di Lorenzo Rossomandi
Mente, sapendo di mentire, chi, non impegnato seriamente in politica, non ammette di aver almeno sfiorato l’idea di avvicinarsi al Movimento Cinque Stelle.
Perché, ammettiamolo, l’idea era davvero accattivante.
L’idea di mandare tutti a casa con un calcio nel didietro, vendicandoci di anni di tutele e privilegi rubati a scapito delle tasche dei contribuenti, dando in cambio un governo che non riusciva a tirar fuori niente di buono che altre tasse e peggiori servizi al cittadino.
Mente, sapendo di mentire, chi non ammette di aver pensato anche per un solo momento che, in effetti, il concetto che la politica non dovesse essere una professione, fosse sacrosanto. Chi, da normale cittadino, non ammette di aver pensato che governare un paese non fosse poi così difficile, che sarebbe bastato molto impegno, un po’ di buonsenso e tanta tanta onestà.
Mente,sapendo di mentire, chi dice che non ci ha mai davvero pensato, neanche per un momento.
Chi per delusione, chi per rabbia, chi per vendetta, chi per ignoranza, chi per dabbenaggine, chi per calcolo politico, chi solo per scendere in piazza ad urlare un catartico “vaffa” a tutto il sistema. Tutti abbiamo accarezzato l’idea di entrare o, almeno, cercare di capire cosa stesse succedendo.
Poi, però, quello che conta davvero è che chi è bravo a distruggere, difficilmente sa ricostruire. In questo caso, come c’era da aspettarsi, non ha saputo unire tutte le idee di coloro che avevano solo uno scopo comune: abbattere il sistema.
Così, pezzo dopo pezzo, il movimento si è smontato, perdendo inizialmente coloro che non tolleravano l’idea di un “vaffa” gridato senza un serio progetto alle spalle.
Seguiti da coloro che, in un momento di lucidità, hanno compreso che l’idea di allontanarsi prima dal dettato costituzionale e poi dall’Europa fosse una follia totale.
Poi sono arrivate le alleanze Giallo-Verdi, quelle Giallo-Rosse, dimostrando che gli “anti partito” non potevano prescindere dal sistema partitico. E lì, gli utopisti della democrazia diretta, quelli dei click su un portale anziché dei voti in cabina elettorale, hanno capito che qualcosa non stesse andando nel verso sperato.
Poi l’abbandono dei populisti, dei razzisti, dei fascisti e tutta quella fetta di popolazione che ragiona più con la pancia che con il cervello, che hanno ritrovato la loro naturale dimora in quei partiti che hanno fatto della loro bravura a parlare alle viscere la loro fortuna politica.
Poi la delusione di coloro che, nonostante l’esperienza vissuta degli ultimi anni, non ha capito ancora che per fare politica non può essere sufficiente essere un improvvisatore, non basta essere una brava persona, non è sufficiente essere onesti.
Fare politica, governare un paese, ma anche fare un’opposizione seria, significa avere una preparazione, una professionalità e una competenza che non può essere improvvisata. Pensare che qualcuno, come predicava l’ex garante e fondatore del movimento, decida davvero di sospendere la propria vita, congelare i propri interessi, mettere in pausa la propria professione per “donare” un po’ di tempo al proprio paese, e poi tornare ad essere chi si era prima, è davvero un’utopia. Lo ha fatto Giuseppe Conte, ma ottenendo il massimo, il posto di capo del governo. Pensare che altri professionisti, imprenditori, uomini d’affari, magari competenti e capaci di poter governare un paese,
possano fare una scelta del genere è davvero da ingenui.
E così gli unici ad avvicinarsi sono stati i meno adatti, coloro con maggiore bava alla bocca, ma meno sale nella zucca, facendo naufragare, in modo definitivo, il sogno di rovesciare il sistema, di aprire il parlamento come una scatoletta di tonno, dando inizio a qualcosa che avrà sicuramente una sua vita e un suo orientamento più chiaro e lungimirante, ma resterà sempre qualcosa creato ad immagine e somiglianza di ciò contro cui, qualche anno fa, era stato inalzato il loro “VAFFA”.