di Giovanni Macrì
Questa volta è toccato all’India stare per ore e ore incollata alla Tv e pregare che tutto si risolvesse per il meglio.
A febbraio di quest’anno era stato il Marocco a soffrire per il piccolo Ryan, un bimbo di 5 anni caduto in un cunicolo a 32 metri di profondità. Dopo 100 ore di estenuanti, ma inutili tentativi per riportarlo ai suoi cari, non ce l’ha fatta. I soccorritori sono stati impegnati in una corsa contro il tempo per cercare di raggiungere il bambino, scavando financo con le mani un percorso in orizzontale per evitare il rischio di crolli.
Medesima sorte, nel giugno 1981, era capitata al nostro piccolo Alfredino Rampi, anch’egli precipitato in un pozzo artesiano, zona Vermicino (Roma). Anche qui la corsa contro il tempo non era stata vinta dai soccorritori.
L’India, invece, dopo più di 100 ore di preghiera, angoscia e apprensione ha potuto tirare un sospiro di sollievo.
Al quinto giorno, i soccorritori hanno avuto la meglio sul destino che stava accompagnando il piccolo Rahul Sahu, un bambino di 11 anni, tra l’altro sordo muto, rimasto imprigionato in un pozzo artesiano del cortile di casa sua nel villaggio di Pihrid, nello stato del Chhattisgarh (India).
Si sono adoperate quasi 500 persone, tra operatori dell’esercito e della National Disaster Response Force (NDRF) e la Protezione Civile Indiana.
Monitorato per tutto il tempo, dopo che era scattato l’allarme, da una telecamera e ossigenato da sofisticate apparecchiature che erano riusciti a fargli arrivare alla profondità di 24 metri, dove si era arrestata la sua caduta. Oltre i soccorritori dall'alto, arrivati da tutto il paese, nell'antro buio illuminato poi con una luce artificiale, gli hanno tenuto compagnia una rana e un serpente. È rimasto così sdraiato lì sotto, nella melma per tutto il tempo. Solo e senza poter comunicare la sua caduta con un qualsivoglia grido causa il suo handicap.
Per tirarlo fuori è stato scavato, come in Marocco, un tunnel parallelo al pozzo. Anche il maltempo ci ha messo del suo, ostacolando le operazioni, ma i soccorritori non si sono mai arresi, combattendo non solo contro il tempo, ma anche contro serpenti velenosi e scorpioni disturbati dallo scavo.
Cinque giorni di angoscia che si sono risolti, questa volta, con un lieto fine. Un boato di commozione e gioia si è levato quando la macchina soccorritrice è riuscita a tirare fuori il piccolo dal cunicolo in cui era scivolato.
Disegno divino, fortuna, destino, bravura dei soccorritori, chi potrà dire cosa. Sta di fatto che Rahul è stato estratto in buone condizioni.
Complimenti a tutti coloro che si sono adoperati per questo successo che ha il sapore del “miracolo”. Le precedenti morti dei piccoli, che come Rahul si son trovati nella stessa situazione, forse, hanno insegnato qualcosa. In Italia, a seguito della morte di Alfredino Rampi, è nata la “Protezione Civile”.
(foto web)