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di  Massimo Reina

 

Che gli Stati Uniti abbiano da sempre una capacità unica nel prendersi il monopolio della morale universale, mentre nel frattempo giocano sporco in ogni angolo del mondo, non è una novità. Ma c'è qualcosa di ancora più ipocrita, quasi grottesco, nel modo in cui il governo americano – quello uscente di Joe Biden, l'eroe dei diritti umani solo quando conviene – ha reagito all’allarme lanciato da un’organizzazione da loro stessi creata: la Famine Early Warning Systems Network (FEWS NET). L'agenzia ha pubblicato un rapporto che grida al mondo l’imminente catastrofe umanitaria nel nord di Gaza, causata dagli attacchi israeliani e dalla devastazione del tessuto civile e umanitario. La risposta di Washington? Semplice: negare, screditare e tacciare di tempismo sospetto chi prova a raccontare una verità scomoda.

La carestia di massa che potrebbe colpire Gaza non è un dettaglio. È il frutto diretto di settimane di bombardamenti che non risparmiano ospedali, scuole e convogli di aiuti umanitari, il tutto giustificato da Israele con l’immancabile mantra della “lotta al terrorismo”. Un mantra ripetuto così tante volte da aver perso ormai qualsiasi contatto con la realtà. Ai bambini che muoiono di fame e ai civili schiacciati sotto le macerie non interessa sapere chi sia il “terrorista” e chi il “difensore della libertà”. La fame, il dolore, la morte non conoscono propaganda, eppure vengono abilmente manipolati.

E proprio qui sta il capolavoro del governo Biden, maestro di opportunismo politico. Avere la faccia tosta di bollare come “sbagliato” il rapporto della FEWS NET, perché rischia di rovinare la narrazione filo-israeliana che Washington porta avanti con fedeltà canina, è il colpo di scena perfetto. Non importa che il rapporto sia fondato su dati e testimonianze sul campo. L’importante è che non interferisca con la campagna propagandistica che trasforma ogni atrocità in un atto di “difesa legittima”.

La verità è che l’amministrazione americana non è mai stata interessata a tutelare i civili di Gaza, né tantomeno i bambini. Quelli che muoiono sotto le bombe o di stenti sono un effetto collaterale accettabile, se a beneficiarne sono gli “amici” israeliani. E poco importa se a Gaza si rischia di vivere uno degli episodi più gravi di pulizia etnica della storia recente: il supporto incondizionato a Israele è un pilastro della politica estera americana, un pilastro che non si sgretola nemmeno davanti all’evidenza dei crimini di guerra.

 

 

Che Biden e soci si affrettino a sminuire un rapporto che non fa altro che raccontare una tragedia annunciata è emblematico. Significa che, per loro, la vita dei bambini palestinesi vale meno di una strategia geopolitica. Significa che, come sempre, gli interessi di chi sgancia le bombe vengono prima delle vittime. Gaza può bruciare, può morire di fame: l’importante è che non si rovini la narrazione di comodo, quella dove Israele è sempre la vittima e gli altri il male assoluto.

Ma c’è un limite a tutto. E se il grido d’allarme di un’organizzazione come la FEWS NET viene silenziato o derubricato a “inopportuno”, non siamo solo davanti all’ennesimo atto di cinismo politico. Siamo davanti a un crimine morale, uno di quelli che passeranno alla storia come la vergogna di una nazione che ha tradito, ancora una volta, la giustizia in nome della convenienza.

 

 

 

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Info Autore
Massimo Reina
Author: Massimo Reina
Biografia:
Giornalista, scrittore e Social Media Editor, è stata una delle firme storiche di Multiplayer.it, ma in vent’anni di attività ha anche diretto il settimanale Il Ponte e scritto per diversi siti, quotidiani e periodici di videogiochi, cinema, società, viaggi e politica. Tra questi Microsoft Italia Tecnologia, Game Arena, Spaziogames, PlayStation Magazine, Kijiji, Movieplayer.it, ANSA, Sportitalia, TuttoJuve e Il Fatto Quotidiano. Adesso che ha la barba più bianca, ascolta e racconta storie, qualche volta lo fa con le parole, altre volte con i video. Collabora con il quotidiano siriano Syria News e il sito BianconeraNews, scrive per alcune testate indipendenti come La Voce agli italiani, e fa parte, tra le altre cose, dell'International Federation of Journalist e di Giornalisti Senza Frontiere. Con quest’ultimo editor internazionale è spesso impegnato in scenari di guerra come inviato, ed ha curato negli ultimi 10 anni una serie di reportage sui conflitti in corso in Siria, Libia, Libano, Iraq e Gaza.
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