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di  Massimo Reina 

 

Oggi è il Giorno della Memoria, quella data in cui, almeno per ventiquattr’ore, l’umanità si sforza di ricordare. Ricordare Auschwitz, Dachau, Treblinka, i campi di sterminio nazisti dove sei milioni di ebrei, oltre a rom, disabili, omosessuali e oppositori politici, furono ridotti in cenere. Le commemorazioni si sprecano, con le solite parole gonfie di retorica e una buona dose di ipocrisia. “Mai più”, ci diciamo ogni anno con un fervore che dura il tempo di una cerimonia, per poi dimenticare tutto appena spente le luci delle telecamere.

Eppure, se davvero il Giorno della Memoria fosse servito a qualcosa, oggi non dovremmo assistere a genocidi, apartheid, crimini contro l’umanità che gridano vendetta al cielo. Ma la storia, si sa, è un'insegnante pessima: i suoi alunni dimenticano tutto, preferendo ripetere gli stessi errori. Così, tra i tanti giorni della memoria che dovremmo istituire, ce ne sarebbe uno dedicato ai genocidi dimenticati, quelli che avvengono sotto i nostri occhi, a volte con il nostro silenzio complice.

Prendiamo il caso della Palestina. Sì, la Palestina, quel lembo di terra strappato pezzo dopo pezzo, villaggio dopo villaggio, da chi avrebbe dovuto ricordare meglio di chiunque altro cosa significhi essere oppressi, deportati, privati della dignità umana. Gli eredi delle vittime dell’Olocausto si sono trasformati in carnefici, replicando quegli stessi orrori che i loro antenati subirono a opera dei nazisti. Espulsioni forzate, bombardamenti su civili, un’intera popolazione rinchiusa in un’enorme prigione a cielo aperto, dove ogni diritto umano è calpestato con sistematica crudeltà.

Le immagini che ci arrivano da Gaza e dalla Cisgiordania sono una macabra eco di quelle che abbiamo visto nei documentari sull’Olocausto. Case rase al suolo, bambini morti sotto le macerie, famiglie disperate in cerca di un rifugio che non esiste. E mentre il mondo finge di non vedere, mentre governi e istituzioni internazionali balbettano frasi di circostanza, il genocidio prosegue, giorno dopo giorno, vittima dopo vittima.

 

 

Cosa penserebbero oggi i sopravvissuti ai campi di sterminio, se potessero vedere quello che sta accadendo? Si rivolterebbero nelle tombe, tristi e orrificati nel constatare che i loro discendenti si comportano come quei carnefici nazisti che tanto giustamente odiavano e condannavano. E allora viene da chiedersi: che senso ha la Memoria se non insegna nulla? Che valore hanno i “mai più” sbandierati ogni 27 gennaio, se poi li tradisce il silenzio del 28?

La verità è amara: la storia non ha insegnato nulla a nessuno. La memoria è diventata un esercizio sterile, un rituale vuoto che ci fa sentire buoni per un giorno, salvo poi permettere che il mondo continui a sprofondare negli stessi abissi. Finché non impareremo davvero dal passato, ogni giorno sarà un giorno della memoria sprecato, e la tragedia umana continuerà a ripetersi, ciclica e spietata.

 

 

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Info Autore
Massimo Reina
Author: Massimo Reina
Biografia:
Giornalista, scrittore e Social Media Editor, è stata una delle firme storiche di Multiplayer.it, ma in vent’anni di attività ha anche diretto il settimanale Il Ponte e scritto per diversi siti, quotidiani e periodici di videogiochi, cinema, società, viaggi e politica. Tra questi Microsoft Italia Tecnologia, Game Arena, Spaziogames, PlayStation Magazine, Kijiji, Movieplayer.it, ANSA, Sportitalia, TuttoJuve e Il Fatto Quotidiano. Adesso che ha la barba più bianca, ascolta e racconta storie, qualche volta lo fa con le parole, altre volte con i video. Collabora con il quotidiano siriano Syria News e il sito BianconeraNews, scrive per alcune testate indipendenti come La Voce agli italiani, e fa parte, tra le altre cose, dell'International Federation of Journalist e di Giornalisti Senza Frontiere. Con quest’ultimo editor internazionale è spesso impegnato in scenari di guerra come inviato, ed ha curato negli ultimi 10 anni una serie di reportage sui conflitti in corso in Siria, Libia, Libano, Iraq e Gaza.
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