanno adagiano sul suolo dei piccoli coni di colore arancione, questo per delimitare il percorso, e inoltre piantano delle frecce che permetteranno ai corridori/camminatori di non perdersi. Ritornati al punto di partenza il Run Director, il direttore di corsa nominato dal responsabile fisso dell’intero evento, chiamato Event Director, assegnerà gli altri ruoli ai volontari che nel frattempo sono arrivati. Questi ruoli comprendono tra gli altri: il cronometrista, l’addetto allo scanner e quello ai token, i marshals, il camminatore di coda. Alle 8:55 il Run Director, riconoscibile da un gilet bianco, comincia ad illustrare il percorso e ad impartire delle istruzioni di base in un briefing di un paio di minuti e la cui traduzione in inglese (vista la numerosa presenza di parkrunners stranieri) è spesso affidata ad un volontario madrelingua o ad uno che conosce bene l’idioma. Alle 9 in punto, dopo le foto di rito, i corridori/camminatori si avvicinano alla linea di partenza e aspettano il via che verrà dato dallo stesso direttore. Solo alcuni avranno l’ardire di far partire i loro costosissimi cronografi personali, coloro che hanno una sfida in corso con sé stessi, quelli che vogliono migliorare i loro tempi che, l’organizzazione attenta di parkrun custodisce in un prezioso database aggiornato con puntualità dopo ogni evento. Gli altri, anziani, bambini e coloro che hanno soltanto voglia di farsi una passeggiata cominciano pian piano ad affrontare il percorso sia esso fangoso o arido a seconda del tempo e delle stagioni. Dietro di loro con il convenzionale gilet arancione troviamo il camminatore di coda: colui che chiude le fila e che controlla che tutto si svolga senza intoppi. Durante il percorso i partecipanti ricevono l’applauso e l’incitamento dei marshals posizionati nei vari punti strategici del percorso, punti nei quali vi è la remota possibilità di sbagliare strada. All’arrivo, mentre un cronometrista avrà cura i prendere i tempi, un altro volontario consegnerà a chi man mano arriva un token, una specie di gettone con un numero progressivo che indica la posizione ottenuta. Questo “tokens”, unitamente ad un codice a barre che i partecipanti avranno stampato dopo la necessaria registrazione al sito di parkrun, verrà consegnato ad un altro volontario il quale farà convolare a giuste nozze tempi e posizioni. I parkrunners più esperti o coloro che ne hanno sentito la necessità o il desiderio avranno acquistato un braccialetto con il codice a barre di cui sopra impresso. Di solito tra i primi arrivati e gli ultimi passa oltre un’ora, ma nessuno sembra preoccuparsi dell’attesa poiché, nel frattempo, viene organizzato il cosiddetto “terzo tempo”: forse la parte più bella dell’evento. E’ un momento di condivisione e risa, di bicchieri di prosecco che si susseguono per festeggiare qualsiasi tipo di ricorrenza (anche inventata) e fette di torta dall’apporto calorico doppio rispetto alle energie spese. Poi con calma, con molta calma, dopo aver sistemato il percorso, tutto finisce... ma poi che fai un caffè al bar non te lo vai a prendere? Sono solo le 12…


Queste manifestazioni si sono diffuse in Italia grazie a Giorgio Cambiano, un insegnante palermitano che nel marzo 2014 incontra in un caffè di Windsor Paul Sinton-Hewitt, il vero padre di parkrun I due trovano subito una certa intesa e a Giorgio viene data la possibilità di importare in Italia questa iniziativa: nasce a maggio 2015 Uditore parkrun (dal nome di un parco palermitano dove si terrà il primo evento italiano assoluto), grazie anche al prezioso apporto di Aldo Siragusa, esperto runner ed organizzatore di gare Trail. Da lì il fenomeno ha preso notevolmente piede nella nostra penisola, infatti attualmente gli eventi attivi sono 18 in varie regioni e molti altri sono in attesa del via.


A Roma gli eventi sono due: Caffarella e Pineto, quest’ultimo il primo parkrun inaugurato nella capitale. Il parco del Pineto si trova nella zona nord della capitale ed offre a tutti coloro che lo frequentano una vista mozzafiato sulla cupola della basilica di S. Pietro. I volontari dell’associazione Pineto nel Cuore lo rendono un posto piacevole per una passeggiata, una corsa, quattro chiacchere seduti in una delle numerose panchine da loro amorevolmente dipinte. In questo periodo reso difficile dalla diffusione del virus ovviamente i parkrun sono sospesi in quasi tutto il mondo ed anche il Pineto parkrun è fermo ai blocchi, lasciando un senso di vuoto nei partecipanti abituali e non. Come non rimpiangere i briefings timidi e sbrigativi di Salvatore Vassallo, Event director, che insieme alla moglie Roberta Pastorino costituisce il vero fulcro dell’evento; le avvolgenti e coinvolgenti traduzioni di Jennifer Stripe che, malgrado sia piuttosto giovane, vanta un’ esperienza come parkrunner che risale al 2013 quando cominciò a Walthamstow, zona nord est di Londra, per poi spostarsi a Mile End per dare possibilità al figlioletto Gabriele di prendere parte alle Junior parkrun; le ripetute vittorie di Luigi De Luca, un vero recordman per tempi e presenze, parkrunner italiano dell’anno 2019 per i suoi straordinari risultati e la sua incredibile assiduità. E mancano pure i volti ed i sorrisi dei tanti volontari e partecipanti: Rodrigo, Marco, Fabio, Silvano, Ugo, Andrea, Sabrina, Beatrice, Cristina, Amber, Gilberto, il giovane Riccardo, il fotografo Emanuele Musolino e, naturalmente, tutti gli altri. Il filo però non si è totalmente interrotto: infatti in questo periodo contrassegnato dall’emergenza sanitaria è stata data vita ai (non)parkrun, corse in solitaria sui 5 km fatte durante la settimana con il solo scopo di mantenere accesa almeno la speranza che un giorno ci si possa riabbracciare e correre fianco a fianco. Pineto parkrun detiene il record in Italia per eventi virtuali ed il merito quasi esclusivo va ascritto alla già citata Jenny che non ha mai mollato un centimetro anche quando sarebbe stato molto più facile farlo.
Ah, dimenticavo…. cosa si vince? Nulla. Fatta eccezione per delle maglie che vengono spedite gratuitamente a casa direttamente dall’Inghilterra ai volontari dopo 25 parkrun, ai corridori camminatori dopo 50, 100, 250 e 500 corse e a dei momenti indimenticabili da trascorrere insieme.

 

 

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