La grave crisi legata alla pandemia da covid 19, che ha stravolto in questi due anni il nostro Paese e non solo e che ha avuto gravissime ricadute sul piano economico e sociale, non ha risparmiato, purtroppo, neppure il Servizio sanitario, dimostrandone la grave fragilità nelle risposte assistenziali soprattutto a livello della medicina territoriale.
In Calabria, tale crisi è stata ancora più acuta, colpendo un sistema sanitario già di per sé fragile in conseguenza delle misure restrittive imposte, fin dal 2007, dal Piano di Rientro e gestite, negli anni da Commissari più meno straordinari e comunque, tutti, incapaci di risollevarne le sorti economiche.
Mancato rinnovamento tecnologico, inesistente sostituzione del personale che negli anni andava in pensione, pesante inquinamento mafioso sia nelle istituzioni sanitarie che nella gestione delle risorse, sono le cause di una fallimentare gestione, cui, non sono estranei i partiti che in tutti questi anni si sono susseguiti nella gestione della cosa pubblica.
La cartina di tornasole di questo disastro è lo stato in cui versa il servizio di emergenza territoriale 118, che è stato in questi ultimi due anni uno dei pilastri nella risposta alla pandemia, sostituendosi spesso sia alle strutture ospedaliere che alla medicina di base, e che oggi soffre in modo acuto della carenza di medici.
Purtroppo, leggiamo quotidianamente, i casi in cui le ambulanze debbono prestare soccorso senza la presenza di medici a bordo, anche per situazioni in cui la loro presenza è assolutamente necessaria, e non soltanto per motivi di ordine medico legale. Se è vero, infatti, che la problematica della mancanza di medici nel servizio 118 si riscontra in tante altre regioni italiane, è indubitabile che, specie nella provincia di Cosenza, uno dei territori più dell’intero Paese, la questione riveste carattere particolarmente grave. E, in questo quadro, non si può tacere di fronte al ruolo cui viene sottoposto il personale infermieristico (e quello di supporto), costretto a responsabilità che non sono proprie del loro mansionario, ma che vengono supportate con professionalità e dedizione. Nondimeno, non è sufficiente denunciare. Servono proposte concrete, che dovranno tradursi in azioni concrete se saremo chiamati a responsabilità di governo.
Si tratta di proposte che hanno valore anche strategico e che dovranno vedere impegnata la nostra compagine non solo nella risoluzione, in tempi brevi, di problematiche di pertinenza regionale, ma anche nella proposizione di nuovi e specifici approcci al sistema delle emergenze, sia intra che extra-ospedaliere.
Pensiamo ad esempio alla situazione inerente la grave carenza di scuole di specializzazione per i medici di emergenza, quasi assenti nell’intero meridione. O, ancora, alla inesistenza di veri e propri Dipartimenti Integrati di Emergenza, in cui, in un futuro che speriamo non lungo, potrà operare un
medico specialista in Medicina e Chirurgia d’Urgenza ed Accettazione, ed in cui non si faccia più distinzione più tra operatori sanitari di pronto soccorso e medici di ambulanza.
Intanto, nell’immediato, bisognerà chiudere col precariato per tutte le figure che operano nel 118. In concreto, questo dovrà significare il passaggio alla dipendenza dei medici del 118 che lavorano da troppi anni con un contratto in convenzione. Esiste una normativa che solo in minima parte è stata adottata dalle varie giunte regionali che si sono avvicendate in tutti questi anni alla guida della regione Calabria e che è richiesta a gran voce dagli operatori sanitari di questo servizio. Il riferimento a quanto previsto dall’articolo 8, comma 1 bis, del decreto legislativo 229/99, per cui è possibile, in tempi brevissimi, procedere ad attivarne i meccanismi. La sola clausola che vogliamo prevedere in questi casi è che il personale medico che accetterà di passare alla dipendenza, dovrà prestare servizio nel 118 per almeno tre anni.
C’è bisogno, poi, di una ricognizione delle carenze organiche, sulla base di uno standard operativo che prevede, per ogni postazione del 118, un numero di medici, infermieri ed autisti soccorritori pari a sei unità. Di conseguenza, il personale medico ed infermieristico che lavora già da anni in questi posti va stabilizzato con contratto a tempo indeterminato, mentre vanno indetti nuovi concorsi per assumere nuovo personale.