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Armi a Kiev, potere a Bruxelles: l'UE verso una deriva autoritaria? Il rischio di un'Europa sempre più lontana dai cittadini

 

di  Monica Vendrame 

La guerra in Ucraina ha messo a nudo molte fragilità dell’Europa, ma ha anche accelerato dinamiche che rischiano di stravolgere gli equilibri interni dell’Unione Europea. Tra queste, c’è il crescente ruolo della Commissione Europea in ambiti che tradizionalmente sono stati di stretta competenza degli Stati nazionali, come la difesa e la sicurezza. Il supporto militare a Kiev, spesso presentato come una scelta obbligata e senza alternative, sta diventando il pretesto per un’espansione del potere della Commissione che solleva non poche preoccupazioni.

La Commissione Europea, che dovrebbe essere un organo tecnico e amministrativo, sta assumendo un ruolo sempre più politico e decisionale, soprattutto attraverso strumenti come il Fondo Europeo per la Pace (European Peace Facility). Questo fondo, inizialmente concepito per missioni di peacekeeping, è stato utilizzato per finanziare l’invio di armi all’Ucraina, con miliardi di euro già stanziati. Ma chi decide davvero come e dove spendere questi soldi? In teoria, gli Stati membri hanno l’ultima parola, ma nella pratica, la Commissione sta acquisendo un’influenza sempre maggiore, dettando l’agenda e spingendo verso una militarizzazione dell’UE che molti cittadini non hanno mai approvato.

Il problema non è solo tecnico, ma profondamente politico. La Commissione Europea, composta da funzionari non eletti, sta gradualmente erodendo la sovranità degli Stati nazionali, scavalcando i parlamenti nazionali e persino il Parlamento Europeo. Questo solleva seri interrogativi sulla legittimità democratica di tali decisioni. Quando si tratta di inviare armi in una zona di guerra, chi risponde delle conseguenze? Chi garantisce che queste scelte rispecchino la volontà dei cittadini europei? La risposta, purtroppo, è scomoda: nessuno.

Inoltre, c’è il rischio concreto che questa centralizzazione del potere militare nelle mani della Commissione porti a una deriva autoritaria. Già oggi, le critiche al ruolo della Commissione vengono spesso bollate come “euroscetticismo” o “filo-russismo”, riducendo il dibattito a una contrapposizione manichea tra chi sostiene Kiev e chi no. Ma la questione è più complessa: si tratta di capire se vogliamo un’Europa sempre più centralizzata, dove le decisioni cruciali vengono prese da un’élite tecnocratica lontana dai cittadini, o se vogliamo preservare il principio della sovranità nazionale, che rimane l’unico baluardo di democrazia in un’UE sempre più distante dalle persone comuni.

E poi c’è il tema della trasparenza. Quanto sappiamo davvero su come vengono spesi i fondi per le armi? Quali interessi si nascondono dietro queste decisioni? La Commissione Europea, con il suo approccio opaco e spesso poco incline al dialogo, non sembra disposta a rispondere a queste domande. E questo, in un contesto così delicato come quello della guerra, è inaccettabile.

Non si tratta di mettere in discussione il supporto all’Ucraina in modo aprioristico, ma di chiedersi se sia davvero saggio concentrare così tanto potere nelle mani di un’istituzione non eletta. La guerra in Ucraina sta diventando un pretesto per accelerare processi di integrazione europea che non sono mai stati realmente discussi con i cittadini. E questo, in una democrazia che si rispetti, è un problema enorme.

 


La questione del potere della Commissione Europea non è solo una disputa tecnica o burocratica: è una questione di principio. L’Europa si trova a un bivio. Da un lato, c’è la tentazione di creare un super-Stato centralizzato, dove le decisioni vengono prese da pochi, lontani dalle realtà locali e dai bisogni concreti dei cittadini. Dall’altro, c’è la possibilità di preservare un’Europa delle nazioni, dove la sovranità degli Stati membri rimane il fondamento della democrazia e della legittimità politica.

La guerra in Ucraina, con tutte le sue tragiche conseguenze, non può diventare il cavallo di Troia per un’ulteriore centralizzazione del potere. Se vogliamo un’Europa forte, deve essere un’Europa democratica, trasparente e rispettosa delle diversità che la compongono. Altrimenti, rischiamo di costruire un’Unione Europea che, nel nome della sicurezza e della stabilità, sacrifica proprio quei valori che dice di voler difendere.

La Commissione Europea deve tornare al suo ruolo originario di organo tecnico, lasciando le decisioni politiche e militari a chi ha il mandato popolare per prenderle. Altrimenti, rischiamo di vincere una battaglia contro l’autoritarismo fuori dai nostri confini, mentre lo alimentiamo dentro di essi. E questa non sarebbe una vittoria, ma una sconfitta per tutti.

 

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Info Autore
Monica Vendrame
Author: Monica Vendrame
Biografia:
Vive a Pegli, affacciata sul mare di Genova, dove il cielo e l’orizzonte si fondono, ispirando la sua anima creativa. Direttrice editoriale del quotidiano online La Voce agli Italiani, scrive articoli che uniscono rigore giornalistico a una sensibilità unica, affrontando temi sociali, culturali e di attualità con profondità e originalità. Vicepresidente dell’Associazione culturale Atlantide - Centro studi nazionale per le arti e la letteratura, è una promotrice instancabile di eventi culturali, dedicandosi a progetti che celebrano l’arte e la parola. Scrittrice e poetessa, traduce in versi le emozioni più profonde, trasformando il quotidiano in poesia. Attualmente sta lavorando al suo primo volume di liriche, un’opera intima e suggestiva che vedrà la luce nel 2025, promettendo di regalare ai lettori un viaggio attraverso i sentimenti e le riflessioni che animano il suo mondo interiore. Curiosa per natura, è sempre in ascolto del mondo che la circonda, con uno sguardo attento e sensibile alle sfumature della vita. La sua sete di conoscenza la porta a leggere, approfondire e rimanere aggiornata su svariati argomenti, soprattutto quelli che toccano le corde della sua anima. Nutre un amore sviscerato per gli animali, creature che considera messaggeri di purezza e bellezza, e si diletta a catturare attimi fuggenti con la sua macchina fotografica, fermando nel tempo immagini che la emozionano. Ama la pittura, apprezzandone la capacità di trasformare colori e forme in emozioni visive, e trova nell’arte in tutte le sue espressioni una fonte infinita di ispirazione. La sua vita è un intreccio di parole, immagini e passioni, un caleidoscopio di interessi che riflette una personalità poliedrica e generosa. Con la sua scrittura, il suo impegno giornalistico e la sua dedizione alla cultura, continua a seminare bellezza, ispirazione e connessione.
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