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di Virginia Murru

Le rilevazioni dell’Istat sono in sintonia con il clima di ripresa dell’Italia, il tasso di occupazione è un importante indicatore del buon andamento dell’Economia, particolarmente favorevole già a partire dal secondo trimestre del corrente anno.

Secondo i dati diffusi dall’Istituto Italiano di Statistica, il numero degli occupati rispetto al trimestre precedente è pari a +0,5%, ossia 121 mila in più, mentre in termini tendenziali – rispetto allo stesso periodo del 2020 – gli occupati risultano in aumento di +2,2%, in numeri +505mila unità in più.

Un risultato importante se si considera che l’Europa e l’intero pianeta sono ancora sotto assedio Covid, e pertanto l’emergenza sanitaria riguarda tutti, con l’impatto ben noto sul piano sanitario, sociale ed economico. Nonostante le difficoltà e le inevitabili ripercussioni nel tessuto produttivo, l’economia del Paese ha espresso chiari segnali di ripresa, sono i dati macro, in primis il Pil, a mettere in rilievo una crescita che solo un anno fa non si poteva prevedere, considerato il clima d’incertezza.

L’Ocse ha già definito l’Italia ‘la nuova locomotiva d’Europa’, con una stima del Pil che va oltre quella espressa dalle Agenzie di rating e dallo stesso esecutivo: +6,3%. Dati in controtendenza rispetto a quelli dell’area euro, ma anche delle più blasonate economie del pianeta. Nessuno in regime di pandemia ha saputo fare meglio. Si parla di ‘effetto’ Draghi, ma in realtà i veri protagonisti di questa spinta propulsiva sono gli italiani, che nei peggiori momenti della loro storia hanno sempre saputo reagire con vigore, rimboccandosi le maniche e ricostruendo anche sulle macerie.

Ma ne ha diffusamente scritto anche il Financial Times, in un recente articolo sottolinea infatti il ruolo positivo degli investimenti e il conseguente riflesso nell’economia, cresciuta nel volgere di circa 6 mesi più di tutti gli altri Paesi del G7.

L’occupazione per ovvie ragioni dipende dall’andamento generale dell’economia, dalle dinamiche produttive e dai movimenti positivi per quel che concerne l’import e l’export.

Attualmente i lavoratori dipendenti sono quasi 18 milioni, ossia in aumento dello 0,9% rispetto al trimestre precedente (su base congiunturale) e del 3,3% su quella tendenziale (rispetto al 2020 in questo periodo).

L’Istat fa notare un ulteriore calo dei lavoratori indipendenti, ossia di coloro che svolgono senza vincoli di subordinazione la propria attività. Il calo rilevato è pari allo 0,7% negli ultimi tre mesi, in termini di numeri corrisponde a 35mila unità.

Il tasso di disoccupazione invece si ridimensiona notevolmente, registrando un calo del 9,2%, espresso in unità significa una riduzione di 134 mila, rispetto al precedente trimestre.

I dati rilevati dall’Istituto sono una conferma del trend in crescita nel tasso di occupazione, reso più significativo anche dal tasso di inattività, pari a -0,2%.

Un altro dato positivo riguarda la disoccupazione giovanile, che scende al 26,9%. Nel terzo trimestre la disoccupazione va in calo all’8,9%.
Incoraggianti segnali di ripresa provengono dalle imprese e dalla loro attività produttiva in crescita, che hanno permesso un buon movimento nel mercato di lavoro, l’aumento congiunturale delle posizioni lavorative pari a +2,7% (congiunturale), su base annua la crescita è del 5%.

Secondo i rilevamenti Istat cresce il costo del lavoro per unità di lavoro, in termini congiunturali è pari allo 0,1%, giustificato da un aumento delle retribuzioni, e da un calo degli oneri sociali.

Il costo del lavoro su base annua è più incisivo, +1,1%, le cui dinamiche anche qui sono legate agli aumenti retributivi, +1,7%.

Effetti collaterali della crescita, che non frenano la spinta in avanti dell’occupazione e dell’attività produttiva in generale. 

 

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