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di Lucia Zappalà

Perché si bombardano case, scuole, asili, ospedali e teatri?

Perché si bombarda un teatro dove si sa che ci sono dei bambini?

In questi giorni al teatro di arte drammatica di Mariupol si sarebbe aperto il sipario, si sarebbero accesi i riflettori per far andare in scena "Frida", uno spettacolo sulla storia di Frida Kahlo.

E invece Mercoledì 16 marzo il teatro è stato preso in pieno dai bombardamenti russi. Dentro la struttura per ripararsi dagli attacchi aerei si erano rifugiati diversi sfollati. Venivano dalla parte orientale della città; quella zona dove non era più prudente restare perché troppo vicina al fronte.

All'inizio si credeva fosse una guerra tra militari. Ogni combattimento non è mai sicuro e forse avrebbe colpito anche dei civili. E questo sarebbe stato un "effetto collaterale" da poter tollerare. Era così che si ragionava all'inizio.

Il teatro di Mariupol era rimasto illeso dopo la rivoluzione anarchica con Nestor Machno in Ucraina (1918-20), dopo la Prima e la Seconda Guerra Mondiale, dopo l'invasione dei nazisti di Hitler.

Ora nel ventunesimo secolo non ha resistito all'attacco di Putin ed è stato distrutto da un caccia russo. È stato bombardato nonostante ai piedi della struttura ci fossero due grandi scritte in cirillico "deti", che vuol dire "bambini".

Quattro grandi lettere raffigurate sul terreno e ben visibili dai sistemi satellitari.

Dopo il frastuono intenso di ogni bombardamento rimane il silenzio doloroso di tanti cuori dilaniati. Innocenti chiusi nella loro città e lasciati senza medicine, cibo, acqua, luce, riscaldamento. Lasciati con la malvagità di non far arrivare aiuti, con la spietatezza di non far arrivare la corrente, con la feroce disumanità di distruggere le caldaie.

Si resta senza parole. Certo, non ci sono più parole per definire l'oltraggiosa atrocità che stiamo vedendo. Un'atrocità che non somiglia a niente, avviluppata con l'inumana crudeltà, la violenza, la distruzione.

La crudeltà, la violenza non vengono mai prima.

Derivano dall'amore che si rompe e non sappiamo ricostruirlo; dalla felicità che manca e non riusciamo più ad inventarla.

Probabilmente molti di quei missili hanno la loro fabbrica nel piano più basso dei diritti umani dove la terra freme di ingiustizia; dove la dignità, l'uguaglianza, la democrazia, la solidarietà sbiadiscono fino ad annullarsi.

Dopo tutto questo disastro non sappiamo fare altro che disperarci. Possiamo nasconderci in un altro rifugio e sentire che ancora e ancora ci sarà un nuovo bombardamento. Sentire quanto fa male una perdita, a te che sei madre o padre. Sentire come in un tempo terribilmente breve si perde tutto. Sentire la morte quando addenta.

È morta tanta gente e tanta ne morirà ancora. È vergognoso. È un'indecenza. E il mondo non può restare indifferente a tutti quegli esseri umani che ancora prima della libertà hanno perso la vita.

Non basterà chiedere scusa per l'orrore e la devastazione che la guerra ha provocato e continuerà a provocare ancora ai più deboli e indifesi, ai meno tutelati.

Non possiamo far crescere il giardino della PACE senza nessuna cura.

Non si potrà raccogliere nulla da un giardino incolto.

 

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Info Autore
Lucia Zappalà
Author: Lucia Zappalà
Biografia:
Lucia Zappalà nasce nel 1971 in Sicilia. Inizia a scrivere poesie al Liceo Classico, scrittura che abbandona subito dopo la maturità. Dopo due decenni di “astinenza” si ridesta forte e imponente il bisogno di dedicarsi di nuovo alla scrittura, riscoprendo che la Poesia è ciò che dà un senso a tutto quando chiude gli occhi la sera. Riprende nell’estate del 2015 nascondendo dapprima questa passione, lasciandosi andare dopo alla condivisione dei suoi testi. Partecipa a concorsi nazionali, conseguendo svariati riconoscimenti. Sue poesie sono presenti in varie antologie di AA. VV. “Scriverai d’una luna nuova”, pubblicato con Akkuaria nel 2019, è il suo primo libro, che è già stato premiato in vari concorsi letterari. Dal 1997 vive a Istrana (TV) col marito e i due figli.
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