Pin It

 

di Sergio Melchiorre

 

 - Come è nata la canzone che ci ha accompagnato durante la pandemia: «A un metro da me»?

«La canzone "A un metro da me" è nata quasi per scherzo. Il mio caro amico Matteo Frassinetti, un giorno mi ha telefonato e mi ha detto: "dobbiamo scrivere una canzone sulla pandemia". Io non ero molto convinto, perché molti cantautori la stavano già facendo. Matteo ha cercato di convincermi, ma io, al telefono, sono stato irremovibile. Una volta terminata la telefonata però, ho iniziato a riflettere su come poteva essere realizzata e, nel giro di pochissimo tempo l’ho buttata giù, esattamente così come è. Ho richiamato Matteo, gli ho spedito la canzone che, a mio avviso, era ancora incompleta e gli ho chiesto di terminarla, altrimenti avrebbe fatto la fine delle ultime canzoni, che ho scritto ma che ho cestinato… Naturalmente lui si è reso subito disponibile e l’ha completata. Ho voluto incidere questa canzone perché mi piaceva l’idea che i miei figli, quando saranno grandi, e mi chiederanno che cosa è stata la pandemia e che cosa ha significato per tutti noi, io gli potrò fare ascoltare anche questa canzone».

 

- Quali sono le canzoni più significative dell’album "Stelle" e quale è il brano che hai scritto insieme a tuo padre?

«Dire quali sono le canzoni più significative dell’album "Stelle" è praticamente impossibile perché, essendo appunto un album, raccoglie uno spazio temporale di circa vent’anni di vita, partendo dalla canzone più vecchia che è appunto «Giulia», che ho scritto insieme a mio padre. Sono canzoni che ho scelto perché avevano lo sguardo più rivolto verso l’esterno che verso l’interno. Per me sono tutte significative in modo differente perché parlano prevalentemente del rapporto che ho con mio figlio Dario, l’altro doveva ancora nascere quando abbiamo chiuso l’album, del rapporto che ho con la mia compagna, con mia madre, e che ho avuto con mio padre. Insomma c’è molto della mia famiglia all’interno di questo album».

 

 

- Alberto, per te è più importante il testo o la musica nelle tue canzoni?

«La “forma canzone” credo abbia importanza perché è un insieme delle due cose, quindi non credo che ci sia una parte più rilevante, ma sicuramente una sottolinea l’altra e viceversa. È molto importante questo per me. Alcune canzoni e alcuni testi nascono anche senza che ci sia o la musica o il testo annessi, ma sembra quasi che già lo comunichino e quindi sono derivazioni; non si può, secondo me, nella “forma canzone” staccare le due cose, mentre è possibile farlo nelle altre forme poetiche».

 

- Puoi dirci quali sono i vantaggi e gli svantaggi di un figlio d’arte?

«Il vantaggio principale è che puoi avere un’attività live e quindi un pubblico molto più velocemente di altri, ovviamente se sei capace e bravo a fare il tuo mestiere. Conosci le persone del settore perché hanno frequentato casa tua. Comunque, questo non ti permette di accedere a eventi importanti perché sei guardato con diffidenza, proprio perché sei figlio di qualcuno. In Italia i figli d’arte spesso non hanno successo oppure sono soltanto degli epigoni un po’ scialbi. Insomma gli svantaggi sono diversi, però quello che dico sempre è che:” se non vuoi né vantaggi né svantaggi devi scegliere un altro mestiere”. Infatti io ho tre fratelli che svolgono un altro lavoro.  Insomma, bisogna accettare il pacchetto completo, perché ci sono tanti vantaggi e tanti svantaggi che è difficile sintetizzare in poche righe. Sicuramente, un altro vantaggio di cui non ho ancora parlato è che, se hai avuto la fortuna di avere un bel rapporto, come ho avuto io, con tuo padre, lui ti insegna a scrivere, a cantare e anche a pensare come un cantautore».

 

- Quali sono gli strumenti musicali che suoni e a che età hai iniziato a suonarli?

«Principalmente io suono la chitarra che ho iniziato a suonare a dieci anni e suonicchio, malamente, il pianoforte, che si lamenta molto quando lo suono.

Ho iniziato a suonare abbastanza presto, anche se poi non ho approfondito molto gli studi. Quello che ho studiato di più è lo strumento della voce, dove mi sento più ferrato anche grazie agli studi logopedici che ho fatto».

 

 

- Che valore ha per te, sia dal punto di vista artistico che personale, il Premio che porta il nome di tuo padre?

«Il Premio è nato da un’idea partita da Riccardo Benini e che io ho accolto a braccia aperte. È una cosa molto importante per me sia per la figura di mio padre, per la mia famiglia e per tutti. Credo, inoltre, d’aver imparato in questi anni a fare un lavoro piuttosto diverso e difficile, che è quello di direttore artistico. Credo di farlo abbastanza bene visto che siamo diventati uno dei migliori Premi che ci sono attualmente in Italia al quale i big non si rifiutano di partecipare, anzi ci vengono con molto piacere. Direi che il nostro Premio e, forse, la Targa Tenco e Musicultura, sono quelli che sono più piacevolmente frequentati dai colleghi illustri. È un modo per tenerlo vivo, ma è anche un modo di dare alle nuove promesse la possibilità di esibirsi su un palco importante con colleghi e cantautori noti. È un modo di dire a chi si scrive e, soprattutto, a chi arriva in finale se è pronto per fare questo mestiere. Quando calchi quel palco ti rendi conto realmente se sei portato a fare il cantante perché ti trovi davanti a un pubblico numeroso e che occupa i posti di un teatro gremito che di solito è sold out».

 

- Che ruolo svolge oggi la musica nella tua vita?

«La musica al giorno di oggi è il mestiere più importante che ho, dei tre che faccio, perché sono anche logopedista e direttore artistico. La mia attività di musicista mi consente anche di andare in televisione a fare una trasmissione regionale con Andrea Barbi e Marco Ligabue, mentre la direzione artistica mi permette di fare il consulente artistico. La musica però è sicuramente il fulcro totale della mia vita e dalla quale mi sento veramente molto gratificato. La mia cultura e le mie radici nascono da lì».

 

- Quali sono le canzoni scritte da te alle quali sei più affezionato?

«Le mie canzoni sono sicuramente diverse e sono contenute negli album "Il tempo degli eroi", "Bertoli" e "Stelle", ma in mezzo ci sono diversi singoli. La forma della musica ovviamente è cambiata in questi ultimi anni e io ho la possibilità di portare in giro un repertorio mio, ma ovviamente il pubblico che viene ai miei concerti ha bisogno di sentire un repertorio storico che anch’io amo particolarmente e che ripropongo sempre volentieri. Le canzoni alle quali sono affezionato sono parecchie, soprattutto quelle che parlano della mia famiglia, come "Dario", "Nata unica", "E così sei con me" …  Una canzone che mi rappresenta molto è anche "figli di". Insomma sono tante le canzoni che mi piacciono ma è difficile chiedere a un artista quale è la sua canzone preferita. È come chiedere ad un padre, che ha tanti figli, quale è il suo figlio preferito».

 

- Ho letto che “Stelle” «parla dell’esistenza e l’interpretazione del mondo partendo dalla propria anima e dal proprio punto di vista interiore». Puoi spiegare più precisamente quale è il significato di tale affermazione?

«Stelle» parla della propria anima vista dal proprio punto di vista interiore, cioè il punto di vista nostro è sempre un punto di vista molto particolare, soggettivo e unico. Quando si racconta il mondo si parte dalla propria interiorità per guardare il mondo, quindi la luce va dall’interno all’esterno. In questo modo chi ti ascolta avrà la possibilità di sentire come tu riesci a interpretare il mondo e a sentirlo e a viverlo come emozione. Prima era uno sguardo dall’esterno verso l’interno; in questo caso è il contrario. Penso sia più giusto scrivere così perché non ci sono assolutismi quanto invece visioni differenti».

 

 

- Che consigli daresti a un giovane cantautore che volesse intraprendere il tuo mestiere?

«Scrivere molto, trovare la propria voce, andare incontro a sé stessi e suonare il più possibile per poi trovare la propria via. Non puntare soltanto alla partecipazione a un talent pensando che esso possa cambiare la propria vita. L’importante è percorrere la propria strada e cercare di farsi un pubblico proprio e una propria carriera. Essere testoni, molto!».

 

- Come ha influito sul tuo modo di essere cantautore l’essere figlio di Pierangelo Bertoli?

«L’essere il figlio di Pierangelo Bertoli ha influenzato tutta la mia vita perché ho avuto la fortuna di avere un padre che mi ha parlato molto e che mi ha insegnato tante cose. Lo dovrebbero dire gli altri, che hanno conosciuto entrambi, che cosa ha influito su di me. Io ho la mia anima, però le radici si sentono».

 

- Ho avuto l’onore di conoscere personalmente tuo padre e lo apprezzavo molto come artista. Ancora oggi ascolto le sue canzoni, esattamente come ascolto le tue. Mi farebbe molto piacere se tu ci raccontassi qualche aneddoto riguardante il vostro passato…

«Gli aneddoti legati alla vita di mio padre sono molti, difficile sceglierne uno, forse quello che mi preme di più citare, visto che abbiamo parlato anche di giovani è la sua risposta quando gli dicevo che da grande volevo fare il cantautore: "Tu studia, che dopo vediamo!". Io ho preso anche una laurea e lo consiglio a tutti un po’ perché hai un’alternativa e un po’ perché in realtà ti dà la possibilità di aprire la tua mente e crearti appunto questo punto di vista che deve esserci e deve essere molto presente».

 

- Quali sono le prossime tappe del tuo tour?

«Le prossime tappe del tour si possono consultare sul sito www.albertobertoli.it, sulla pagina Facebook in sezione eventi, ce ne sono tante e sono continuamente aggiornate perché lavoriamo a calendario aperto».

 

 

Pin It
Info Autore
Sergio Melchiorre
Author: Sergio Melchiorre
Biografia:
Sergio Melchiorre (poeta, sceneggiatore cinematografico, scrittore di racconti brevi e paroliere), ha scritto cinque sceneggiature cinematografiche. Ha pubblicato tre raccolte di poesie e «Uno di noi», «Rosso purpureo» e «Occhi autunnali». 2015, «Il cacciatore di mosche» vince il 1° posto al Premio Internazionale di Letteratura «Per troppa vita che ho nel sangue – Antonia pozzi», Arese, 2017. 15 ottobre 2017, la lirica «Non cercarmi» ottiene il 1° posto al XXVIII Premio Nazionale «Città di Pinerolo 2017». Il 18 luglio 2019, gli viene conferito dal Comune di Vernole il Premio alla Carriera. Il 06 ottobre 2019, il suo libro «Occhi autunnali» ottiene il 1° posto al Premio Letterario «Città di Pinerolo».
I Miei Articoli