Tra le righe di un articolo di Paolo Vernaglione Berardi, leggiamo
“L’indicazione dell’origine poetica e musicale della sofia era stata proposta solo pochi anni fa da Agamben in Che cos’è la filosofia? in cui il soggiorno nell’origine costituiva l’intelligenza del pensare. Dal sapere involontario e dall’uso dei corpi proveniva il rapporto tra essere e linguaggio, evento replicato dell’antropogenesi. La voce articolata in cui è situato il logos occidentale, da sempre soggetto a interpretazione, ha infatti raggiunto il limite del linguaggio, – ragione per cui sarebbe compito dell’uomo «assumere da capo il suo essere parlante".
Cosa vuole dire Agamben? Che cosa sta denunciando?
Nella seconda metà del novecento si rompe quell’elemento di unione che aveva unito, grazie a Leopardi, Poesia e Filosofia, ma Agamben si rende conto che il pensare ha bisogno di riappropriarsi del suo Essere parlante, che si compie nella poetica speculativa. Nei versi, esistenza, appartenenza ed ermeneutica devono coincidere nella sintesi dialettica con una architettura emozionale che non distanzia pensiero ed esperienza. Quindi il secondo novecento rivaluta la Poiein e la Sofia, che procedono di pari passo sulla strada della Philein, senza che l’una debba sovrastare l’altra, in questo modo tutto il percorso interpretativo raggiunge l’apice attraverso la scalinata di un pensiero che dalla carne viva riconosce la provenienza eterea. Il poeta, pertanto, non deve esimersi dal “Che cosa è? “ deve altresì riuscire ad esprimere con la chiave del linguaggio universale, l’esprimibilità del proprio essere pensante, e non deve, pertanto, abolire quello che è il percorso umano, costituito da barriere, sentieri, cammini ora irti ora in distesa.
Roberto Chiodo, poeta contemporaneo, dopo tanti anni di silenzio, decide di rendere pubbliche le sue opere che rispondono alle istanze sopra citate. Nella poesia di Chiodo, si fa riferimento ad una natura quasi indomabile del percorso umano, e dove non esistono, nel proprio intimo, nascondigli ove rintanare il proprio flusso emozionale.
Numero 3
Le strade per incontrarci/ la vecchia estate varcare/ il muro che ci porterà là.
Una piazza piena di luci quella dolcezza cosi rara./ Le nostre intelligenze,/ i tempi maturi
le contraddizioni mentre tu mi abbandonavi per non rattristarti./ Quel ragionare di amori perduti a caro prezzo/ le impronte e le loro lacrime[…],
in questa parte del componimento N. 3, troviamo elementi che conducono alla prospettiva di pensiero ed alla tridimensionalità delle emozioni, Le nostre intelligenze, Quel ragionare di amori perduti, questi versi sono l’espressione della sintesi dialettica tra Poesia e Filosofia, quindi l’atto creato ed il dinamismo del pensiero vengono fusi nel crogiolo della creatività. Non c’è possibilità di separazione tra Ratio et fides, ragionamento e sentimento del dovere verso la vita.
Numero 6
Quella pagina orizzontale senza lodi/ fuorilegge che mi tiene aggrappato senza reticenze/ adagiato mentre so che ne andremo./ Quella zona franca dove ogni attimo ci vede uniti e per contrasto viventi/ Aggiusteremo tutto quelle filastrocche ballerine/nei dilemmi così difficili da capire. Ed è solo giovedì mi è impossibile raggiungerti e più profonda la rassegnazione nella mia ombra che precede ogni singolo filo.
Anche nel componimento numero sei (6), troviamo parole che fanno intendere una poesia che fa coincidere sentimento e ragione, e qui potremmo citare la frase patristica del Credo ut Intelligam, Intelligo ut Credam. Quindi per accostarci alla poesia di Roberto Chiodo non dobbiamo essere né privi di pathos, e quindi suggestioni emozionali, il tutto entro il continuo speculare sui massimi sistemi del sapere.