di Maria Pellino
Cari lettori, dopo aver parlato ampiamente degli ecomusei e dei loro obiettivi sul territorio, oggi propongo al quotidiano "La voce agli italiani" l'intervista a uno dei tanti attivisti che l'ecomuseo lo rende tutti i giorni un luogo vivibile e sostenibile, a chi dona il suo prezioso contributo alla realizzazione di un progetto che potrebbe sembrare utopico, ma a noi piace rincorrere le chimere!
Ringrazio la coordinatrice dell'ecomuseo Adda di Leonardo, Tiziana Pirola, per la sua gentile disponibilità.
- Dottoressa Pirola, ci può dire in poche parole che cos'è un ecomuseo e in particolare cosa va a valorizzare l'ecomuseo di Leonardo lungo l'Adda?
«L’ecomuseo è un museo diffuso, all’aria aperta, che ha l’obiettivo di valorizzare il paesaggio inteso come prodotto, attraverso i secoli, della relazione fra le comunità che hanno vissuto su un territorio e l’ambiente naturale. Questa relazione ha creato delle forme di vita specifiche e un’identità che, pur essendo in costante cambiamento, affonda le sue radici nel rapporto con il luogo. L’idea alla base di un ecomuseo è che il paesaggio racconta questa storia, ed è attraversando i luoghi che possiamo farne esperienza. L’Ecomuseo Adda di Leonardo si snoda lungo l’alzaia dell’Adda da Imbersago, a nord, fino a Groppello (frazione di Cassano), a sud. Comprende il territorio di nove comuni: Imbersago, Robbiate, Paderno d’Adda, Cornate d’Adda, Trezzo sull’Adda, Vaprio d’Adda, Canonica d’Adda, Cassano d’Adda e Fara Gera d’Adda. Questo territorio ha un’identità segnata dalla presenza dell’acqua: non solo il fiume Adda, ma anche i navigli di Paderno e della Martesana e i numerosi canali e rogge che hanno reso fertile e prospera la campagna. In particolare, proponiamo tre chiavi di lettura del territorio: quella dei luoghi sacri, quella delle tracce della presenza di Leonardo nei nostri luoghi, e quella dell’archeologia industriale».
- Qual è la sua missione?
«La missione del nostro Ecomuseo si sviluppa su diversi fronti. Il primo è quello di costruire una narrazione che renda visibili i tre fili che uniscono il territorio, guidando i visitatori e le comunità che abitano nei nostri Comuni ad ampliare il loro sguardo e scoprire una storia più grande. Attorno a questa narrazione del territorio come mosaico – in cui il disegno complessivo emerge dall’accostamento di tutte le tessere – si possono creare sinergie per lo sviluppo del turismo. In particolare, vorremmo sostenere il turismo di prossimità come modalità di fruizione lenta e sostenibile del territorio e favorire la riscoperta della dimensione locale. Il secondo fronte operativo è quello della memoria: vogliamo documentare e conservare la storia del territorio in tutte le sue forme, dai dialetti alle ricette della tradizione, dalla conoscenza delle piante selvatiche commestibili all’intreccio della storia locale con i grandi eventi storici come la rivoluzione industriale o le guerre mondiali. Per farlo, lavoriamo sul patrimonio documentale esistente, sosteniamo la creazione di nuove opere sugli aspetti storici, etnografici, ambientali, culturali, religiosi ecc. del territorio e ci impegniamo per trasmettere questa memoria anche lavorando con il tessuto associativo, con le scuole, con gli attori impegnati nella cultura. Il terzo fronte è quello della cura e del coinvolgimento: riteniamo infatti che il senso di appartenenza ai nostri luoghi debba tradursi in azione, e quindi siamo impegnati a promuovere la partecipazione alla dimensione civica della vita locale e a creare consapevolezza riguardo la cura dell’ambiente e dei luoghi».
- Chi gestisce l'ecomuseo?
«L’Ecomuseo è un’associazione di Comuni ed è gestita da un direttivo composto da tre persone, il presidente, Marco Galli, il referente scientifico Cristian Bonomi e io, la coordinatrice Tiziana Pirola, affiancati da un rappresentante del tessuto associativo, Vittorio Alberganti, e da un rappresentante degli operatori economici, Luigi Gasparini. All’attività del direttivo sovrintende il Comitato di Gestione e Partecipazione formato dai sindaci dei nove Comuni dell’Ecomuseo».
- Come è nata questa idea proprio lungo l'Adda?
«L’idea nasce più di vent’anni fa da Edo Bricchetti e Mario Roveda, promotore del Comitato rotariano per il restauro delle chiuse del Naviglio di Paderno, che riconoscono l’unicità del paesaggio attorno alla forra e al naviglio e la sua ricchezza di beni culturali, fra cui le tre centrali Bertini (1898), Esterle (1914) e Semenza (1920) con le proprie dighe, il santuario della Madonna della Rocchetta (1386), il ponte di San Michele (1889) e le conche di navigazione con i loro edifici, piccole centraline idroelettriche costruite fra il 1891 e il 1907. L’Ecomuseo nasce nel 2004 grazie a un finanziamento dell’Unione Europea e del Ministero dell’Ambiente e il suo primo nucleo si organizza attorno al naviglio di Paderno, con 14 tappe che partono dalla centrale Semenza e dalla diga di Robbiate e arrivano fino alla centrale Esterle. In una fase successiva il progetto viene ampliato fino a includere i Comuni di Trezzo, Vaprio, Canonica, Cassano e Fara».
- Quali sono le difficoltà che riscontrate sul territorio?
«Penso che la difficoltà più importante sia la mancanza di infrastrutture per la fruizione turistica del territorio lungo l’alzaia dell’Adda. Una seconda difficoltà è che molte persone non sanno ancora cos’è un Ecomuseo e non sono quindi in grado di “leggere” la presenza del nostro Ecomuseo sul territorio, quindi facciamo fatica a portare avanti il nostro framework e le nostre attività con chi ancora non ci conosce. Mi è capitato più volte di sentirmi chiedere: “Scusi, dov’è il museo di Leonardo?” da parte di persone che si aspettavano di trovare un museo ‘classico’, con pareti e sale. Va detto che stiamo cercando di rimediare attraverso la comunicazione sui social e abbiamo appena ultimato la nuova cartellonistica d’informazione turistica che sarà collocata progressivamente lungo l’alzaia su tutto il territorio ecomuseale, in modo da fornire un quadro sintetico di ciò che il territorio può offrire – percorsi e luoghi d’interesse indicati su una mappa – abbinati a spiegazioni di ciascun bene in italiano e inglese. Una terza difficoltà è quella del creare una rete di collaborazione e dialogo fra le associazioni e gli operatori economici per lavorare insieme alla valorizzazione del territorio nel suo insieme, ma il successo della prima edizione del calendario di iniziative “Mio e di tutti. L’Ecomuseo come bene comune” che si è svolto a maggio ci fa sperare che stiamo costruendo qualcosa di solido che crescerà e si rafforzerà nel tempo».
- Quali sono gli enti e/o persone con cui collaborate?
«Il nostro riferimento principale è il tessuto di attori attivi nella sfera della cultura, del turismo e della cura del territorio, che siano associazioni, operatori economici o singoli cittadini. Crediamo molto nel valore della partecipazione e nella dimensione civica e collettiva della vita nelle comunità locali. Il nostro Libro Soci attualmente conta 18 aderenti, ma lavoriamo anche con attori locali non iscritti. Collaboriamo inoltre con le amministrazioni comunali, con il Parco Adda Nord e con il Consorzio Est Ticino-Villoresi, e siamo membri della Rete Ecomusei Lombardia. Patrociniamo e sosteniamo iniziative che coinvolgono il territorio e collaboriamo anche a progetti con le scuole secondarie di secondo grado, sia nel territorio ecomuseale che oltre».
- Di quali risorse necessita il vostro attivismo?
«Tempo! Riceviamo tante proposte di progetti e iniziative lodevoli, ma non riusciamo a farci carico di tutto perché nel nucleo operativo dell’Ecomuseo siamo in tre. In generale, è difficile fare fronte a tutto quello di cui il nostro territorio avrebbe bisogno, quindi in questo momento preferiamo concentrarci su pochi progetti ma portarli a termine nel migliore dei modi, e intanto cerchiamo di capire come scalare la nostra attività per poter affrontare sfide più grandi. Se mi permetti un appello, credo che tutte le associazioni nei paesi della nostra zona sarebbero felici e sollevate di avere nuovi volontari e volontarie – ci sono moltissimi modi per impegnarsi per essere agenti di cambiamento sulla scala locale e dare il proprio contributo, anche solo per qualche ora al mese».
- Chi volesse visitare l'ecomuseo di Leonardo, a chi si deve rivolgere?
«Proprio perché l’Ecomuseo è un mosaico di beni e percorsi, per visitarlo si può percorrere l’alzaia dell’Adda a piedi o in bicicletta ed esplorare il paesaggio al proprio ritmo. Poi ogni bene è gestito da soggetti diversi e molti sono aperti solo in occasioni particolari o su prenotazione, quindi è difficile dare indicazioni. Il mio consiglio è di seguirci sui social, su Facebook (Ecomuseo Adda di Leonardo) e su Instagram (@ecomuseoaddadileonardo) dove rilanciamo le iniziative e gli eventi che si svolgono sul territorio».
Ringraziamo la dottoressa Tiziana Pirola per la preziosa testimonianza e l'esaustiva chiarificazione dell'attività di persone, associazioni, comuni svolta in completa sinergia per ricercare, vivificare e tramandare una testimonianza tangibile della memoria, della cultura e delle tradizioni locali atte a valorizzare l'identità del territorio e del paesaggio, nella pienezza della sua unicità storica e culturale.