Dopo l'uscita dell'articolo dedicato al compleanno di Domenico Iannacone "L'anello debole che rende liberi"
sono stato contattato in privato da una spettatrice, molto attiva socialmente, Emiliana Ragno, che stava per lanciare una petizione online con la quale si richiede il passaggio in prima serata della trasmissione televisiva del giornalista intitolata "Che ci faccio qui".
Una richiesta lecita. Un'iniziativa basata sul gusto personale della richiedente, certo, ma sostenuta oggettivamente anche dai dati. Nonostante la fascia oraria infelice nella quale viene trasmesso, infatti, l'appuntamento firmato da Iannacone, raggiunge picchi di ascolto molto importanti e anche le visualizzazioni su Raiplay lasciano intendere l'ampio seguito che le delicate e attente opere dell'autore molisano muovono e richiamano.
Non a caso, nei giorni scorsi, il consigliere d'amministrazione Rai, Riccardo Laganà ha avuto modo di definire questo progetto televisivo come uno "straordinario ed esemplare servizio pubblico".
Quindi perché non chiedere e sperare che passi in prima serata?! Non è che non sia mai successo, anzi: programmi di alta qualità e di utilità sociale come "Amore Criminale" e, prima ancora, come "Chi l'ha Visto" hanno conquistato l'orario di massima visibilità sul canale 3 della televisione pubblica. E non solo quelli.
RaiTre è il canale del servizio pubblico dedicato all'approfondimento giornalistico e culturale e ha senza dubbio sia la vocazione sia la capacità di palinsesto e di affinità col pubblico, per dedicare spazi di maggiore attenzione mediatica a programmi come questo.
Sicuramente l'autore e il suo staff se lo meritano, decisamente.
Visto però l'andamento della petizione, che cresce ma non decolla, forse a non meritare la prima serata è il suo pubblico, siamo noi telespettatori.
Deve essere un problema legato all'insonnia generalizzata oppure a una "gelosia conservativa".
Passatemi la provocazione ma quando vedo i numeri legati agli ascolti, alle visualizzazioni sui social, all'affetto dimostrato verso Iannacone sui suoi profili Facebook e Instagram e poi li confronto con le firme raccolte a sostegno dell'iniziativa di Emiliana Ragno mi viene in mente quell'atteggiamento, molta italiano, di chi acquista un bel libro di poesie e poi, però, non lo presta, non lo regala, non lo suggerisce agli amici, come se dovesse proteggerlo, attraverso questo atteggiamento di "avidità", dal consumarsi... come se condividere la felicità rischiasse di rovinarla.
Forse mi sbaglio e chi legge ha modo di dimostrarmelo cliccando qui Petizione per "Che ci faccio qui" in prima serata inserendo i propri dati per sottoscrivere la raccolta firme e poi condividendo.
Sono una persona strana che è felice quando scopre di sbagliarsi: rendetemi felice, per favore, firmate la petizione! Che la felicità si moltiplica se si condivide, non si sciupa.