Quarantaquattro anni fa, il 16 marzo 1978, l’Onorevole Aldo Moro, nato a Maglie il 23 settembre del 1916, venne rapito dalle Brigate Rosse a Roma. I terroristi studiarono nei minimi dettagli un'imboscata raccontata moltissime volte, per capire cosa si sarebbe potuto fare di più per salvare la vita a Moro
Una lunga militanza in politica: nel 1946 viene eletto all’Assemblea Costituente come rappresentante della DC, di cui è stato uno dei fondatori, e, nelle elezioni dell’aprile 1948, viene eletto alla Camera.
Cinque volte Presidente del Consiglio, era convinto che la stagione del centrismo fosse finita, lavora per spostare verso sinistra l’asse del governo.
Sceglie una strada molto difficile.
Il 16 marzo 1978, un commando delle Brigate Rosse uccide gli uomini della sua scorta e lo rapisce, si stava recando in Parlamento dove avrebbe votato la fiducia a un governo a conduzione democristiana, con il sostegno esterno dei comunisti.
L'agguato in via Fani alle 9.02 del 16 marzo 1978, arrivava da casa in via del Forte Trionfale 76, dopo la solita tappa in chiesa si stava recando al lavoro.
Persero la vita Domenico Ricci, l’autista dell’auto dell’Onorevole, il maresciallo Oreste Leonardi e gli agenti della scorta Francesco Zizzi, Giulio Rivera e Raffaele Iozzino.
Il 9 maggio 1978 il cadavere del presidente della DC viene ritrovato dentro il bagagliaio di una Renault 4 a Roma, in via Michelangelo Caetani, a metà strada tra la sede del Partito Comunista di Botteghe Oscure, e la sede della Democrazia Cristiana in Piazza Del Gesù.
Pubblichiamo l'ultima lettera di Aldo Moro alla moglie Eleonora Chiavarelli, recapitata il 5 maggio 1978 solo 4 giorni prima della sua morte:
"Mia dolcissima Noretta,
dopo un momento di esilissimo ottimismo, dovuto forse ad un mio equivoco circa quel che mi si veniva dicendo, siamo ormai, credo, al momento conclusivo. Non mi pare il caso di discutere della cosa in sé e dell’incredibilità di una sanzione che cade sulla mia mitezza e la mia moderazione. Certo ho sbagliato, a fin di bene, nel definire l’indirizzo della mia vita. Ma ormai non si può cambiare. Resta solo di riconoscere che tu avevi ragione. Si può solo dire che forse saremmo stati in altro modo puniti, noi e i nostri piccoli.
Vorrei restasse ben chiara la piena responsabilità della D.C. con il suo assurdo ed incredibile comportamento. Essa va detto con fermezza così come si deve rifiutare eventuale medaglia che si suole dare in questo caso. E’ poi vero che moltissimi amici (ma non ne so i nomi) o ingannati dall’idea che il parlare mi danneggiasse o preoccupati delle loro personali posizioni, non si sono mossi come avrebbero dovuto. Cento sole firme raccolte avrebbero costretto a trattare. E questo è tutto per il passato.
Per il futuro c’è in questo momento una tenerezza infinita per voi, il ricordo di tutti e di ciascuno, un amore grande grande carico di ricordi apparentemente insignificanti e in realtà preziosi. Uniti nel mio ricordo vivete insieme. Mi parrà di essere tra voi. Per carità, vivete in una unica casa, anche Emma se è possibile e fate ricorso ai buoni e cari amici, che ringrazierai tanto, per le vostre esigenze. Bacia e carezza per me tutti, volto per volto, occhi per occhi, capelli per capelli. A ciascuno una mia immensa tenerezza che passa per le tue mani.
Sii forte, mia dolcissima, in questa prova assurda e incomprensibile.
Sono le vie del Signore. Ricordami a tutti i parenti ed amici con immenso affetto ed a te e tutti un caldissimo abbraccio pegno di un amore eterno. Vorrei capire, con i miei piccoli occhi mortali, come ci si vedrà dopo. Se ci fosse luce, sarebbe bellissimo. Amore mio, sentimi sempre con te e tienmi stretto. Bacia e carezza Fida, Demi, Luca (tanto anto Luca) Anna Mario il piccolo non nato Agnese Giovanni. Sono tanto grato per quello che hanno fatto.
Tutto è inutile, quando non si vuole aprire la porta.
Il Papa ha fatto pochino: forse ne avrà scrupolo"
Fonte lettera: II Memoriale