di Paolo Russo
Storica sentenza del Tribunale di Padova che riporta tra le motivazioni del reintegro, di un sanitario sospeso, termini quale dignità e necessità legati al diritto di lavorare.
Una operatrice sociosanitaria sospesa perché ha scelto di non vaccinarsi, madre di due figli di cui uno minore e con un mutuo da pagare per l'abitazione principale ha intrapreso un'azione giudiziaria presso il Tribunale di Padova chiedendo di “essere reintegrata in servizio, anche con mansioni inferiori, eventualmente anche a condizioni di sottoporsi a tampone rapido ogni due giorni oppure anche ogni giorno, con pagamento di tutte le retribuzioni arretrate. Dal punto di vista del periculum in mora, espone di essere madre di due figli, di cui uno minore, e di essere onerata dei ratei di un mutuo ipotecario ottenuto per l’acquisto dell’abitazione principale”.
Il giudice Roberto Beghini ha argomentato in maniera puntuale le sue ragioni ribadendo come il vaccino non protegga in nessun caso dal rischio di contagiare o di essere contagiati. Una condizione che fa apparire persino paradossale l'estensione della scadenza al 31 dicembre 2022 dell'obbligo vaccinale per gli operatori sanitari. Ha inoltre ribadito come il lavoro rappresenti un diritto per far fronte alle necessità economiche della famiglia.
Il Tribunale di Padova ha accolto il ricorso ed "ordinato alla resistente di far riprendere immediatamente il lavoro alla ricorrente, a condizione che ella si sottoponga a proprie spese, per la rilevazione di SARS-COV-2, al test molecolare, oppure al test antigenico da eseguire in laboratorio, oppure infine al test antigenico rapido di ultima generazione, ogni 72 ore nel primo caso ed ogni 48 negli altri due" sconfessando totalmente la linea del governo che appare sempre più iniqua e antiscientifica.
Nei precedenti articoli abbiamo più volte riflettuto sulle ragioni politiche di una linea che è apparsa più punitiva e educativa che clinica chiedendoci che fine avesse fatto la magistratura. La sentenza del 28 Aprile però ridà fiducia a milioni di famiglie emarginate dallo Stato e che presto, se la sentenza di cui abbiamo parlato farà giurisprudenza, potranno vedere riconosciute la dignità che meriterebbero perlomeno in ogni paese democratico.