"Un tempo si credeva che lo zucchero si estraesse solo dalla canna da zucchero, ora se ne estrae quasi da ogni cosa; lo stesso per la poesia, estraiamola da dove vogliamo, perché è dappertutto"
Gustave Flaubert, Corrispondenza, 1830/80 (postumo)
di Chiara Taormina
La poesia di Carmelo Caldone, originario di Grottole (Matera), è l’espressione dei sentimenti che si manifesta nella percezione della realtà e il suo dinamico divenire nell’evoluzione della crescita interiore.
Leggendo questo autore mi viene spontaneo correlare alcuni passaggi delle sue liriche al romanticismo inglese, nella fattispecie al grande poeta William Wordsworth per il quale la poesia era l’espressione di uno stato d’animo filtrato attraverso il ricordo. Il poeta è un uomo comune, ma con una maggiore sensibilità e conoscenza della natura umana e delle sue passioni. Romantico anche il linguaggio usato da Caldone per parlare di vita quotidiana, che deve essere descritta con parole semplici e mai superflue o ridondanti.
Così si legge in una sua lirica:
Paesaggi
Il cielo racconta un destino
liberandosi delle nuvole,
è attenta lettura di un uomo
che a ritroso rivede la sua vita,
è silenzio Divino
che rigenera il cuore…
(Carmelo Caldone)
Nella bellezza del creato il poeta ritrova la chiave di accesso al suo destino, seppur da piccolo uomo in un cosmo immenso e fuori dalla portata di ogni comprensione. Ciononostante in quella natura, che i romantici identificavano con una una realtà divina, si aspira al trascendente silenzio che solo i cuori più sensibili possono riuscire ad ascoltare.
La stazione
Forte giovinezza mia
dall’acre profumi di treni
di cui sorvolavano destini
mentre nel petto della terra
vene di binari conducevano lontano.
Albe e notti racchiusi negli abbracci
di chi spera il sogno un eterno fiorire.
Forte giovinezza mia d’allora
e balda protezione per lei
portata via con me dove sorvegliano le alpi
ancora il suo amato ricordo.
Stazione che ti rivisito col fumo in pianto
dei miei pensieri
quasi a rendere pietosa e lenta la locomotiva
col suo severo andare.
(Carmelo Caldone)
La poesia di Caldone è anche pregna di malinconia, racconta di partenze e ritorni, di voli dell’anima alla ricerca del passato e di proiezione sul futuro, come in un viaggio astrale verso le tappe della vita a volte anche determinate da scelte difficili.
Dalla raccolta “Poesie d’amore”
Mi ha accompagnato la sera alla mia porta
come se fossi ubriaco di stelle
e d’alloro ho tinto la ma strada,
storie e trame lontane nella lusinga dei tramonti
si schiudono nell’ora che la tua voce d’amore
al mio petto ritorna
… fossi stato uno smemorato vagabondo
t’avrei comunque sognato
e negli occhi avrei il biancore del giglio
e nel corpo un abbraccio che non si spegne!
(Carmelo Caldone)
Un altro tema caro al nostro poeta grottolese è l’amore, che si fonde alle intime sensazioni donate dalla bellezza della natura. Delicatezza e passione sono le caratteristiche delle sue liriche ispirate a Cupido, sentimenti struggenti adornati da finezza sentimentale e profondità derivante dalla raffinata cultura del vivere.
“Se la poesia non nasce con la stessa naturalezza delle foglie sugli alberi, è meglio che non nasca neppure.” (Jonh Keats)
Con questa bellissima chiusa tratta dal grande John Keats, voglio congedarmi riflettendo sulla spontaneità dei versi di Carmelo Caldone. Leggere le sue strofe mi ha donato la mirabile sensazione di non fare nessuno sforzo nella constatazione dell’autenticità del suo sentire. Tutto scorre nel modo più naturale, come se le parole fossero le acque di un fiume che deve seguire il percorso naturale del suo cammino. Sono dolci carezze di neve d’inverno, o foglie sparse dal vento e nulla nel suo equilibrio perfetto tra sentimento e realtà viene disperso nell’oblio.
Palermo 25/04/2022