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di Caterina Viola Scimeca

Si è liberato dal calesse e, nella sua folle corsa verso la libertà, si è sfracellato contro un cartellone pubblicitario. È successo qualche settimana fa a Messina. Era solo un povero  un cavallo che tutto il giorno trasportava turisti in giro per la città. 

Nella foschia del caldo, in un ambiente inquinato, sovraffollato, doveva trotterellare come se fosse felice.
Ma lui era molto infelice, ma a nessuno interessava. Quello non era il suo mondo. Quello non è un ambiente ideale neanche per l'uomo. Immaginate per una creatura come lui, che ama le praterie, le corse assieme ad altri cavalli, l'acqua fresca che esce dal ruscello, l'erbetta bagnata di rugiada, il riposo all'ombra sotto un albero, che cosa significhi vivere ogni giorno macinando chilometri e chilometri sull'asfalto.
Chissà quante volte avrà pensato:
"Mi sgancio, è un attimo...e via verso la libertà!"
Improvvisamente, ha trovato la forza per farlo ma quell'ostacolo che si è trovato di fronte, per sfuggire alle macchine in corsa, non l'aveva previsto.
Lui camminava con i paraocchi, non sapeva cosa ci fosse ai lati del calesse.

"Mi dispiace amore, spero che la tua morte, come la morte di altri cavalli nella tua stessa situazione, serva a qualcosa. Serva a fare capire agli uomini che il giro in città, con visione panoramica su asfalti grigi, si possa fare con un altro mezzo meccanico, studiato per attirare i turisti.
Mi addolora guardare quella pozza di sangue, quell'animale riverso a terra.  Mi addolora. Vorrei un mondo dove ci fosse più rispetto, verso tutte le creature viventi, verso il Creato.

La Vita merita rispetto, in qualsiasi forma si manifesti".

 

 

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