di Massimo Reina
La vicenda di Giulia Galiotto e della sua famiglia rappresenta l'ennesima dimostrazione di un sistema giudiziario e burocratico che troppo spesso appare sbilanciato a favore dei carnefici e spietato nei confronti delle vittime. Il caso lascia sgomenti: una giovane donna brutalmente assassinata dal marito, una condanna a 19 anni che si dissolve con una semilibertà nel 2022 e la fine della pena nel 2024, e infine, l'epilogo più surreale e indegno di tutti.
L'Agenzia delle Entrate chiede alla famiglia della vittima di pagare tasse su un risarcimento che non ha mai ricevuto. Un paradosso che, in qualsiasi Paese dotato di buon senso e rispetto per le vittime, non dovrebbe nemmeno esistere.
Una giustizia assurda e una burocrazia ancora peggiore. Lo Stato, che dovrebbe proteggere i cittadini onesti, diventa il loro oppressore. Si chiede a una famiglia devastata di pagare tasse su un risarcimento mai incassato, mentre il colpevole è libero di rifarsi una vita dopo aver scontato una pena che, in rapporto alla gravità del crimine, appare irrisoria.
Ma questa non è un'eccezione. È solo uno dei tanti capitoli di un sistema che non solo non aiuta le vittime, ma le perseguita, più attento a garantire i diritti degli aggressori che a tutelare chi ha subito violenza. Un sistema dove la lentezza dei processi, le scappatoie legali e l’inefficienza amministrativa creano un inferno per chi ha già subito un dolore incalcolabile. Dove chi ruba, truffa o uccide ha più possibilità di reinserirsi rispetto a chi è stato colpito dal crimine.
Abbiamo visto poliziotti e carabinieri sospesi dal servizio e costretti a pagare risarcimenti per aver difeso cittadini e sé stessi da criminali armati. Abbiamo letto di cittadini aggrediti nelle proprie case che, reagendo per salvarsi, vengono condannati per eccesso di legittima difesa o costretti a risarcire i loro aggressori.
Emblematico è il caso di Marcellino Franco Iachi Bonvin, tabaccaio di 67 anni, che dopo aver subito sette furti ha reagito a un'ennesima irruzione nel suo locale, sparando e uccidendo un ladro moldavo di 24 anni, condannato a cinque anni di carcere per eccesso colposo di legittima difesa, un verdetto che grida vendetta e solleva inquietanti interrogativi su chi, in Italia, abbia davvero il diritto di difendersi. E che dire del caso della famiglia Lotti in provincia di Pisa? Due malviventi, armati e incappucciati, si introdussero nell'abitazione dei coniugi Lotti con l'intento di rapinarli. Durante l'aggressione, la figlia, che all'epoca aveva 17 anni, venne sequestrata in una stanza e minacciata di stupro. Il padre riuscì a liberarsi e, nell'atto di difendere la propria vita e quella dei suoi cari, sparò a uno dei malviventi, uccidendolo. Il caso suscitò un ampio dibattito, in particolare per la decisione della giustizia di avviare un’indagine per eccesso di difesa, poiché alcuni giudici ritenevano che la reazione del padre fosse sproporzionata rispetto al pericolo imminente. A Diano Marina (Imperia), una coppia di anziani subì un’aggressione violentissima, da “Arancia Meccanica”, in piena notte da parte di due uomini. I due malviventi, entrati nella casa, assalirono i coniugi con violenza, infliggendo numerosi colpi alla testa e minacciandoli di morte. L’uomo, dopo aver subito delle percosse e temendo per la sua vita e quella della moglie, riuscì a prendere una pistola e sparò contro uno dei rapinatori, ferendolo gravemente. L’altro malvivente fuggì. L'imprenditore fu accusato di eccesso di difesa, in quanto, pur essendo stato aggredito in modo violento, i giudici ritenevano che non fosse in pericolo di vita al momento della reazione.Infine, ma potremmo citarne altri, il caso di Luigi Caputo, un uomo di 56 anni di Napoli, che si trovò coinvolto in un drammatico episodio di difesa in casa sua. Un ladro tentò di fare irruzione nella sua abitazione e, dopo aver minacciato Caputo con un coltello, lo aggredì fisicamente. L'uomo, preso dal panico, cercò di difendersi e durante la lotta riuscì a sottrarre l'arma al ladro e a ferirlo mortalmente. Nonostante la pericolosità dell’aggressione, Caputo venne accusato di omicidio preterintenzionale per eccesso di difesa, in quanto la giustizia ritenne che la sua reazione fosse stata eccessiva rispetto alla minaccia, visto che il ladro non aveva più la possibilità di aggredirlo. Capito che follia? Ti stanno ammazzando a coltellate, riesci però a togliere l’arma di mano al tuo potenziale assassino, e nella colluttazione ferisci a morte lui, e ti accusano di avere esagerato...
Non meno sconvolgente è la vicenda del carabiniere di Rimini, finito sotto inchiesta dopo aver fermato un aggressore armato la notte di Capodanno a Villa Verucchio. Il giovane egiziano Abdel Hamid Abdallah aveva già ferito gravemente diverse persone prima di essere fermato con otto colpi dall'arma del militare. Nonostante la situazione di pericolo, il carabiniere è ora indagato per eccesso di difesa, un'accusa che mette in discussione la possibilità stessa delle forze dell'ordine di svolgere il proprio lavoro senza il costante timore di ripercussioni legali.
Questa non è giustizia. È una macchina burocratica impazzita che protegge i colpevoli e calpesta le vittime. E finché non ci sarà una riforma radicale, continueremo a raccontare storie come quella di Giulia Galiotto e della sua famiglia, vittime non solo di un assassino, ma di uno Stato che, invece di stare al loro fianco, gli volta le spalle.