di Lucia Zappalà
Ciò che spesso un figlio fa fatica ad accettare è che, in alcuni casi sin da bambino, si trovi a fare il genitore. Cosa che viene considerata di una certa stranezza e che risuona molto in una società diventata asettica.
Talvolta i ruoli cambiano per cause di forza maggiore e non sono più i genitori a spiegare ai bambini i più semplici gesti quotidiani, ad aiutarli a comprendere il mondo che li circonda.
Paolo Piccoli di Concordia Sagittaria, una città nella provincia di Venezia a circa 20 km da Caorle, si è ammalato di Alzheimer quando aveva poco più di quarant'anni.
Il figlio Mattia ha solo dodici anni, ma ha già destinato metà della sua vita ad occuparsi di suo padre, gravemente malato.
Ha imparato sin dall'età di sei anni cosa vuol dire soffrire, che significa arrabbiarsi davanti ad un destino così crudele. Ha dovuto accogliere una situazione molto dolorosa come parte ineluttabile della propria vita.
L'Alzheimer è una forma di demenza che cambia la vita di chi ne viene colpito e anche della propria famiglia. Il destino a volte ha in serbo qualche brutta sorpresa, e il rischio di un dramma è sempre più forte.
Questa malattia è un dramma spaventoso in ogni tempo e senza eccezioni. Ma, quando colpisce così prematuramente, lo è doppiamente. Non si ha una conoscenza integrale e razionale di questa malattia. È come se ogni malato parlasse una propria lingua, che chi sta accanto deve subito imparare usando i propri mezzi, le capacità, le energie. Bisogna procedere con pazienza e per approssimazione facendo tentativi ed errori. Imparare passo dopo passo a dimenticare i fallimenti e tacere, ad accantonare e riproporre.
E' perciò molto importante capire esattamente cosa fare e cosa non fare per poter dare un aiuto.
Ed è stata tanta la voglia di aiutare suo padre che anche se ha sbagliato una, due, tre volte, il piccolo Mattia si è rimboccato le maniche senza perdere tempo ed ha continuato caparbio a riprovarci ancora.
Non è una cosa da prendere sotto gamba e non ci si inventa in questo ruolo, sottovalutando le grandi difficoltà. Non è sufficiente una prima intuizione; è una sfida che si deve affrontare giorno dopo giorno.
Mattia ha subito imparato ad obbedire a poche regole: avere pazienza, dare tempo, mettere impegno.
Il bambino veneto ha cominciato a fare da papà al suo papà, divenuto sempre meno autonomo. Lo ha aiutato in tutte quelle cose che non poteva più fare da solo.
Ha imparato a prendersi cura di chi un tempo si prendeva cura di lui.
Un bambino dovrebbe fare il bambino e non caricarsi sulle spalle il peso materiale e morale di una situazione così grave.
Forse questa esperienza gli ha tolto la libertà ma ha aggiunto valore alla sua giovane età. Ed è proprio per questo motivo che il 14 dicembre è stato nominato Alfiere della Repubblica Italiana da Sergio Mattarella.
Il giovane Mattia con il passare del tempo si è occupato di sempre più cose e sempre più intensamente perché il padre aveva bisogno di un’assistenza costante. Tutto questo è stato naturale per lui e lo ha fatto volentieri.
Ogni giorno, puntualmente, lo aiutava a lavarsi, a vestirsi e a mangiare; e il rito si svolgeva sempre con lo stesso affetto senza mai contrarre il suo giovane volto in una qualche smorfia di esasperazione.
Il valore dell'amore che si respira in questa famiglia è il suo punto di forza maggiore ed ha vinto, facendo conoscere a tutti la sua grande bellezza.