Pin It

 

di Massimo Reina

 

Negli anni ‘60, mentre il mondo tremava per l’escalation della Guerra Fredda, nei corridoi del potere statunitense si stava scrivendo un capitolo surreale della storia moderna. Una trama degna di un thriller politico, con protagonista la CIA, i vertici militari e una dose letale di cinismo istituzionale. Il piano si chiamava “Operazione Northwoods” e, fino alla sua declassificazione, dormiva sepolto in un cassetto della vergogna nazionale. A riportarlo sotto i riflettori è stato il Daily Mail, svelando dettagli che farebbero impallidire anche il più acceso complottista.

Cuba come l’Iraq come l’Ucraina...

Nel 1962, i Capi di Stato Maggiore congiunti statunitensi proposero una strategia per giustificare una guerra contro Cuba. La loro brillante idea? Far esplodere navi americane, attaccare basi militari e, udite udite, assassinare cittadini e soldati statunitensi per poi incolpare il regime di Fidel Castro. Il tutto, ovviamente, condito con un bel fiocco rosso di propaganda: una "campagna terroristica in nome di Cuba" progettata per scatenare un’ondata di indignazione nazionale. Un falso casus belli che avrebbe legittimato un intervento militare nell’isola socialista.

Le 15 pagine del rapporto, ormai declassificate, non lasciano spazio a dubbi. Firmato dai vertici militari, il documento era un manuale di terrore “made in USA”. Si proponeva di abbattere un aereo civile pieno di americani, facendo credere che fosse opera cubana. Di organizzare attentati a Miami, Washington e persino in altri stati, attribuendoli a cellule comuniste cubane. E, nel caso servisse una ciliegina sulla torta, anche di inscenare il “falso funerale” di una vittima inesistente per amplificare l’impatto mediatico.

Ma se il piano è rimasto, fortunatamente, un esercizio teorico e non una tragedia reale, il merito va a John Fitzgerald Kennedy. Fu proprio il presidente a cestinare questa follia, rifiutando di avallare una simile aberrazione. Non tutti però sembrano convinti che la storia finisca qui. Lo stesso Kennedy, pochi mesi dopo, venne assassinato a Dallas in circostanze mai del tutto chiarite. E sebbene non ci siano prove che colleghino l'omicidio all’Operazione Northwoods, il tempismo lascia spazio a suggestioni inquietanti.

Non è un caso che Donald Trump, nel 2018, abbia firmato un decreto per declassificare documenti segreti relativi all’assassinio di Kennedy e di Martin Luther King. La promessa, poi non pienamente mantenuta, era di far emergere tutta la verità su quegli eventi. Per ora, però, ciò che resta è una costellazione di coincidenze e ombre che alimentano quello che ormai non è più solo un mito, ovvero quello di un “deep state” americano disposto a tutto, persino a sacrificare vite umane, pur di perseguire i propri interessi geopolitici.

Un copione che si ripete

D’altronde gli Stati Uniti non sono nuovi a pratiche simili. Gli esempi non mancano. Basta rispolverare un altro documento emblematico: il Gulf of Tonkin Incident del 1964, l’episodio che spinse l’America nel pantano del Vietnam. Anche in quel caso, la narrazione ufficiale parlò di un attacco “non provocato” da parte di navi nordvietnamite contro un cacciatorpediniere americano. Decenni dopo, è emerso che quell'attacco, o quantomeno le sue proporzioni, erano stati gonfiati (se non del tutto inventati) per giustificare l’intervento militare.

E non c’è bisogno di tornare troppo indietro nel tempo. Chi può dimenticare le famigerate “armi di distruzione di massa” di Saddam Hussein? L’amministrazione Bush, con l’aiuto di compiacenti servizi d’intelligence, costruì una narrativa falsa per giustificare l’invasione dell’Iraq nel 2003. Risultato? Centinaia di migliaia di morti, un Medio Oriente devastato e quelle armi mai trovate.

Più recentemente, le provocazioni degli Stati Uniti alla Russia, dalla questione NATO all’Ucraina, sembrano aver avuto l'obiettivo di spingere Mosca a un intervento militare, dipingendo poi Putin come l’unico aggressore. Non dimentichiamo neppure le accuse di utilizzo di armi chimiche da parte di Assad in Siria, che hanno fornito agli Stati Uniti e ai loro alleati il pretesto per una serie di bombardamenti devastanti, nonostante le prove a sostegno di tali accuse siano state più che controverse.

Il caso Northwoods, insomma, non è solo una pagina oscura del passato; è un pezzo del puzzle di una strategia geopolitica che gli Stati Uniti hanno affinato nel tempo. Manipolare la realtà, creare nemici inesistenti o amplificarne la minaccia per legittimare guerre, colpi di stato e interventi militari è una pratica consolidata. Resta da chiedersi: quante altre verità taciute o manipolate giacciono nei cassetti dei governi, pronte a emergere solo quando non serviranno più a nessuno? Quante altre operazioni di questo tipo siano state pianificate (e magari realizzate) e quanto siamo disposti, oggi, ad accettare la menzogna come pilastro della “democrazia” (quale)?

La storia ci insegna che la menzogna non è mai stata un incidente isolato, ma un’arma silenziosa, letale, che trasforma la geopolitica in un teatro dell’assurdo dove la verità è il primo, e più grande, caduto. E, come insegna Northwoods, a volte è così terrificante che preferiremmo non conoscerla.

 

 

 

Pin It
Info Autore
Massimo Reina
Author: Massimo Reina
Biografia:
Giornalista, scrittore e Social Media Editor, è stata una delle firme storiche di Multiplayer.it, ma in vent’anni di attività ha anche diretto il settimanale Il Ponte e scritto per diversi siti, quotidiani e periodici di videogiochi, cinema, società, viaggi e politica. Tra questi Microsoft Italia Tecnologia, Game Arena, Spaziogames, PlayStation Magazine, Kijiji, Movieplayer.it, ANSA, Sportitalia, TuttoJuve e Il Fatto Quotidiano. Adesso che ha la barba più bianca, ascolta e racconta storie, qualche volta lo fa con le parole, altre volte con i video. Collabora con il quotidiano siriano Syria News e il sito BianconeraNews, scrive per alcune testate indipendenti come La Voce agli italiani, e fa parte, tra le altre cose, dell'International Federation of Journalist e di Giornalisti Senza Frontiere. Con quest’ultimo editor internazionale è spesso impegnato in scenari di guerra come inviato, ed ha curato negli ultimi 10 anni una serie di reportage sui conflitti in corso in Siria, Libia, Libano, Iraq e Gaza.
I Miei Articoli

Notizie