di Lorenzo Rossomandi
Ieri il mio amico Craig, americano che adesso vive in Italia, mi ha mandato una foto dal Vermont di un monumento dedicato al contributo degli immigrati italiani. Quindi succede che da qualche parte nel mondo qualcuno si senta in obbligo di spendere dei soldi pubblici per inalzare un monumento dedicato ai migranti.
Ma è poi così strano?
Forse se si legge nel modo giusto il fenomeno della “migrazione”, ci si rende conto che non è un tanto un “fenomeno”. Nel senso che non è una cosa eccezionale nella storia dell’umanità.
Anzi.
Immaginate che nella storia non ci fossero stati contatti tra le varie popolazioni del mondo. Nessun flusso migratorio, nessuna invasione o conquista, nessun rimescolamento di popoli. Pensate che davvero il mondo sarebbe quello che è? Credete che la nostra cultura sarebbe la stessa?
La maggior parte della nostra evoluzione è dovuta proprio a questo continuo scambio di informazioni, conoscenze, culture e persino DNA tra i popoli. Ciò che rendeva migliore la vita di un popolo veniva copiato da altri e forse spesso migliorato, o peggiorato come nel caso della polvere da sparo utilizzata in Cina solo per i giochi pirotecnici.
La maggior parte di questi “scambi” sono dovuti a tre metodi di contatto tra popoli. I viaggi, come quello di Marco Polo, le invasioni o le conquiste belliche e, infine, le migrazioni di massa.
Nel primo caso si tratta di eccezioni. Poche, importanti, ma fruttifere. Le seconde due sono più frequenti. Ma, c’è una differenza importante tra queste due riguardo all’evoluzione del genere umano: mentre per le conquiste chi ha invaso e vinto, salvo rare eccezioni, ha imposto la propria cultura sul vinto, nel caso della migrazione non esiste un popolo che dà e uno che riceve. Non essendoci una causa traumatica come una guerra tra i due popoli a provocare il contatto, la propensione è quella che porta alla crescita culturale di entrambi i popoli.
E qui scatta la differenza tra coloro che sono propensi a migliorare se stessi e coloro che si arroccano sulle loro posizioni, credenze e costumi e non accettano i cambiamenti. Quest’ultimi sono quelli che parlano di “invasione” dei migranti. Vedono, cioè, l’arrivo di flussi di popoli “diversi” come se fossero una minaccia, come se, chi arriva, fosse mosso una spinta conquistatrice.
E qui devo fare una considerazione di tipo personale. Niente di scientifico o statisticamente provato. Solo esperienza personale. Le persone che conosco e che vedono nei migranti una minaccia, sono fatalmente di istruzione medio bassa e di cultura generale molto modesta. Ma hanno anche una caratteristica in comune: odiano le cose nuove. Hanno una paura cane dell’ ignoto. E se una persona ha passato una vita a ripetere sempre le stesse cose, trovando nella routine la propria sicurezza, è ovvio che sia spaventato da tutto ciò che minaccia il suo equilibrio .
Ma così non si cresce!
Qualsiasi popolo che si muove porta con sé nuove esperienze e conoscenze che arricchiscono i popoli che li ospitano.
Ecco, sento già qualche voce di velata tendenza razzista: “ma cosa possono portarci di buono popoli così arretrati”. La risposta è semplice. Minimo minimo potrebbero aiutarci ad imparare ad essere più accoglienti e umani.
E poi, tornando alla foto di Craig, pensate al migrante italiano medio di iniziò XXº secolo, pensate a giovani contadini, poveri, senza istruzione e marcati, purtroppo molto spesso a ragione, come mafiosi. Ecco, se un popolo come quello americano, già all’epoca ricco e tecnologicamente avanzato ha sentito l’esigenza di erigere un monumento al migrante italiano, significa davvero che da qualunque connessione tra popoli ci si può arricchire…
…volendo.