....e ci sono libri da cui non si esce indenni.
Uno di questi è Jezabel di Irène Némirovsky.
La scelta del titolo presenta la protagonista. Jezabel è la madre crudele e perversa della tragedia raciniana Athalie, la seduttrice per antonomasia, una donna che non vuole arrendersi al passare del tempo, resa folle dalla vanità, mangiatrice di uomini, mai paga delle conquiste maschili.
Un romanzo di una modernità sorprendente, Jezabel, che potrebbe essere stato scritto oggi, se non fosse evidente l’ambientazione dei primi anni del novecento; la sua protagonista, Gladys Eysenach, è un’eroina negativa, una donna egoista che pensa solo a se stessa, ossessionata dalla paura di invecchiare, incapace di accettare il tempo che passa. Una donna smaniosa dal desiderio di essere amata, sente di esistere solo quando lo sguardo di un uomo si poggia ammirato su di lei.
Tutto quello che fa, che dice, che pensa, tende a questo. Solo a questo.
Gladys diventa madre perchè ha una figlia. Ma l'avere una figlia non la farà diventare una madre.
Gladys è un personaggio difficile da accettare. Non le si può perdonare l'egocentrismo mostruoso. La superficialità dei desideri. Ma soprattutto non le si può perdonare la totale mancanza di istinto materno. Gladys fa quasi orrore. Perchè una donna senza istinto materno è vista, sentita, vissuta come un errore della natura. Un mostro. Un essere non umano.
Grande, grandissimo capolavoro di questa scrittrice di enorme talento, dove ancora una volta si intravede il tema di quanto dolorosa e devastante possa essere, in particolare per una donna, una relazione malriuscita con la propria madre.
Come dice Leonetta Bentivoglio, giornalista di Repubblica “Per la protagonista di Jezabel, Irène contò su un ottimo modello: tutto di Gladys, incluso il rigetto “mortificante” dell’essere nonna, somiglia all’autentica madre della Némirovsky, scrittrice profetica anche nell’anticipare l’indifferenza della propria genitrice verso le due nipoti. Egoista sino alla perversione, fiera di trascurare la figlia per i suoi molti amanti, rabbiosamente assorta nel tentativo di arginare il declino della propria femminilità, la madre della Némirovsky morì centenaria, dopo aver rifiutato di occuparsi delle figlie della defunta Irène scampate all’Olocausto. Spetta alla letteratura la nemesi che non riuscì alla vita”.
Il romanzo si apre con un prologo, in un’aula di tribunale a Parigi in cui si svolge il processo a Gladys Eysenach, accusata di aver ucciso il giovane ventenne Bernard Martin. Al lettore Gladys appare come una figura fragile, dimessa, senza alcuna reazione, non si difende, non cerca attenuanti, ammette l’omicidio e vuole che tutto finisca al più presto.
Ma da qui comincia in flashback il racconto della sua vita, da primo ballo in società fino ad arrivare alla sera del delitto e tutta la compassione che si prova per lei nel primo capitolo scompare pagina dopo pagina, ed alla fine si prova solo un profondo disgusto per una donna che non mostra il minimo pentimento, nessun rimorso per gli orrori commessi nel passato
Ben presto, la giovane Gladys, comprende cosa vuole dalla vita: vuole essere adorata, amata, vuole i gli uomini ai suoi piedi. Non le importa amare, amare è solo uno spreco di energie, è essere amata ciò che conta. Come un cocainomane davanti all’eroina, Gladys non può fare a meno di circondarsi di uomini innamorati, delle loro avances e delle loro smancerie… ma è ben conscia che tutto questo è destinato a finire con l’incalzare della vecchiaia tanto da rifiutarne anche il solo pensiero, rendendosi via sempre più patetica e assurda.
Gladys, è un involucro vuoto, senza cuore, senza scrupoli, per lei conta solo l’apparenza, la pelle liscia, il trucco perfetto, i vestiti eleganti, i gioielli sfarzosi.. non prova nessun sentimento; una donna che innalza la bellezza e la vanità al primo posto nella sua vita, prima addirittura di sua figlia; non riesce ad essere madre, perché una figlia è solo una minaccia alla sua giovinezza, anno dopo anno, quando smette di essere un pupazzo da mostrare in giro; non può essere amica, perché ogni donna è una rivale, una concorrente, un’avversaria. Una donna senza scrupoli schiava di ciò che di più effimero c’è al mondo.
Libro crudele, questo, per chi ha difficoltà ad accettare il tempo che passa, l’evidenza di un cambiamento inevitabile. Ci illudiamo che certi pensieri non ci appartengono, certe cose non le vogliamo sentire, ma sappiamo essere lì, nel profondo della nostra anima, e dovremmo prenderne consapevolezza per metterci al riparo dal patetico e dal tragico che una fuga come quella di Gladys promette a chi non fa i conti giusti con i tempi della vita.
Ricordiamoci di questo libro ogni volta che ci guardiamo allo specchio, che ci trucchiamo, che diminuiamo la nostra età.
Quant’è bella giovinezza
che si fugge tuttavia!
Tutte le donne dovrebbero leggerlo e lottare per il diritto a essere e non solo ad apparire.
Chi è Irène Némirovsky?
Nacque a Kiev, 11 febbraio 1903, morì a soli 39 anni, ad Auschwitz, il 17 agosto 1942. Allo scoccare della Rivoluzione Bolscevica del 1917 la scrittrice lascia in fretta e furia, unitamente alla sua famiglia, San Pietroburgo per rifugiarsi in Francia. A Parigi continua ad impegnarsi nella sua attività preferita, la scrittura, ed è ancora giovanissima quando Grasset le pubblica il suo primo romanzo, che avrà uno strepitoso successo: “David Golder”. Seguiranno “Il malinteso”,” Il ballo”,” I doni della vita”, “Due”, ecc. Postumo fu pubblicato “Suite francese”, questo romanzo ricevette il Prix Renaudot a titolo postumo, facendo eccezione al regolamento del premio che prevede la premiazione di soli scrittori viventi.