di Giovanni Teresi
Ancora una volta Giovanni Teresi dimostra l’autenticità della sua poesia, una poesia che nasce dal cuore e da una meticolosa osservazione. C’è nostalgia, una certa solitudine ed una vena di speranza a marchiare di sè i versi che denotano freschezza ispirativa ed eleganza di movimenti. Il tema è il mare mediterraneo con la sua storia e le sue bellezze. Il linguaggio è assai curato e scandito con immagini dettagliate, nitide; miti e fantasia in versi in un mosaico policromo di suoni e di sussulti.
Recensione di Teresa Regna, critica letteraria
La corposa silloge, come si evince dal titolo, è dedicata ad un elemento che, da sempre, affascina l’uomo: il mare. Non soltanto esso appare come una liquida distesa punteggiata di barche, o isole, ma anche come come uno stato d’animo e una metafora di vita.
Il linguaggio del poeta Giovanni Teresi è piuttosto chiaro e allo stesso tempo molto curato, attento ai particolari minuti e senza scadimenti di tono.
La stessa cura che si rileva nel verseggiare viene evidenziata dalle immagini evocate dai versi, scanditi con precisa dovizia e con incedere quasi solenne, come se l’autore si immergesse pian piano nel mare che sta cantando.
E gli abissi del mare “incommensurabile contenitore di storia …” vengono descritti in maniera poeticamente dettagliata: dettagli dell’animo che il lettore assorbe come una spugna.
Le liriche di varia lunghezza ed argomento (Il faro, Canne al vento, Vecchio relitto, Le lampare) convergono in un unico approdo: lo sguardo del poeta che si estende al di là della profondità e della vastità dell’oggetto del suo cantare, che scandaglia e sonda le sue emozioni, emozioni condivisibili da ogni lettore, per lasciare affiorare come isolette di sentimento.
I comprimari, che siano essi pescatori di un minuscolo villaggio, o elementi naturali complementari al mare: il vento, l’aurora, il tramonto, appaiono condizionati dalla presenza pregna di significati dell’assoluto protagonista della silloge.
“Il mare abbraccia la terra/ ed essa tiene saldi noi”, afferma l’autore. Apparteniamo alla terra, ma anche al mare, noi naufraghi della vita che cerchiamo l’immensità dell’oceano nelle profonde acque del nostro cuore.
Allo stesso tempo eterno ed attuale (giacché ospita le ninfe, ma anche le bagnanti), unico eppure frazionato in una sorta di regioni marine (mediterraneo, africano), il mare è un canto di incommensurabile bellezza, che invoglia ad innamorarsi.
Orme di passi costellano la sabbia, “orme di giovani piedi, in armonia/ vanno verso le scogliere”. Ogni elemento sia esso foriero di sentimenti positivi o negativi, viene analizzato e portato, in un certo senso, alla luce; sembra di vedere i pescatori che conversano, il relitto che affiora, la polvere di stelle che si riflette nelle acque scure.
Su tutto, però, domina il mare, che “immenso bacia e accarezza le spiagge d’ogni paese”, che rappresenta la “libertà senza paura”.
E la poesia si fa canto, intonato per amore di questo mare così prodigo di gioielli, talvolta fonte di amarezza ma per sempre degno di essere ricordato nella preghiera al Suo Creatore.