di Massimo Reina
I curdi, il popolo senza Stato, eredi di una terra che non esiste sulle mappe, sono stati traditi per l’ennesima volta. Questa volta, a decretare il loro destino non è un impero morente o un regime dittatoriale, ma l’ennesima manovra geopolitica di chi si erge a paladino della democrazia e della libertà: gli Stati Uniti e Israele. Gli stessi che, con la loro politica di alleanze a geometria variabile, hanno spalancato le porte al dominio turco-fondamentalista islamico sulla regione, sacrificando i curdi sull'altare di interessi ben più redditizi.
L'ascesa di Sharaa e il genocidio dei curdi sull'altare di Ankara
Due settimane dopo aver preso il potere a Damasco, Ahmed al-Sharaa, leader del gruppo terroristico Hayat Tahrir al-Sham (HTS) ex affiliato ad Al Qaeda, si presenta al fianco del ministro degli Esteri turco Hakan Fidan, annunciando che tutte le armi in Siria passeranno sotto il controllo dello Stato. Uno Stato, va detto, nato più per decreto turco che per volontà popolare. La Siria post-Assad si configura sempre più come una pedina nella scacchiera di Ankara, mentre le forze che avevano combattuto per un futuro diverso – i curdi su tutti – si preparano a subire un destino tragicamente familiare: l’oblio, la persecuzione, il martirio.
Le dichiarazioni di Sharaa, che promettono il disarmo delle fazioni ribelli popolari e delle Forze Democratiche Siriane (SDF) a guida curda, non sono altro che l’ennesima dimostrazione di come la "rivoluzione siriana" sia stata trasformata in uno strumento geopolitico per soddisfare gli interessi della Turchia e dei suoi alleati. I ribelli filo turchi e i vari gruppi jihadisti minori sostenuti da Ankara, che hanno aiutato HTS a conquistare Damasco l'8 dicembre, vengono ora integrati in ciò che resta dell’esercito siriano, in queste ore decimato da esecuzioni sommarie e massacri in varie regioni compiuti proprio dalle milizie estremiste che hanno preso il potere. E i curdi? Etichettati loro come terroristi, nonostante siano stati i principali artefici della sconfitta dell’ISIS, vengono disarmati e condannati all’irrilevanza politica, quando non alla repressione violenta.
Non a caso la Turchia ammassa truppe al confine nord est della Siria, pronta a eliminare ogni curdo sulla sua strada come fece secoli prima con gli armeni. Purtroppo non è la prima volta che la comunità curda viene tradita. L’Occidente, così veloce a sfruttare il loro sacrificio come detto contro l’ISIS, ora si nasconde dietro il solito silenzio opportunista. Ma questa volta il colpo di grazia arriva da Ankara, che usa Sharaa e il suo nuovo governo come strumento per completare il progetto di eliminazione dell’autonomia curda.
A rendere il quadro ancora più fosco sono gli altri peccati di questa nuova leadership. Parliamo di uno Stato che si erge su basi fragili e discutibili: dall’ingerenza turca nella scelta dei suoi leader agli scandali di spionaggio industriale e ai traffici illeciti. Questa "pacificazione" non è altro che un disegno per consolidare il controllo della Turchia e sacrificare ogni possibilità di una Siria inclusiva e pluralista. I curdi, lasciati soli ancora una volta, stanno per aggiungere un altro capitolo tragico alla loro lunga storia di resistenza e tradimenti. E così, sotto Sharaa, il sogno di una Siria libera e sovrana appare sempre più lontano, sostituito da un incubo di ingerenze esterne e repressione interna.