di Mariella Foggetti
Ritengo sia alquanto interessante comprendere il motivo per cui spesso il complesso ingranaggio dei servizi sociali fatichi ad attuare le energie necessarie per l’applicazione di importanti provvedimenti a carico di minori e di tante famiglie bisognose di aiuto e riflettere allo stesso tempo sulla carenza del lavoro di rete e sulla solitudine di tanti operatori sociali spesso lasciati soli nella loro delicata professione.
Gli operatori sociali che spesso si occupano di minori e delle loro famiglie per conto dei servizi sociali non sono insegnanti di sostegno o baby-sitter come spesso crede la gente, bensì professionisti formati che si occupano di supportare tutte quelle persone di cui spesso le stesse istituzioni che dovrebbero occuparsene conoscono davvero ben poco. Si parla dell’educatore professionale, figura importantissima del settore socioassistenziale che esegue i suoi interventi educativi spesso in famiglie con cui nessuno vuole interagire, che lavora nei quartieri dimenticati da Dio cercando di capire cosa accada in certi contesti familiari per verificare la fondatezza delle segnalazioni giunte ai servizi sociali.
Non sono poliziotti, non giudicano, non condannano, ma osservano ed ascoltano la gente, confrontandosi con quella parte della società emarginata verso la quale molte persone mostrano pregiudizi.
Ci sono però tante carenze che caratterizzano l’operato di gran parte dei servizi sociali del nostro Paese.
La cosa che non si comprende in primis è il motivo per cui vi sia un numero esiguo di visite domiciliari da parte degli assistenti sociali nei nuclei di cui si occupano: molti di loro affermano di non aver tempo, altri temono ritorsioni, ad altri invece interessa palesemente il puro e comodo lavoro di ufficio.
Non si comprende il motivo per cui ci si trovi spesso in un tunnel di lentezza e burocrazia che non porta nella gran parte dei casi da nessuna parte.
Gli operatori sociali che si occupano di servizi di assistenza domiciliare presso questi nuclei disagiati, consapevoli di queste carenze, cercano, per quello che possono, di osservare e di raccogliere quante più informazioni necessarie per comprendere le reali problematiche delle famiglie al fine di costruire un buon lavoro di rete con i servizi per supportare concretamente i nuclei bisognosi.
Gli educatori nella maggior parte dei casi sono sottopagati a causa di pseudo contratti di poche ore a settimana che non bastano per coprire gli interventi educativi necessari e di conseguenza per comprendere a fondo la gravità di un caso e verificare effettivamente la veridicità delle avvenute segnalazioni.
Nonostante gli educatori provino a denunciare, laddove necessario, situazioni gravissime, i servizi sociali spesso rispondono di non possedere i fondi necessari per rafforzare gli interventi educativi.
Ancor più grave è inoltre la situazione che si crea laddove i Comuni affidano i servizi di assistenza educativa a Cooperative Sociali poco affidabili, per cui gli operatori vivono oltre al peso del proprio ruolo, anche l’ansia di uno stipendio che spesso non viene loro accreditato per mesi, lavorando pertanto con un profondo disagio interiore e poca serenità mentale.
Il tempo passa e può accadere che l’educatore dopo mesi di attenta osservazione, denunci e segnali situazioni gravi attraverso la stesura di attente relazioni da consegnare al servizio sociale che dovrà valutare e nel caso con urgenza segnalare tutto al Tribunale di competenza.
Passano a volte mesi oppure anni prima che quelle importanti relazioni inviate e recapitate ai servizi sociali abbiano una risposta.
Perché?
Troppo spesso le relazioni scritte dagli educatori non sono lette con attenzione, a volte si teme di denunciare il caso al Tribunale per timore di ritorsioni, in altri casi semplicemente quei documenti che potrebbero determinare il futuro di minori e di tante famiglie restano impolverate sulle scrivanie degli uffici in questione.
Passano mesi, il caso si aggrava, il telefono dei servizi sociali squilla, ma nulla.
Si prende e si perde tempo.
L’educatore capisce di essere solo.
I servizi sociali sono latitanti.
Pare dunque che se non accada la tragedia tutto possa aspettare.
La domanda è: chi paga per tutta questa inefficienza e superficialità?
Perché non ci sono controlli adeguati sull’operato dei servizi sociali?
Una domanda a cui tuttora non si riesce a dare una valida ed esaudiente risposta, mentre in molti casi ed in troppe città continua a far rumore la solitudine degli educatori accanto ad una vergognosa latitanza dei servizi sociali.