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di Virginia Murru

Dopo un anno di incontri, dibattiti e intese, è arrivato il momento dell’azione, Bruxelles è pronta per l’emissione a giugno 2021 delle prime ‘euro obbligazioni’. Si tratta di 80 mld di euro in termini di valore, i bond immessi sui mercati sono diretti al finanziamento dei fabbisogni iniziali di sovvenzioni e prestiti.

Con questo Piano di interventi l’Unione europea lancia la ripartenza, dopo il dissesto causato dal Covid-19.

Le obbligazioni a lungo termine saranno poi integrate da diverse decine di miliardi di bond a breve termine, al fine di coprire il restante fabbisogno.
Questo piano si basa su una prima stima delle sovvenzioni e prestiti chiesti tramite i Piani presentati dagli Stati Ue, seguirà un aggiornamento a settembre prossimo, allorché la visione sarà più chiara circa le esigenze degli ultimi mesi dell’anno.

Dietro questo risultato c’è oltre un anno di fermento, incontri tra leader e normativa ad hoc che gli Stati membri hanno recepito per dare il via alle prime applicazioni del Next Generation Eu, un Piano di sostegni finanziari volti a superare la crisi scatenata dal Covid-19 e le relative misure di contenimento messe a punto dagli esecutivi.

Il primo giugno è stata quasi completata la ratifica del Recovery Fund da parte dei 27 (ne mancano pochissimi ormai), pronti dunque al piano di emissioni di bond che andranno a finanziare il Next Generation EU. Si procederà in ogni caso appena la ratifica da parte di tutti gli Stati sarà completa.

Intanto entro il primo di giugno, i 27 hanno presentato notifica al Consiglio circa la ratifica della cosiddetta ‘decisione sulle risorse proprie’ del bilancio comunitario.

Il presidente di turno del Consiglio Ue, Antonio Costa, esprime tutta la sua soddisfazione per l’imminente entrata in vigore del Next Generation EU. Dichiara al riguardo:

“Tutti i 27 Stati hanno dimostrato un forte senso di responsabilità e solidarietà, non possiamo permetterci di sprecare tempo in dibattiti inutili. E’ necessario garantire la celere approvazione dei primi atti del programma di ripresa e resilienza entro la fine di giugno. “

La decisione, ratificata da tutti di aumentare le risorse proprie, autorizza la Commissione a prendere in prestito per conto dell’Unione oltre 800 mld di euro. Tale decisione si basa su un aumento massimo che l’Unione può chiedere ai 27 per coprire gli obblighi finanziari relativi al bilancio comunitario. Dunque, il margine tra la spesa effettiva e il massimale delle risorse proprie, costituirà una garanzia per l’emissione del debito diretto a finanziare il Next Generation EU.

Si tratta di un aumento di risorse temporaneo, che ha il fine di supportare la ripresa, dopo l’impatto durissimo delle ricadute economiche seguite alla pandemia. Intanto si parla già negli ambienti Ue di riproporre anche in seguito questo processo di aiuti, che potrebbe diventare strutturale nel bilancio comunitario, con l’obiettivo di sostenere i fabbisogni delle economie nazionali, e favorire l’allineamento ai parametri comuni.

Ogni Stato membro ha presentato a Bruxelles il proprio PNRR, ora il Consiglio Ue ha un mese per approvarli, affinché l’esborso del prefinanziamento del 13% abbia inizio, per i Governi che li hanno già presentati entro la fine di luglio.

I piani della Commissione prevedono di prendere a prestito nei mercati dei capitali 150 mld circa di euro all’anno, fino al 2026, sempre al fine di finanziare il NGE, i prestiti saranno rimborsati entro il 2058. Per il reperimento degli 807 miliardi di euro – che sono poi 750 mld a prezzi del 2018 – l’organo esecutivo Ue farà ricorso a strategie di finanziamento diverse.

Ogni anno saranno decisi i volumi dei prestiti, e a distanza di 6 mesi saranno comunicati i parametri del piano di finanziamento. Tutto ciò al fine di garantire la trasparenza e prevedibilità agli investitori, e ai portatori di interessi.

La Commissione ha previsto anche l’emissione di titoli a scadenza piuttosto prossima, inferiore ad un anno, si tratta degli Eu-Bills, o ‘buoni dell’Ue’.

Si cerca di accelerare ogni processo, si fa appello all’urgenza di questa delicata congiuntura economica, per dare corso al programma di sostegno agli Stati membri. ‘Non c’è tempo da perdere’ – ogni tanto ripetono i leader. C’è tanta attesa e speranza da parte di tutti, l’Europa è stata messa a ferro e a fuoco dall’emergenza sanitaria, c’è bisogno di ripartire. 

 

 

di Virginia Murru

Dopo ben quattro anni di battaglie, finalmente i ministri delle Finanze dei 7 Paesi più industrializzati del pianeta hanno raggiunto un accordo. Insieme hanno previsto d’introdurre un’aliquota minima globale di almeno il 15%, da applicare Paese per Paese.
Il meeting si è svolto a Londra, e il ministero del Tesoro britannico è stato il primo a dichiararsi soddisfatto del risultato dell’incontro: “L’accordo porterà ad una stretta sull’elusione fiscale.”
Il Cancelliere dello Scacchiere inglese Rishi Sunak, ha definito peraltro ‘storico’ l’accordo tra i 7 ministri delle Finanze. Così egli ha sintetizzato l’intesa:
“E’ stata prevista l’aliquota minima globale del 15% in ogni Paese, sulle multinazionali che presentano margini di profitto superiori al 10%.
Il 20% dei profitti superiori al 10% verrà riallocato nei Paesi di pertinenza, laddove hanno luogo le vendite.”
“In seguito a questa risoluzione - ha aggiunto il ministro inglese - la tassa nazionale sui servizi digitali sarà eliminata, allorché entrerà in vigore la soluzione globale.”
Dopo anni di incontri non propriamente fruttuosi sul tema della tassazione alle grandi imprese High Tech, si è finalmente giunti alla decisione di riformare il sistema fiscale, affinché si possa allineare all’era digitale globale. In un comunicato finale, i 7 ministri delle Finanze hanno dichiarato di essersi “impegnati a raggiungere una soluzione equa circa l’assegnazione dei diritti di imposizione.
E in seguito a ciò di provvedere ad un adeguato coordinamento tra l’applicazione delle nuove norme fiscali a livello internazionale, e la soppressione delle tasse sui servizi digitali, o misure analoghe su tutte le società.”
Ora è implicito che grandi colossi come Amazon e Microsoft, che fino ad ora sono riuscite a farla franca, per quel che concerne la tassazione dei profitti nei Paesi in cui vige un regime fiscale piuttosto compiacente, non potranno più eludere. Sul piano tecnico, per l’applicazione occorreranno alcuni anni.
Molto soddisfatto anche il Commissario all’Economia dell’Ue, Paolo Gentiloni, che in un tweet ha scritto: “Le multinazionali paghino le tasse nei Paesi in cui riscuotono il loro profitti. Più giustizia e meno elusione fiscale.”
Anche la segretaria al Tesoro degli States, ex Governatore della Fed, Janet Yellen, ha rimarcato l’importanza di questo impegno senza precedenti, che porterà al capolinea la corsa al ribasso della tassazione aziendale. Secondo Yellen, ci sarà più equità per i lavoratori negli Usa e nel resto del mondo.
Presente anche il ministro dell’Economia e Finanze dell’esecutivo italiano, Daniele Franco, il quale sottolinea che la proposta del G7 entrerà in agenda nel prossimo meeting del G20, che avrà luogo a luglio a Venezia.
Il ministro spiega anche alcuni punti importanti dell’incontro a Londra, mettendo in rilievo il totale consenso tra i Paesi del G7 sull’esigenza di politiche economiche espansive per tutto il tempo che occorrerà, fino a lasciarsi alle spalle la grande crisi sopravvenuta in seguito alle restrizioni dovute all’emergenza sanitaria.
Anche la BBC sottolinea l’importanza dell’accordo raggiunto: “Il Gruppo G7, delle più avanzate economie del mondo, ha raggiunto una storica intesa, volta a indurre le grandi multinazionali a pagare più tasse.”
Si dice soddisfatta anche Facebook, e lo afferma tramite il vice presidente degli Affari Globali e della Comunicazione, Nick Clegg, il quale dichiara:
“Facebook ha da tempo auspicato una riforma fiscale sulle regole relative alla tassazione globale, e l’accordo di oggi è solo un primo passo significativo verso la certezza degli investimenti e il rafforzamento della fiducia pubblica sul sistema fiscale globale.” 

 

 

La crescita delle vendite al dettaglio, appena il 7,4%, non compensa la flessione della ristorazione, che ha subito un calo del 42%.
Parte da qui l'ultimo Rapporto Ismea che analizza l'impatto sul settore agroalimentare del Covid-19: “Un impatto devastante che ha messo in crisi una intera filiera agricola ed enogastronomica”, come dichiara Sabrina Assenzio, commissario di Confali.
A farne le spese, in particolare vasti settori produttivi come quello vinicolo.
In base ad uno studio portato avanti da Ismea e Wine Meridian il comparto presenta perdite pari al 40%.
Causa principale la riduzione delle vendite dei prodotti nel canale Horeca (hotel, restaurant and café), bloccato per mesi dalle chiusure, che ha provocato il blocco totale della domanda da parte di questo canale distributivo, che per il 92% delle aziende intervistate resta quello principale.
A subire i danni della crisi, ovviamente, non è stato solo il mondo della produzione, ma anche quello del commercio del vino, come testimoniano le risposte di oltre 100 buyer intervistati, la metà dei quali ha stimato perdite tra il 20% e il 30%, alcuni anche più del 50%.
Prosegue la Assenzio: “Per non parlare poi di ciò che riguarda i prodotti agricoli locali, agrumi in testa. Una perdita gravissima che si mescola al rischio, non solo di un ulteriore crollo dei prodotti di pregio, ma al depauperamento culturale del nostro territorio, fatto di biodiversità ed eccellenze del settore agroalimentare, PMI di produttori, che rischiano di perdere il proprio lavoro, mentre noi rischiamo di far scomparire interi borghi della nostra provincia”.
Aggiunge Carmelo Picciotto, Presidente di Confcommercio: “La crisi della filiera manifesta ancora una volta, semmai ce ne fosse di bisogno, il ruolo chiave dei pubblici esercizi che restano l'ultimo baluardo contro la corsa al prodotto di massa. I pubblici esercizi sono quelli che oggi fanno la differenza nella promozione e commercializzazione dei prodotti del territorio, sono quelli che diffondono cultura e tradizioni enogastronomiche, raccontando millenni di storia, e fanno educazione al consumo consapevole”.
Conclude Sabrina Assenzio: “Oggi che anche le scuole hanno perso il contatto con le aziende presenti sul territorio a causa del Covid è fondamentale rinsaldare il legame tra i più piccoli e la filiera. Per questo sabato 5 Giugno porteremo in piazza Duomo il progetto Germogli, un'idea che nasce proprio con l'intento di avvicinare i ragazzi alla nostra terra e ai nostri semi autoctoni e porre le basi per un futuro consapevole”.