di Ivana Orlando
Per chi abusa, attuando un abuso delle “parole” (scusate il gioco di parole) ha un anno per riflettere su quali parole usare e dosare.
Questo è il periodo dell’articolo 595 del Codice penale che condanna ad un anno per il reato di diffamazione. Spesso si sottovaluta il pettegolezzo, come un passatempo, come uno “stile” di vita che rispecchia, riverbera un determinato intelletto.
Possiamo, enfatizzando, definire “complici taciti” coloro che passivamente non contrastano tal reato.
Oltre a ledere la reputazione della stessa vittima, anche il luogo in cui si attua tal reato potrebbe essere reputato ostile e degradante, soprattutto se trattasi di un luogo pubblico.
Siamo pregni di violenza sia verbale che comportamentale ed anche visiva.
Il pettegolezzo reiterato e con più persone diventa diffamazione, si tinge di rosso. Le parole possono essere anch’esse violenza.
Purtroppo la violenza verbale è una realtà, come quella psicologica. Le parole divengono rosse, i silenzi complici e i luoghi inermi testimoni.
Siamo colmi di: panchine rosse, di scarpe rosse, di parole rosse, ma spesso nessuno le indossa, nessuno le zittisce, nessuno ci si siede. Rimangono, a volte, collocate nei loro spazi, davanti un davanzale, su un prato verde e su bocche inette.