di Alessandra Sorcinelli
Il clima, il luogo, l’incanto di una terra non è bastato, un territorio paradisiaco come quello sardo, non è riuscito ad evitare il fenomeno peggiore per un luogo che può e che deve offrire la vita ai suoi abitanti.
L’uomo da sempre si adatta a sopravvivere ovunque sul pianeta, ma questo assunto appare contraddirsi ed evidenziarsi se si osserva il fenomeno della denatalità, dello spopolamento, dell’invecchiamento, delle concatenate crisi dell’istruzione e dello sviluppo correlato.
La politica, le istituzioni, la società, la scuola, gli studiosi, la famiglia, le aggregazioni religiose e sociali non riescono a frenare un fenomeno emorragico senza soluzione.
Dati demografici, statistici, ci proclamano il triste verdetto, ci evidenziano e sottolineano questa annunciata morte della nostra isola.
Da ovunque e da chiunque si odono annunci di soluzioni valide per frenare questo fenomeno depressivo e per riavviare lo sviluppo.
Sprazzi di idee da ogni dove pervenuti e pervengano hanno aiutato e aiutano ma sono ancora soltanto dei corroboranti .
Una linea pregnante e risolutiva del fenomeno non pare esserci.
Interventi a spot si susseguono, comportanti investimenti di risorse pubbliche anche notevoli, ma restano ancora fenomeni risolutivi a macchia di leopardo.
Il miglioramento continuo è il solo motore che deve muovere persone e cose.
Urge una spinta motivazionale ed un rinnovato amore per la terra d’origine.
I concetti di massima globalizzazione da un lato ci coinvolgono e ci affascinano, fungendo anche da specchietti per le allodole.
Per contro una chiusura verso noi stessi sardi non giova.
Integrazione collaborazione aperture al mondo nuovo?
La condizione familiare e della donna si presenta a tratti evoluta e a tratti retrograda.
Non basta adagiarsi sul vantaggio di un ambiente da Eden, che spesso invece per contro, si configura come un handicap, un gap, rispetto ad un vero sviluppo.
C’è comunque da dire che questo agognato sviluppo bisogna poi vedere in cosa lo si vuole concretizzare sul piano concreto.
Conciliare le diversità nelle unicità sarebbe il primo atto che deve svilupparsi e radicare nell’animo di ciascuno.
Allenarsi a non volere omologarsi ma bensì significa un evidenziarsi come singolo e come aggregato con le proprie caratteristiche.
Le soluzioni pratiche tecniche giuridico economico sociale non saranno affrontate in questo intervento che mira invece a volere far emergere una modalità di pensiero.
Si sa che il pensiero, la spinta motivazionale al dire al fare al visualizzare nonché l’immaginare sono propedeutici e propulsori del cambiamento.
Stimolo invece le menti e gli animi verso una consapevolezza del fenomeno e verso l’urgenza indefettibile di sentire come i sardi sentono, con “su sentidu” ad ogni livello, partendo da una coscienza nuova, la necessità di produrre soluzioni stabili.
Queste tematiche non sono appartenenti solo alla mia terra di nascita e di vita.
Il fenomeno è diffuso e ampio in ogni luogo che non sia la sede della competitività e del “progresso produttivo”.
Ci appartiene pertanto e nessuno è escluso, ovvero nessuno può essere escluso dal fenomeno di un singolo che inevitabilmente si riverbera su tutti.
Anche la poesia ci può essere da sostengo e incentivo.
Dedicando a questo tema alcuni miei versi, ne vorrei fare un motto.
Da “Legacci “:
“Sardegna Sardegna Terra Antica e Degna
Slegati il sandalo e l’anima
Ajo Tottus in pari
Non ha futuro chi non s’impegna.”