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di  Lorenzo Rossomandi

 

Nei giorni scorsi, a Milano, due ragazzi a bordo di uno scooter non hanno ubbidito all’alt di una pattuglia di carabinieri, innescando uno spettacolare quanto pericolosissimo inseguimento, terminato con la morte di Ramy, il ragazzo che occupava il posto posteriore dello scooter. L’evento ha creato (come al solito) una divisione di pareri sia a livello politico che tra l’opinione pubblica.

Devo dire che, quando succede qualcosa che riguarda la sicurezza pubblica e le forze dell’ordine, il mio primo istinto nell’apprendere la notizia è generalmente e istintivamente molto “tranchant”. In pratica è la pancia la prima a reagire. Poi, però, cerco di ragionare con l’organo preposto a tale funzione. E le cose in genere cambiano prospettiva.
Partiamo da un punto fermo: anch’io sono tra coloro che pensano, anche se giuridicamente non costituisce un reato penale, che se non ti fermi ad un posto di blocco, ciò che accade dopo è solo colpa tua.
Ma questo non significa che chi ha la responsabilità della sicurezza pubblica possa agire nel modo che gli pare.
E, nel caso specifico, le forze dell’ordine avevano, oltre al compito di fermare il conducente indisciplinato, anche la responsabilità di tutelare sia i cittadini che rischiavano di essere coinvolti in un incidente durante l’inseguimento e, in ultima istanza, anche del passeggero del mezzo in fuga.
Mi chiedo cosa ne potevano sapere i carabinieri di chi fosse sul sedile posteriore? Magari un ragazzo appena conosciuto che aveva chiesto un passaggio, oppure una ragazza la cui unica colpa era di essersi innamorata del conducente o, ancora, poteva essere stata costretta con la violenza a salire sopra quel sedile posteriore.
Nessuno poteva saperlo.
E proprio perché nessuno poteva saperlo, la prima cosa a cui i carabinieri avrebbero dovuto pensare era tutelare il passeggero la cui malafede era tutta da provare.
Ho provato a dire questa mia considerazione sulla mia pagina social (Lorenzo Rossomandi - Scritti) e, come era da immaginarsi, alcuni hanno commentato in un modo piuttosto piccato.
La cosa strana è che non posso dire che non li capisca.
Quello che loro affermano è, pari pari, ciò che mi aveva suggerito il mio apparato digerente. Quindi qualcosa di noto.
Ma mi chiedo se, nonostante l’importantissimo compito che svolgono gli organi intestinali, non sia azzardato fermarsi ad usare ciò che produce feci per farsi un’opinione su di un argomento.
Perché sostenere che sia una cosa buona che un ragazzo sia morto, qualunque sia il motivo, non può essere il frutto del ragionamento di un cervello sano.

 

 

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Info Autore
LORENZO ROSSOMANDI
Author: LORENZO ROSSOMANDI
Biografia:
Mi chiamo Lorenzo Rossomandi e sono nato a Firenze nel 1967. Imprenditore, amante di musica Jazz (tanto da provare a suonarla); sono sposato, con tre figli. Scrivo sulla mia pagina Facebook racconti e pensieri per assecondare la mia passione per la scrittura, per riflettere e far riflettere. Ho all'attivo tre romanzi sempre riguardanti temi sociali importanti nei quali cerco di denunciare indirettamente i mali sociali, incentivando alla resilienza, allo spirito organizzativo, collaborativo, corporativo.
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