di Ettore Jorio
Un tema serio del quale bisogna prendere atto è la realtà ucraina. In buona sostanza, rispetto alle posizioni spropositate di spoil system assunte dal presidente Usa, Donald Trump, nei confronti del loro Paese, il mondo intero si sarebbe aspettato dure reazioni popolari degli ucraini. Neppure a sostegno di Volodymyr Zelens'ky minacciato addirittura di esilio.
Questo rappresenta un fenomeno stranissimo, in presenza di un popolo ben noto per la sua fierezza e il suo attaccamento alla sua terra, tanto da preferire l’alto rischio di morire per difenderla dall’invasore russo. Chiunque si sarebbe aspettato, in continuità con il sostegno alla resistenza professata dal loro presidente, seppure scaduto, una forte voce popolare urlata a difesa del loro premier, messo alla berlina dalle pesanti accuse e dai disprezzi indirizzati dal presidente statunitense. Non solo. Tutti si sarebbero attesi atteggiamenti popolari difensivi contro il minacciato vassallaggio del Paese da parte di Trump. Cinquecento miliardi di terre rare (pare non accettate dagli ucraini), compartecipazioni ad libitum del 50% sui prodotti del sottosuolo ucraino (gas e petrolio compresi) e chissà quale altra spoglia da fare propria, a rimborso delle somme assicurate a Volodymyr Zelens'ky da Joe Biden a sostegno della guerra contro la Russia di Putin, avrebbero dovuto provocare una reazione degna di questo nome da parte degli ucraini. Ovunque sarebbe successo questo da parte di chiunque, tranne che a Kiev
In Ucraina, no. Nulla a sostegno dell’imminente defenestrato presidente. Zero a difesa delle ricchezze pretese sine titulo per difetto di intervenuto accordo in tal senso a fronte degli aiuti di guerra. Tutto lascia pensare che ci sia una larga parte della popolazione, certamente non nella percentuale trumpiana del 96%, che non ne può più di Zelens'ky e che, pur di toglierselo davanti, accetta di farsi spogliare delle proprie più importanti ricchezze. Un’altra ipotesi potrebbe essere quella di pensare che la popolazione ucraina la vede diversamente dall’occidente in termini di vocazione filorussa.
Ed è qui che scatta la constatazione di una Europa che di diplomazia ne sa veramente poco. Non un sollecito rivolto alla popolazione ucraina. Tutti a difendere Zelens'ky - che di colpe ne ha a quintali a pensare ad una pace oggi piuttosto che ieri a condizioni peggiori di quelle possibili a suo tempo con qualche centinaia di migliaia di morti in meno – ma senza chiedersi cosa ne pensino gli ucraini. Alla piccola (in tutti sensi) Ursula von der Leyen & Co. mai il pensiero di invocarne il giudizio. Come se il popolo non ci fosse.
L’Europa è cosa seria e, come ha ben detto Draghi, ha bisogno di essere un insieme organico unico. Una sorta di Stato che con siffatte prerogative, messe in campo sul tema della pace nell’Europa geografica, sta perdendo per sempre la realizzazione del sogno di un Europa che decide e governa per tutti.
Ucraina e Russia devono a tutti i costi deporre le armi. Fare venia per il milione di morti, spesso di militari improvvisati ma di tanti bambini. E ancora. Occorre una Europa che lotti perché i popoli godano le loro ricchezze naturali, quelle della loro terra, senza intromissione alcuna. Occorre un Europa che sottolinei che il ricorso delle spoglie in favore del “vincitore” ovvero del “paciere” non è più di moda. E’ contro ogni legge naturale. Era possibile qualche decina di secoli fa.